‘Deisolare’ Venezia; a favore di una nuova cultura metropolitana
1 Aprile 2015PD ovvero il parricidio inevitabile
8 Aprile 2015E’ possibile trovare a Venezia nel Partito Democratico, inteso nella sua struttura di iscritti e dirigenti, una sponda seria per la politica di Matteo Renzi ?
La risposta è complicata, perchè fin dall’inizio, dai tempi di quella che ormai viene chiamata ‘prima ora’, un’area di persone sinceramente ‘renziane’, non del tutto ben amalgamate, con alcuni giovani anche validi, ma un tantino raccogliticcia e molto minoritaria nel PD locale, alla fine si è ritrovata solo attorno alla figura di Jacopo Molina. Mi permetto di chiamarlo, Molina, “il ragazzo” non per sufficienza, tutt’altro, ma per affetto, per averlo visto crescere politicamente.
” Il ragazzo” in tutti questi anni ha avuto coraggio e determinazione, fin dai tempi in cui si mise a lavorare nel partito insieme a Valter Vanni che su lui, non è un mistero, aveva puntato molto e per un certo periodo, fin che Vanni è stato in vita, in qualche modo lo rappresentava a Ca’ Farsetti. Molina si è esposto più volte in Consiglio Comunale sui temi della trasparenza, delle partecipate, contestando, quando ce n’era bisogno, la linea di basso profilo che la giunta andava prendendo con Orsoni. Quando è scoppiato il caso MOSE, Molina era in effetti l’unico che poteva parlare a fronte alta, per poi dimettersi, e giustamente, in anticipo sul tergiversare degli altri. Per questo, cosa rara nel PD veneziano attuale, è un ‘ragazzo’ stimato anche nel mondo delle, cosiddette, opposizioni. Nella campagna per le primarie si è conquistato da solo tutti i voti che ha preso. Da solo o con pochi puntelli – qualcosa abbiamo fatto anche noi di LG – e nelle sue condizioni sono veramente stati moltissimi voti presi. Eppure, seppure un pò meno di prima, per i recenti suoi risultati, Molina resta tuttavia in una situazione di persistente isolamento nel suo partito, quantomeno a livello dirigenziale.
Si sa infatti che coloro che poi, per mero opportunismo si sono riferiti a Renzi nel partito a Venezia – molti ‘pezzi grossi e parlamentari tra questi – hanno sempre lavorato politicamente insieme agli altri, ai presunti avversi ex DS, che a livello nazionale tra Camera e Senato avversari lo sono invece davvero. Qui però, scesi a scala locale, c’è un patto che dura da tanto tempo e che supera allegramente le contrapposizioni nazionali. Almeno fino a ieri, oggi non si sa. Però è cosa nota che i renziani della “seconda ora”, i saltatori sul carro vincente, si sono fatti eleggere dall’apparato exDS, con i loro numeri, Stradiotto in segreteria provinciale e, per contropartita, hanno lavorato a Venezia città per Rosteghin segretario e Pellicani candidato sindaco, persone entrambe, pur in ambiti diversi, sostenuti dall’apparato storico. Nomi che ai lettori esterni dicono, me ne scuso, ben poco e fan capire ancor meno. Faccio una traduzione: c’è stata una politica di scambio in piena regola.
Non solo, anche nel gruppo renziano della “prima ora” e nell’Associazione Adesso che ha cercato di strutturare l’area renziana, sono saltati dentro lungo strada, solo e soltanto per riposizionarsi, persone della stessa risma di quelli della “seconda ora”, ‘ doppiogiochisti’ a loro agio con gli accordi sottobanco, una sorta di falange esterna di guastatori, si direbbe quasi mandati da certo apparato, magari quello più di sponda ex Margherita, nell’altro gruppo, per pilotare le scelte e per fare ostruzionismo. Sono cose che sono sempre accadute e che ancora accadono in politica, non certo solo qui, ed è bene che la gente lo sappia. Infatti questi finti ‘renziani prima ora’ puntualmente non hanno appoggiato Jacopo Molina alle primarie, ma, in ordine sparso, gli altri due candidati. Qualcosa vorrà dire? Queste schermaglie di politica politicata possono anche interessare poco il lettore, però sarebbe utile che chi guarda la politica dall’esterno non fosse troppo schizzinoso nello snobbare la bassa cucina della politica, perchè molte cose che passano sopra la testa passano poi così; e ignorarle significa continuare a a farsele passare sopra la testa. Di fatto sono cose che fanno capire la situazione politica ancora molto bloccata a Venezia nell’area della cosiddetta ‘sinistra’, una situazione che neppure la candidatura a Sindaco di Casson sarà in grado di smuovere troppo, anche se vincente. Se perdesse, come al momento è teoricamente ancora possibile, perchè la poltrona è a detta di tutti in questo momento contendibile, forse allora qualcosa cambierebbe. Ma a che prezzo? E’ da responsabili augurarselo ?
