Quorum Zero = Più Democrazia?
11 Maggio 2012Il bello che cambia
26 Maggio 2012I commentatori hanno già dato, chi più chi meno, una loro lettura dei risultati elettorali delle recenti votazioni amministrative. Ne esce un quadro complesso, variegato e per certi aspetti frammentato della situazione politica; non tutto sorprendente per chi ha seguito le vicende degli ultimi dodici mesi. Anche se, onestamente, un po’ sorprendente è stato.
Personalmente sono rimasto sorpreso dalla debacle della Lega e invece non sorpreso dalla complessiva, molto relativa, tenuta del Partito Democratico. I miei amici dell’IDV mi dicono invece che il loro partito, quantomeno nel Veneto, ha perso più di quanto non appaia nei risultati complessivi nazionali. Di ciò qualche tempo fa sarei stato altrettanto sorpreso, ma oggi l’esplosione dei grillini dà una spiegazione plausibile. Di Pietro e i suoi avevano cercato di insediarsi nella stessa area di protesta, senza calcolare l’esplosione grillina, né onestamente avrebbero potuto immaginarsela e in questo a parer mio non hanno certo colpe. Era, quella di Di Pietro, una scelta radicale che personalmente non condividevo per nulla, ma aveva comunque un senso. Ora i non votanti, i protestatari, gli antipolitici politicizzati di fronte a un originale (Grillo) e a una fotocopia (Di Pietro) hanno ovviamente scelto l’originale; che di solito viene prima e che invece questa volta, eccezionalmente, è maturato dopo. Il potenziale originale (IDV) era in deficit di credibilità per le note vicende di candidature discutibili, oltre che appannato dal recitare una parte non proprio sua.
Per il resto la sorpresa sta in questo. Mesi fa ritenevo che i partiti, pur squassati da scandali e da crisi di credibilità, tenessero e non per merito loro, ma per rendita di posizione quasi passiva data dal loro insediamento strategico nella geografia elettorale; partendo dal presupposto che la gente si autorappresenta ancora molto con le categorie sinistra destra centro, oppure, nel caso della lega, come nord contrapposto a sud. Bene. Ha tenuto relativamente solo il PD, per la sua, appunto, collocazione strategica nella mappa mentale dell’elettorato e per la sua struttura d’apparato. Va riconosciuto che ciò che è la cosa più preoccupante e per certi aspetti pericolosa di questo partito, vale a dire l’apparato e la vocazione attraverso di esso all’occupazione del potere per il potere, diventa in questi casi una forza efficace per il controllo che riesce ancora – relativamente – ad esercitare. E non a caso è il partito che eredita la tradizione di apparato dei grandi partiti della prima repubblica. Il crollo Lega sorprende perché le si poteva attribuire lo stessa capacità insediativa del PD, almeno geograficamente parlando. Gli scandali spiegano fino a un certo punto. La sensazione è che, se si depurano con Maroni e i suoi, torneranno; perché restano insediati e rappresentano qualcosa che nessuno sa o vuole rappresentare: è da venticinque anni che la Lega oscilla, si è dimezzata varie volte e altrettante si è raddoppiata. Certo che questa volta il dimezzamento forse è più grave anche perché è in deficit di alleanze. Il crollo PDL è invece spiegabile perché, a differenza di PD e Lega, non ha insediamento, anche se rappresentava una fetta di elettorato abituato ad autocollocarsi a destra. Attenzione però che quella destra un po’ becera e tendenzialmente un po’ eversiva che fino a ieri era il PDL non è poi morta del tutto. Molti suoi elettori non l’hanno votata astenendosi, ma sono pronti a rivoltarla se solo si rifà una reputazione ai loro occhi, non certo ai nostri, passabilmente credibile. Lo spazio, purtroppo, ce l’ha.
Grillo vivrà, se vivrà, ma per un bel pò vivrà, delle assenze e delle debolezze di altri. E’ dal dopoguerra che movimenti di destra, di sinistra e trasversali fanno periodicamente il pieno dello scontento più o meno politicizzato o si segnalano come protagonisti anche senza fare il pieno: Uomo Qualunque (anni ’40 e ’50), sinistra cosiddetta extraparlamentare (anni ’70 ), radicali (a periodi dai ’70 ad oggi), verdi (anni ’80 e ’90), rete (tra ’80 e ’90), la Lega stessa dell’inizio (anni ’90) e la stessa IDV del primo momento (tra ’90 e primi 2000). Questa ricorrenza di fenomeni politici del genere è fatto quasi fisiologico. Ma non per questo è giustificabile la supponenza con cui i soloni della politica partitica lo liqudano; è invece fenomeno che a modo suo ha piena dignità politica, che sa anche esprimere idee, più di metodo forse che di merito. Dignità che comunque brilla nel cielo se poi la si confronta con la assai minore dignità e non credibilità della politica partitocratica di questi tempi e un pò anche dei tempi passati; quella che sputa sentenze e pensa di dare lezioni da un pulpito inguardabile.
E’ però amaro constatare che le novità periodicamente riguardano sempre le politiche di protesta e non quelle di proposta. Mai che si segnali all’orizzonte una novità politica democratica connotata da capacità di governo e soprattutto di egemonia; che sappia tenere insieme corpi sociali diversi attraverso l’identità dell’appartenenza a un popolo, a una nazione, a una comunità, attraverso forti interessi generali. Quelli costituzionali per capirci. Anche il ‘montismo’, che in un primo momento aveva dato l’illusione di questa possibilità egemonica, oggi segna il passo. Ma proprio perchè ci manca tanto questa novità politica che mai si è presentata ai nostri occhi, si può ben sperare che, se ci si lavora, prima o poi si presenti quando meno te l’aspetti. Per ora l’egemonia, in alcune situazioni, riescono a svolgere le persone che bucano nell’elettorato degli altri per la loro credibilità, ieri De Magistris e Pisapia, oggi Tosi, Orlando, Doria, nomi che i partiti sconfitti hanno utilizzato strumentalmente per lenire la sconfitta o l’arretramento generale. E che invece sono vittorie prevalentemente personali, nel senso letterale che hanno vinto e sono state votate delle ‘persone’ e non dei partiti. Per ora ‘questa è la novità’, come diceva in conclusione una vecchia canzone.