A proposito di “Storia e necessità storica”
10 Luglio 2018Storie di calcio di provincia
18 Luglio 2018Primo accadimento: la boutade di Marchi sulla funivia translagunare. Lo dico subito: ritengo sia una carnevalata neppure degna di essere commentata. E lo dice uno che della sublagunare (stesso percorso, più o meno della funivia) era stato un convinto sostenitore senza tema di contraddirsi. Perché la sublagunare avrebbe avuto velocità e frequenza da metropolitana urbana quindi utile ai cittadini, residenti e lavoratori, e tale da “avvicinare” al mondo una parte della città oggettivamente scomoda e difficilmente raggiungibile togliendola dall’isolamento e rendendola più appetibile, anche i fini della residenza. Ovviamente fruibile anche dai turisti, tramite i quali si sarebbe spesato il costo di esercizio dell’infrastruttura realizzando (una volta tanto) il circolo virtuoso per cui grazie al turismo si offre qualcosa di utile per i cittadini e non solo disagi. Tutt’altro film sarebbe la lenta funivia, un’attrazione esclusivamente per turisti di cui proprio non si sente il bisogno. Tra i tanti commenti negativi sulla proposta del deus ex machina di SAVE ho letto con interesse quello del prof. Paolo Lanapoppi, esponente di spicco di Italia Nostra ed, all’epoca, acerrimo nemico anche della sublagunare. Il professore, nella sua feroce catilinaria avverso a Marchi (sul cui punto di merito, ribadisco, sono assolutamente d’accordo), argomenta che a noi veneziani il super aeroporto non serve (già, a lui non serve…) e a dimostrazione ci rivela che prende raramente l’aereo e quelle poche volte non gli farebbe un baffo andare a prenderlo a Verona o Treviso. E qui casca l’asino. Eh no, caro professore, il terzo aeroporto d’Italia, che vanta svariate rotte intercontinentali, hub di molte compagnie low cost, collegato a moltissimi scali europei, è un plus della città per essere competitiva e appetibile (oltre che generare molti posti di lavoro). L’utopia arcadica del che ci frega a noi dell’aeroporto, l’esaltazione del fascino e della lentezza del remo, del magnifico isolamento che lei teorizza portano ad una sola direzione: rendere Venezia sempre meno appetibile come luogo abitato. Ed è tragicamente conflittuale e contraddittoria con un’altra delle sue battaglie sacrosante in difesa della residenza e contro la proliferazione invereconda delle locazioni turistiche. Battaglia che io personalmente sposo appieno, ma se poi in quelle case che riuscissimo auspicabilmente a sottrarre alla locazione non ci vuole andare a vivere nessuno, come la mettiamo? E non crede che, per avere voglia di andarci a vivere, superando i costi maggiori, i disagi ecc. sia anche importante sapere di avere vicino un aeroporto che magari a uno serve per lavoro?
Secondo spunto: la Municipalità di Venezia ha organizzato l’incontro Venezia non è una cartolina nella quale è stata messa sotto accusa la qualità del ripristino della pavimentazione a seguito degli scavi per la posa della fibra ottica. Il relatore, il preparatissimo e cortese Marco Rosa Salva, ha esposto una relazione dettagliata elencando molte criticità; con alcune delle quali concordo, con altre meno, ma non voglio divagare, non è questo il tema. Alla fine dell’esposizione di Rosa Salva, mi sono permesso di intervenire facendo notare che comunque (anche qua la faccio breve) era comunque apprezzabile la scelta di interrare la fibra, anche a costo di qualche ripristino perfettibile, piuttosto che la posa aerea adottata sciaguratamente una quindicina d’anni fa per i cavi dell’illuminazione pubblica che deturpano le facciate delle nostre case, e pure di palazzi notificati, assieme a cavi della telefonia e dell’energia elettrica (un po’ meno ma ci sono pure questi ultimi purtroppo). Alle mie parole un signore del pubblico, distinto, folti capelli bianchi e aurea di austera autorevolezza, con voce grave ed indignata ha sbottato (non ricordo le parole esatte ma quello era il senso) “ma possibile che non si possa stabilire che a Venezia certe cose non si possono fare punto e basta?”. Al signore non gliele ne può evidentemente fregare di meno della fibra e dei megabyte/sec e quindi perché sollevare masegni con quello che ne consegue? Peccato che la velocità di connessione sia un must e lo sarà per i prossimi anni in modo crescente. Useremo internet per tali e tanti scopi che non si potrà fare a meno dei mitici 300 Mega al secondo. Però, per il canuto e venerando signore Venezia è legibus soluta, non vi si
applicano le leggi della tecnologia e della modernità, a Venezia appunto certe cose non si possono fare. Però magari, tornato a casa, troverà dei turisti sul pianerottolo e maledirà la monocultura turistica che ha fatto affittare l’appartamento di fronte. E se la prenderà con gli amministratori passati e presenti che non hanno favorito la creazione di lavoro diverso che gli affittacamere. Perché certo, ad un’azienda, a uno studio professionale, a un giovane residente non interessa mica la fibra. Interessa invece il colore della trachite del masegno sotto casa..
Insomma, siamo alle solite: le vicende citate mostrano ancora una volta che vi è una consistente (non saprei direi se addirittura maggioritaria) parte di cittadini che, nell’intento lodevole di preservarla e proteggerla, in realtà nutre una visione della città talmente conservativa che in realtà la uccide: le nega il diritto di cittadinanza nella modernità e quindi ne pregiudica alla radice la possibilità di essere attrattiva per attività alternative al turismo e soprattutto per la residenza. È una situazione davvero tragica, perché si tratta di risorse mediamente capaci di mobilitazione; l’associazionismo nella città storica è vivo e vitale e se solo facesse squadra per sostenere un modello di sviluppo della città aperto e coraggioso, con atteggiamento dialogante e pragmatico senza isterismi e NO preconcetti, potrebbe davvero assumere un ruolo proattivo ed incalzante sulle amministrazioni (quali che siano). Quanto potrebbe incidere, per esempio, una presa di posizione corale e proattiva, per farsi motore di un’iniziativa legislativa nazionale per limitare per legge le locazioni turistiche nei centri storici?
E invece rimaniamo alle manifestazioni (lodevoli e simpatiche, s’intende, ma che lasciano il tempo che trovano) tipo Tutta mia la città, in campo con scugeri e pironi, al grido di riprendiamoci la città, ripopoliamo campi e campielli. Ma chi mai tra qualche anno terrà in mano scugeri e pironi se gli si nega il diritto di vivere in un posto che abbia le carte in regola per stare nella contemporaneità?