Non sarà l’Autonomia Differenziata a scassare un sistema scassato
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25 Agosto 2024La Cittadella della Giustizia a Piazzale Roma, insediata all’interno dei volumi dell’antica Manifattura Tabacchi, può considerarsi un’operazione di rigenerazione urbana perfettamente riuscita, ed è quasi definitivamente pronta con il trasloco imminente del tribunale Civile e della Corte d’Appello.
E apro subito una parentesi per una riflessione che mi pare utile in una rubrica che porta questo nome. Bisogna infatti stendere un velo pietoso sui tempi, direi quasi ventennali, della realizzazione di quest’opera, anche se conosco poco tutti i meccanismi che, in generale e non solo in questo caso, è necessario mettere in atto per passare da un primo abbozzo di un’idea ad una sua realizzazione definitiva. Non li conosco, ma prendo atto che, se il ri-generare e quindi l’offrire alla collettività spazi e strutture pienamente fruibili ricavati in luoghi precedentemente degradati e in abbandono, deve avere passaggi e tempi esecutivi di questa portata biblica, è un’azione che non adempie pienamente al suo scopo. Perché nel frattempo altri luoghi prima attivi finiranno in degrado in un numero ben più superiore a uno ri-generato e lo spazio urbano sarà sempre eternamente incompleto. Continuerà, cioè, a contenere sine die a macchia di leopardo spazi non fruibili in una quantità esponenzialmente sempre maggiore. Lo spazio urbano al contrario dovrebbe ad un certo punto possedere un equilibrio di completezza e fare un salto di qualità: avere una superfice interamente al 100% fruibile contemporaneamente in assenza totale di ‘buchi vuoti’. Tuttavia, subodoro, e questo è un messaggio pienamente politico, che la lentezza della macchina burocratica italiana ci abbia messo anche in questo caso del suo per effettuare tutti i passaggi necessari. Che a loro volta avrebbero bisogno di uno snellimento drastico nel loro numero, cercando di sfatare il mito di una malintesa idea di democrazia: che, cioè, i passaggi e il loro esorbitante numero siano necessari come forma di garanzia democratica e di tutela del cittadino. Posso dire: il cittadino si tutela esattamente con il contrario, con servizi efficienti e velocemente completi. La conclusione è sempre la stessa: l’eccesso di democrazia è il peggior nemico della democrazia.
E tanto per cominciare con il non ri-creare buchi vuoti: i palazzi che ospitavano Tribunale e Corte d’Appello dovrebbero essere al più presto riutilizzati per altre funzioni, che possibilmente non siano ricettive. Con idee veloci e cambi di proprietà che non prevedano trattative da sfinimento. Meglio ancora se i cambi di proprietà non ci fossero, e chi possiede quegli immobili al più presto li destini ad usi civici pubblici. Parentesi chiusa
Ma veniamo all’opera.
Prima di tutto è rilevante l’utilizzo dell’ampio e articolato edificio della Manifattura, un complesso industriale tra i più longevi della città storica, se si pensa che è stato uno dei primi ad installarsi già negli anni ’90 del ‘700 e l’ultimo di queste dimensioni a chiudere nel 1995 (se si eccettua la cantieristica minore ancora in attività, ma, appunto, minore). Si ricorderà che questa industria era rimasta famosa per la sua manodopera a grande maggioranza femminile, le famose “tabacchine”, che hanno costituito per due secoli un particolare spaccato della vita sociale cittadina (Riccardo Selvatico, sindaco e poeta, dedicò loro anche una poesia). La testimonianza archeo industriale della Manifattura è oggi fornita dalla lunga ciminiera a tronco di cono in cotto, ben visibile soprattutto se la si guarda scendendo dal ponte di Calatrava. Del resto, Il riuso dei volumi industriali per nuove funzioni (abitative, ricettive, terziarie), soprattutto in Giudecca, a San Basilio, a Cannaregio, tra fine ‘900 e inizio 2000 ha già avuto realizzazioni significative, che, oltre ad offrire soluzioni di servizio per la città, mantengono la memoria storica dell’imponente presenza paleoindustriale che ha preceduto in città la fondazione di Porto Marghera, e si è mantenuta a lungo contemporanea ad essa nel ‘900, fino alle inevitabili chiusure.
Tuttavia, la collocazione topografica della Cittadella della Giustizia possiede qualcosa in più delle altre realizzazioni nel contesto urbano della Comune di Venezia: Il suo essere in Piazzale Roma.
E qui il discorso ri-generativo si fa anche pienamente urbanistico.
Sappiamo bene quanto penalizzante sia stato, e sia ancora, l’aver voluto mantenere come unico cordone ombelicale con la città di terra il Ponte Translagunare.
