L’eccesso di democrazia uccide la democrazia
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22 Settembre 2015Me lo ricordo bene il periodo nel quale, non molti anni fa, prese avvio la moda dei tatuaggi, presso i giovani (e anche i meno giovani), ma soprattutto presso gli adolescenti.
E mi ricordo bene anche il periodo precedente, in cui, viceversa, il tatuaggio era appannaggio solo di un’esigua minoranza di soggetti: erano per lo più gli avanzi di galera (sic), generalmente individui alquanto rozzi e sinistri.
Ma vorrei ora restringermi al tatuaggio “odierno”. Da chiunque si chieda come mai si è tatuato, ci si sentirà rispondere che è perché gli piace; mai nessuno che dica “perché va di moda”.
E’ una storia vecchia, questa della moda che piace. Avevo un cugino, tanti anni fa, che seguiva pedissequamente, nel vestiario, i dettàmi della “attillatissima” e scomodissima moda anni Settanta. Anche lui mi diceva: non è perché vada di moda, è perché mi piace; lo farei comunque anche se non andasse di moda.
Guarda il caso! Non poteva sapere (era un ragazzino) che quel modo di vestire gli piaceva precisamente perché andava di moda. Aveva una funzione identitaria, la moda, e di appartenenza ad un gruppo. (Una perniciosa forma, in fondo, di conformismo).
Ma rispetto a tutte le altre tendenze dell’apparire (di questa stagione presente, come di altre passate) il tatuaggio ha un suo specifico. Perfino altre voghe “tribali” e “primitive”, come quella dei piercing e degli anelli al naso (o sulla lingua o magari presso i genitali) in fondo sono tutte reversibili: i monili di cui uno s’infilza il corpo sono infatti amovibili.
Diverso è il caso del tatuaggio: un tatuaggio è per sempre. E’ una scelta dunque molto impegnativa. Ma come si fa a farsi incidere sulla pelle “Marina è il mio amore” e poi magari dopo qualche mese la coppia scoppia? O farsi marchiare un simbolo esoterico che da qui ad un anno non ci dirà più nulla? Nella vita si cambia tante volte, e ciò vale specialmente per gli adolescenti.
Premesso che non nego che ci siano anche tatuaggi graziosi, discreti e gentili, penso che bisognerebbe semmai farsi tatuare qualcosa in tarda età (se proprio proprio) quando uno più o meno sa chi è e chi non è. Ma il punto cruciale è un altro. Qual è la vera ragione dell’odierno dilagare dei tatuaggi?
Essa ha a che fare, a mio avviso, con la crescente e disperante deriva delle anime omologate nella società di massa, e col crescente fabbisogno di trovarsi uno straccio d’identità. Alla quale il tatuaggio facilmente si àncora: me lo faccio marchiare sul corpo, chi sono io! Il mio tatuaggio (unico e irripetibile) ricorderà per sempre a me stesso (prima ancora che agli altri) qual è la mia identità, io chi sono. Ecco a cosa serve il tatuaggio: a non perdersi, a mantenere nel tempo traccia di sé, per se medesimi.
Ma le ragioni per cui la barbarica usanza non funziona, le abbiamo già dette: il tatuaggio è un surrogato illusorio dell’identità vera, che si consegue in realtà per altre vie e per gradi: e che cambia col tempo. Il tatuaggio, invece, no, non cambia: resta lì per sempre a ricordarci come eravamo e come (sperabilmente) non siamo più.