
Nel momento più critico della sua storia L’Europa deve accelerare gli aiuti militari all’Ucraina per compensare l’abbandono americano
8 Marzo 2025
L’Ucraina, Putin, Trump e l’opinione pubblica
11 Marzo 2025Sabato 8 Marzo a Roma ha preso finalmente forma il Partito Liberaldemocratico, nato per contrastare un bipolarismo ideologico che ha favorito i populismi di destra e sinistra, spingendo l’Italia verso il declino economico e la marginalizzazione internazionale. Un bipolarismo che ha aperto la strada agli estremismi, paralizzando il Paese in sterili dispute ideologiche.
Il percorso per arrivare a questo punto è stato lungo. Personalmente, è iniziato nel 2022 a Matera con la fondazione del Liberal Forum. Un cammino complesso, segnato da illusioni e delusioni: alcuni hanno creduto in Siamo Europei per poi ritrovarsi intrappolati in Azione, altri hanno sperato che Renzi potesse trasformare il suo progetto in qualcosa di più di un partito personale, e in molti si sono illusi che il Terzo Polo potesse superare divisioni e personalismi, salvo poi assistere al naufragio di quella speranza prima nelle elezioni europee e poi nelle regionali.
La nuova compagine si distingue per tre elementi fondamentali.
Primo: non nasce dal malcontento di un leader deluso, ma dall’incontro di quattro associazioni culturali di ispirazione liberale, da sempre impegnate nel ricongiungimento della diaspora liberale italiana. Al loro interno trovano spazio studiosi di economia e politica, imprenditori e professionisti che affrontano ogni giorno le sfide del mondo reale. Il nostro statuto assicura una struttura democratica solida, dove il potere individuale esiste solo se sostenuto dalla maggioranza e in grado di ascoltare anche le minoranze interne.
Secondo: la chiarezza dei principi fondanti. I primi articoli dello statuto recuperano lo spirito liberale delle origini, aggiornandolo alle sfide attuali. L’articolo 3 sancisce il legame tra economia di mercato e democrazia politica, garantendo a ogni cittadino la possibilità di realizzarsi e autodeterminarsi, indipendentemente da ceto, razza, religione o genere. L’istruzione e la formazione sono pilastri irrinunciabili, strumenti fondamentali per garantire pari opportunità di crescita personale e professionale.
Ma il liberalismo non è sinonimo di individualismo sfrenato. Il Manifesto del partito sottolinea il ruolo essenziale dell’azione pubblica nella tutela dei più deboli, mettendo la persona al centro delle politiche di welfare. Lo Stato deve garantire efficienza nei servizi pubblici, senza cadere in logiche assistenzialiste che soffocano la libertà d’iniziativa. La giustizia, elemento cardine di una società liberale, deve essere equa e garantire che ogni cittadino sia innocente fino a prova contraria, senza per questo esimerlo dalle proprie responsabilità.
Il terzo elemento distintivo è la struttura democratica del partito, bilanciata tra Assemblea, Congresso e Direzione Nazionale. Questo sistema consente un dialogo autentico tra i vertici e i territori, ribaltando la logica verticistica che spesso ha soffocato i partiti tradizionali. La voce delle realtà locali non sarà più un’eco distante, ma il vero motore delle decisioni politiche. Particolare attenzione è stata data alla tutela delle minoranze interne, che avranno un ruolo attivo nella direzione politica del partito. Un meccanismo pensato anche per scongiurare il rischio di trasformare il Partito Liberale Democratico in un ennesimo partito personale.
Manifesto e Statuto delineano gli scopi e la struttura organizzativa del nuovo partito. Tuttavia, sabato non ci si è fermati a questo: sono state presentate sette proposte concrete di riforma. Non piaceranno a tutti e non saranno realizzabili nell’immediato futuro, ma delineano la nuova Rivoluzione Liberale, perché essere liberali non significa essere moderati.
La proposta più importante riguarda l’Europa. Il partito si schiera chiaramente a favore di un’Unione Europea federale, sufficientemente forte e sovrana da poter rispondere alle sfide che la storia ci sta già ponendo. Non ci si ferma a dichiarazioni teoriche: la proposta entra nei dettagli sia per l’architettura istituzionale che per la politica interna all’Unione e per la sua posizione internazionale.
Un altro tema centrale è la riforma del sistema scolastico. Anche in questo caso, non si enunciano semplicemente dei principi, ma si definisce una revisione completa del sistema educativo nazionale, allineandolo agli standard europei e ponendo al centro gli alunni e le loro famiglie. Forse questa è la proposta più rivoluzionaria del programma, capace di stravolgere completamente l’assetto attuale.
La debole crescita economica del Paese e dell’Europa è affrontata sia dal punto di vista della competitività che da quello fiscale. In entrambi i casi, le proposte mirano a semplificare la burocrazia, rendendola meno invasiva. Un sistema fiscale chiaro, meno oppressivo e più certo, unito a una riduzione di vincoli che complicano inutilmente l’impresa, limiterà le opportunità per chi cerca posizioni di rendita e potere.
Riforma fiscale e revisione della spesa pubblica sono strettamente collegate ad un’analisi del sistema sanitario nazionale, che oggi assorbe enormi risorse senza offrire servizi adeguati. La proposta di riforma si articola in sette ambiti principali e pone il cittadino al centro del sistema, eliminando le attuali disparità territoriali.
Per quanto riguarda Ambiente ed Energia, l’obiettivo è ridurre la forte dipendenza da fonti estere e altamente inquinanti sempre tenendo in mente le ultime innovazioni nel campo della produzione energetica e mai obbligando scelte tecnologiche.
Ma è il capitolo delle riforme istituzionali che colpisce per la forza della proposta: un’unica camera parlamentare per garantire maggiore efficienza ed efficacia, rafforzata da una legge elettorale che, sia essa maggioritaria o proporzionale, restituisca ai cittadini il potere di scegliere direttamente i propri rappresentanti.
Forse la Rivoluzione Liberale è veramente iniziata!