
Turismo, numeri da record e bassa qualità
31 Ottobre 2024
ON.PELLICANI, IL SUO EMENDAMENTO E’ COMUNISTA
31 Ottobre 2024“Eppur si muove”, direbbe qualcuno.
In effetti i bandi del Comune di Venezia per un recupero virtuoso di suolo ed edilizia fatiscente o inutilizzabile, magari con destinazioni d’uso diventate ormai obsolete, si muove nella giusta direzione.
Lodevole anche l’assunto intellettuale alla base dell’iniziativa, che riconosce come i mutamenti in corso nella nostra società, sempre più incalzanti ed evidenti, esigano risposte rapide.
I bandi (consultabili qui, www.comune.venezia.it/riuso), in sostanza, agevolano un recupero di strutture esistenti e suolo attraverso varianti “semplificate” in relazione al PI regionale (Piano degli interventi) e al PAT (Piano di Assetto del Territorio).
Leggendo però i quattro bandi, che scadranno il 31 dicembre prossimo, appare chiaro come alle buone intenzioni dell’amministrazione corrispondano altrettante istruzioni per l’uso che fanno alzare qualche sopracciglio rispetto agli ipotetici risultati attesi.
Rinaturalizzare il suolo, per esempio, ovvero demolire edifici “incongrui”, contempla costi di cui si deve far carico il privato a fronte di crediti da utilizzare per altri progetti di edificazione.
Senza entrare nelle tecnicalità del caso, sarà necessario che chi demolisce abbia ulteriori progetti di edificazione, ovvero delle convenienze a farlo. È così scontata la cosa.? Direi che qualche dubbio in merito è legittimo.
Alcuni perimetri di progetto, inoltre, sono stabiliti secondo logiche ormai inservibili in contesti socio-economici in rutilante evoluzione e innovazione come quelli attuali.
Indicare a priori fantomatici utilizzi a scopo sociale da parte di organizzazioni associative o di insediamento di piccola economia, continua nel solco di determinismo pubblico dell’economia che ha già dato risultati nefasti: M9, ex-emeroteca a Mestre, Villa Herion alla Giudecca trai tanti.
Perfetta l’idea di recuperare quegli scatoloni vuoti e fatiscenti di cui abbiamo spesso parlato anche su queste pagine, ma rimane il fatto che occorre una visione d’insieme.
E qui l’urbanistica, intesa come scienza del territorio, deve cambiare passo.
Continuare a determinare la zonizzazione delle attività a questo punto crea solo legacci ad un’economia in perenne debito di ossigeno.
Con l’avvento delle nuove tecnologie e soprattutto dell’ AI, dobbiamo andare verso una città adattiva, con una struttura fisica il più possibile infrastrutturata e flessibile, veloce nel dare soluzioni di utilizzo a chi le richiede.
Una sorta di città dei “tipì” (ti=casa, pi=accessorio plurale, la casa di molti) la tenda indiana che diventa la casa di residenti e imprese per il tempo che a questi conviene.
La città fisica si adatta agli spostamenti e alle richieste di chi la abita o ci lavora.
Questo con buona pace dell’urbanistica novecentesca la cui zonizzazione si basa a comunque su impianto circolare imperniato su un’ idea di “centro” oggi ormai inapplicabile.
Se a questo aggiungiamo i dati di contesto, che ci vedono alle porte di un devastante inverno demografico e conseguente impoverimento del sistema paese, pare del tutto evidente che il futuro si giocherà sulla capacità attrattiva della città per investitori e residenza qualificata.
Questo in competizione con tutte le altre realtà urbane italiane ed europee.