Lo stesso ing. Miozzi, che negli anni ‘30 lo progettò e ne curò la costruzione, aveva per la città d’acqua idee che prevedevano, in continuità con quel ponte e con il Piazzale, altri nuovi collegamenti, anche automobilistici, in senso radiale e soprattutto di aggancio diretto, sempre attraverso ponti (e anche con adattamenti a tunnel), con il fronte opposto sul litorale. Il prof. Wladimiro Dorigo, assessore delle giunte di centro sinistra degli anni ’50, aveva dato l’avvallo politico a quei progetti a cui credeva anch’egli fortemente, e che non vennero mai realizzati, anche per le opposizioni di un fronte che allora muoveva i primi passi e che oggi conosciamo bene come “partito del NO” (La neonata, in quegli anni, Italia Nostra, associazione meritoria per altre battaglie, ne era già allora capofila). Certo erano interventi pesanti sulla laguna (ma anche il Ponte della Libertà lo era stato, o no?), forse oggi superati, ma va detto che altre ipotesi successive di collegamenti radiali, meno impattanti per il paesaggio, come la sub lagunare, non siano alla fine mai stati realizzati. Ebbene, in attesa che qualcosa di quei progetti venga ripreso e riconsiderato (e ciò può e deve, a mio modesto parere, essere ancora fatto), nel concreto Piazzale Roma resta l’unica testa di ponte in città storica che permetta una raggiungibilità dalla terraferma con tempi e modalità intra-urbane adeguate agli standard contemporanei.
C’è poco da fare: le adiacenze del Piazzale sono le uniche che non generano la consueta più o meno impercettibile smorfia di disagio e/o preoccupazione che si legge nel volto di chi deve (o vuole) per qualsiasi cosa e ragione recarsi da terra in città storica. Ed è un moto di sollievo pienamente comprensibile, visto che, provenendo da terra, solo quindici minuti di tram o di autobus e cinque consecutivi a piedi consentono una mobilità d’accesso che solo in quel caso ha tempistiche intra-urbane normali tra le due parti del Comune. D’altronde, conosciamo bene le conseguenze che penalizzano tutte le attività non legate al turismo che cercano di resistere, lontane da quell’accesso strategico, incistate all’interno del tessuto storico urbano veneziano. È questa la ragione per cui non solo la Cittadella della Giustizia, ma molte altre funzioni terziarie e amministrative e in genere produttive ancora rimaste ‘incistate’ dovrebbero, a catena, pena il trasferimento definitivo in terraferma, trovare velocemente posto in quell’area (come lo sono già, oltre al Tribunale, l’Università, l’INPS, l’ATER, gli Uffici Regionali, la Questura, l’ACTV e ben poco d’altro).
Si parla di Piazzale Roma per intendere in realtà tutta la vasta superficie, in parte dismessa e in parte sottoutilizzata, che contorna il Piazzale fino al Tronchetto, passando per la Marittima. Questa è una landa che continua a trovarsi in una deplorevole condizione de-gradata, mentre potrebbe diventare strategica, se ri-generata, prolungandosi sul fronte laguna fino a San Basilio. Non giova entrare qui nei dettagli di possibili progetti, che pure esistono (recente quello dell’Autorità Portuale, già contestato). Dico solo che, se si vuol realmente ri-creare unità tra laguna e terraferma in un contesto urbano finalmente unico, è necessario avere visione. E immaginare una città vasta policentrica, che tuttavia abbia un nuovo centro città unico nei due fronti acquei in dialogo: quello di terra sulla barra Pili-Vega-Porto Marghera-via Torino, e quello d’acqua sopra indicato. Se si pensa ancora al centro città con il baricentro tra Rialto e Area Marciana si è veramente fuori dal mondo (e in parte anche se lo si continua a pensare minimalisticamente in Piazza Ferretto, sul fronte di terra)
E Piazzale Roma in tutto ciò?
Dovrà fare la sua parte di perno con un ruolo funzionale nella mobilità, ma anche con un ruolo simbolico di piazzale pienamente urbano e non solo di terminal (che comunque dovrebbe essere finalmente destinato solo all’uso residenziale e pendolare, con l’espulsione integrale dell’uso turistico). Anche in questo caso sappiamo quanto colpevole sia stato il non aver mai voluto eseguire le decine di progetti elaborati per una sua sistemazione definitiva, proprio a partire dal citato Miozzi. Che non si era certo accontentato dell’Autorimessa Comunale, considerata come la prima di successive realizzazioni, ma l’aveva inserita in un progetto razionale su più piani di circolazione di persone e mezzi di trasporto). Ebbene, rimettere mano al Piazzale sarà una doverosa futura azione ri-generante, tenendo presente che, dai e dai, dopo l’avvento del tram, del Ponte di Calatrava e del Tribunale stesso non si parte da zero, ma, è il caso di dirlo, da tre.
Sarà una delle tante sfide per le scelte politico amministrative che ci aspettano.