Molina sta giustamente cercando di capitalizzare i voti presi alle primarie cercando un accordo con Casson per un ticket come vicesindaco, naturalmente nel caso Casson vincesse. C’è da dubitare che l’apparato, inteso come exDS ed exMargherita, tutti in gruppo – perchè questo bifronte è il vero apparato a Venezia – accetti senza adeguate contropartite corpose questa soluzione: i suoi uomini infatti si credono immortali e hanno rimosso con gran faccia di tolla i loro coinvolgimenti, per quanto solo indiretti e di responsabilità solo ‘politica’, nella faccenda corruttiva veneziana che ha visto la giunta, in cui erano corposamente rappresentati con assessorati e vicesindaco, estromessa in modo piuttosto vergognoso. In ogni caso per ” il ragazzo” Molina un ticket, che lui saprebbe sicuramente onorare, sarebbe un risultato importante che farebbe uscire il suo gruppo dalla condizione minoritaria e ininfluente in cui versa ora, nonostante tutto. E forse Renzi indirettamente metterebbe per la prima volta in modo concreto un piede in laguna, senza neppure aver fatto lo sforzo di cercare di metterlo. Perchè questo è successo.
Il Tosco infatti è un vincente o crede di esserlo e bisogna dire che i fatti gli hanno dato spesso ragione. Non gli piace perdere e benedire un cavallo che non sia sicuramente vincente. Venezia, nel suo intimo, deve averla sempre data per persa negli equilibri di partito e quindi terra d’altri. Lui ragiona in termini nazionali e, per realismo, mette in conto che qualche landa vada agli altri: il bilancio a suo favore, nel consenso alla sua linea, lui la fa su scala nazionale e non gli si può dar torto, anche se non gli si può dar torto, va da sè, secondo il consueto cinismo della politica. Il consenso vero, quello dei numeri, lui l’ha avuto soprattutto in quella pancia di grosso serbatoio ex DS, dirigenti ed elettori, molto più maturo di quello veneziano, nel centronord italia, dove da settant’anni e più si fanno i conti della sinistra ( Emilia, Toscana etc), una pancia lungimirante che è riuscita veramente a far fare il salto a suo favore. Certi bersaniani in quelle terre sono veramente diventati renziani. I conti insomma lui li ha fatti lì e questa provincetta veneziana poteva aspettare. In ogni caso, per questa e altre ragioni, il tosco fin dalla famosa sua ‘prima ora’ non si è mai sognato di mettere, per un’investitura, la mano destra sulla spalla di sinistra di Molina che gli era stato ampiamente segnalato e che poi ha conosciuto, credo, bene. Alle primarie veneziane il guascone di Pontassieve, ha ostentato una neutralità che altrove non ha certo tenuto per competizioni simili.
La situazione però adesso rischia di assumere un contorno piuttosto delicato se la politica nazionale del PD andrà, come rischia di andare, in cortocircuito con quella cittadina. La scissione nel PD, a livello nazionale e parlamentare soprattutto, è una soluzione che continua ad incombere. Le votazioni sulla legge elettorale potrebbero nei prossimi due mesi far esplodere il partito e Casson oggettivamente si potrebbe ritrovare dalla parte di chi rompe definitivamente con il partito che a Venezia dovrebbe sostenerlo. La sua nota vicinanza a Civati, capintesta della fronda a Renzi, lo mette oggettivamente in queste condizioni. Non tutti gli oppositori a Renzi sceglieranno la scissione, sia ben chiaro, magari per opportunismo, ma non tutti lo faranno ( a Venezia per il solito opportunismo, che qui è sempre doppio che altrove, forse non la faranno proprio ). Però se qualcuno la farà sarà l’ala più vicina a Civati a farla. In piena campagna elettorale questo fatto potrebbe giocare nettamente a sfavore di Casson che perciò, e lo si può capire, cercherà sicuramente di scongiurarla prima del 31 maggio, data delle elezioni nel Veneto e a Venezia. Pena, dovesse in qualche modo allontanarsi dal PD, trovarsi schiacciato verso la sinistra conservatrice di Sel con cui qui a Venezia è in santa alleanza. Farlo così apparire più estremista di quello che è sarebbe un gioco da ragazzi per i vari Brugnaro e soprattutto per i vari Zaccariotto, più avvezza di Brugnaro all’uso strumentale degli equilibri e disequilibri della politica. Molina in questo caso, a ticket sancito, veramente si potrebbe trovare in una situazione non facile. Magari non andrà così, ma è bene tener presente anche questo scenario, meno fantapolitico di quel che può sembrare. Se in queste o in altre condizioni “il ragazzo” Molina riuscirà comunque a destreggiarsi, allora la sua statura politica può crescere di molto ed è foriera di successi successivi sul piano cittadino per i prossimi mandati. E, se tutto dovesse andare per il verso giusto, a dirla tutta, fossi Molina gliela farei pesare ad un Renzi che così poco si è speso per lui, una volta che di Renzi non ci dovesse essere più bisogno; gliela farei pesare con un olimpico distacco, almeno per un pò, facendogli intendere che è forse troppo comodo arrivare a vittoria acquisita, nel caso, non semplice da attuarsi, che questa vittoria alla fine ci sia. E facendogli altresì intendere che rischiare qualcosa in politica fa parte delle stramaledette regole del gioco.