Roba da Istituto Luce
11 Aprile 2023Dieci, passi per la Rivoluzione Democratica
11 Aprile 2023In questo mese, è finalmente partita l’attesa campagna di raccolta firme, che permetterà all’Associazione Coscioni di presentare, in Emilia-Romagna, una proposta di legge popolare, volta a definire modalità e condizioni, idonee a garantire ai pazienti che lo chiedessero, un percorso di fine vita assistito.
Da un punto di vista pragmatico, ecco alcune considerazioni al riguardo.
Il riconoscimento del diritto al Suicidio Assistito – tema importante quanto delicato -, è già stato sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale. Con sentenza nr. 242 del Novembre 2019, infatti, la Consulta ha dichiarato illegittima la punibilità di chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, in caso di patologie irreversibili e tali da costituire fonte di sofferenze fisiche o psicologiche ritenute intollerabili.
Attualmente, tuttavia, il paziente che intendesse seguire questo tipo di percorso, si troverebbe, di fatto, nell’impossibilità di realizzarlo, dato che le AULSS italiane non hanno ancora a disposizione un protocollo autorizzato da poter applicare.
Pertanto, a fronte di una decisione di questo tipo, già di per sé difficile e dolorosa, si profilano ostacoli burocratici e legislativi a volte insormontabili, che rendono tale momento di grande sofferenza ancora più tragico e gravoso, non solo per il diretto interessato, ma anche per le persone care che gli sono vicine e che lo assistono.
La proposta di legge dell’Associazione Coscioni, quindi, si pone l’obiettivo pratico di delineare le procedure che devono essere seguite, perché il cittadino/paziente possa fruire del diritto ad una morte dignitosa e serena. Si tratta di una normativa semplice, composta da pochi, ma chiari articoli, che stabiliscono le linee guida di attuazione del percorso di suicidio assistito, compresa la valutazione dei costi che dovranno essere sostenuti per realizzarlo.
Si è deciso, anzitutto, di coinvolgere le Regioni, come prevede il Titolo v° della nostra Costituzione, che – se nel comma 2 dell’articolo 117, riserva allo Stato la competenza legislativa in tema di “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio Nazionale” -, al comma 3 dello stesso articolo, attribuisce proprio alle Regioni il compito di tutelare la salute dei cittadini, adoperandosi affinchè i pazienti soggetti a patologie irreversibili e a sofferenze intollerabili possano accedere facilmente a procedure autorizzate di suicidio assistito.
Molte sono state le persone che la scorsa settimana, nella frenesia del Sabato pomeriggio, si sono avvicinate alla nostra postazione in Via Ugo Bassi, in centro a Bologna. Alcune sapevano già di cosa stavamo parlando e chiedevano solo di poter sottoscrivere l’iniziativa pro legge Coscioni; altre, invece, volevano maggiori chiarimenti, circa il tema sul quale erano invitati ad esprimere la propria opinione. Qualcuno ha preferito proseguire dritto, convinto che l’argomento non lo riguardasse.
In particolare, ho notato una signora che, pur mostrandosi interessata, tuttavia si dichiarava dubbiosa sulla correttezza etica di porre fine volontariamente alla propria vita seppur in caso di malattia gravissima e irreversibile. Ho parlato a lungo con lei, sottolineando come, questa proposta di legge, ha come unico scopo quello di garantire un diritto fondamentale sancito anche dalla Corte Costituzionale, come sopra ricordato.
E devo dire che alla fine, la nostra interlocutrice ha firmato.
Una proposta di legge analoga sarà presentata in Veneto ed anche in questa regione l’Associazione Coscioni sta raccogliendo le firme necessarie. Chi volesse firmare, in entrambi i casi, trova indicazione ai seguenti siti: https://inemiliaromagna.liberisubito.it/ e https://inveneto.liberisubito.it/
Aggiungo, infine, una breve nota critica: solo alcune formazioni politiche hanno dato il loro appoggio – tra le altre, +Europa e il Liberal Forum – a questa iniziativa dell’Associazione Coscioni.
Altre compagini, pur definendosi liberal-democratici, non hanno esitato a tirarsi indietro, in nome di una strumentale scelta etica e in spregio ai valori fondamentali, sanciti dalla nostra Carta Costituzionale.