L’arrocco di Forza Italia
2 Dicembre 2020La sinistra trumpista
6 Dicembre 2020Dov’era Dio? Il silenzio di Dio è inquietante. «Dietro di me sentii il solito uomo domandare: Dov’è Dio. E io sentivo in me una voce che gli rispondeva: Dov’è? Eccolo: è appeso lì, a quella forca». Appeso a quella forca c’era un bambino. Ne La notte Elie Wiesel ci pone un problema etico e teologico, su come conciliare la fede in Dio e l’esistenza del male e ci costringe a scrutare le possibili risposte.
Quando poi il male colpisce i bambini diventa insopportabilmente un moltiplicatore e un amplificatore dell’enigma del male.
Ecco, se il male ci pone dinanzi al deus absconditus, al Dio nascosto che non si avvede e non si cura delle sofferenze umane, la sofferenza degli innocenti ci interroga sul problema dell’assurdità e dell’impossibilità di darne spiegazioni. Pensiamo a Cecilia portata in braccio dalla madre e poggiata sul carro dei monatti ne I Promessi sposi, dinanzi al dolore della madre persino il turpe monatto si commuove o sempre ne I Promessi sposi viene concessa dal cardinale la processione per chiedere a Dio la fine della pestilenza ma diventerà un nuovo focolaio di contagio, quindi viene vanificata e negata ogni richiesta di salvezza. O pensiamo al figlio di Othan, ne La peste di Camus la cui agonia è il momento di maggior pathos nel romanzo e ricorda la Passione di Cristo, elemento che conferisce al passo una tragica grandezza: la lotta del figlio del giudice Othan contro la peste diviene quindi simbolo della sofferenza dell’umanità, consapevole dei propri limiti, della propria impotenza per la quale il male non può mai essere sconfitto definitivamente, nemmeno dalla scienza. Il medico Rieux nulla può fare per salvarlo. Ed è il punto di non ritorno per il prete Panelux che lo porta a modificare il suo sguardo sulla peste, perdendo le proprie certezze e modificando l’approccio nella sua seconda predica.
E tutto il romanzo ruota attorno a queste 2 figure: Rieux, il medico e Panelux, il prete, la scienza e la fede, la ragione e la teologia, l’idea laica dell’esistenza col rifiuto del soprannaturale e del trascendente e la prospettiva teologica. Il dottore che in una sorta di rivolta etica cura indistintamente tutti i malati e Panelux che in una prospettiva biblica pone l’accento sul male come castigo divino al quale bisogna piegarsi con fatalismo, rassegnazione ed espiazione dei peccati. Agiscono entrambi per aiutare, per alleviare le sofferenze della popolazione. Essi però rispondono in modi divergenti, davanti alle manifestazioni dell’assurdo. Rieux, infatti, accetta il non-senso dell’esistenza e combatte contro di esso pur consapevole della sua inevitabile presenza ma nel tentativo, spesso fallimentare, di salvare vite. Rifiuta di rimettersi a Dio non credendo che la peste sia un castigo e rigetta la metafisica della colpa. Panelux che inizialmente aveva letto la pandemia come punizione divina, si arrende dinanzi all’impossibilità di dare spiegazioni. E se Rieux, pur continuando a curare i malati sopravviverà alla peste, Panelux fatalmente cederà dinanzi all’ineluttabile e morirà quasi tra le braccia del medico.
Ma nel “romanzo della Provvidenza”, al contrario, Lucia e Renzo alla fine “conclusero che i guai vengono bensì spesso… ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani; e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore”. L’accoglimento della fede viene eretta, così, a unica speranza e attesa della grazia divina.
D’altro canto, invece, in Cecità di Saramago il dilagare della “cecità bianca” offusca e degrada le menti degli uomini che risultano abbandonati a se stessi sia dalla scienza, in quanto non verranno curati da nessuno, anzi è il medico stesso che si ammala, che dalla religione, in quanto non hanno né un Dio né un ministro di Dio accanto. Non esiste alcuna forma o aspirazione alla trascendenza per cui il nichilismo è definitivo e senza scampo, anche se poi, restando insieme, il gruppo dei ciechi ritornerà a vedere, insieme.
L’uomo, quindi, ingaggia una continua lotta contro l’incomprensibilità del male che quindi è imperscrutabile e insondabile ma…se Dio esiste, dal momento che la preghiera dovrebbe essere sufficiente, occorre abbandonare la lotta contro il male e la sofferenza umana e…“che sia fatta la volontà divina”; se Dio, invece, non esiste, la lotta contro il male e il dolore acquista il suo vero significato.
Ma in questo enigmatico ed inestricabile gorgo, forse, bisognerebbe rinunciare alla presunzione di dare risposte e di sondare l’eziologia del male ma porsi la questione di come affrontarlo. In questo, oggi, ci viene in soccorso Papa Francesco che in una prospettiva cristiana ma che può essere letta in un’ottica del tutto laica, ci indica una strada che è tutta umana. Esiste una sola possibilità per resistere al male, quella social catena di leopardiana memoria rappresentata dalla ginestra, quell’”amicizia sociale” in una comunità che ci sostenga, che ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda, un’unica comunità dove o ci si salva tutti o non si salva nessuno perché “nessuno si salva da solo”, in un’idea di fraternità universale.