LA CITTA’ FUTURA
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17 Febbraio 2024Qualsiasi analisi sul commercio in Italia, deve tenere conto che nel nostro Paese esistono, fortunatamente, molte città storiche, che risultano attrattive per milioni di turisti. Questa caratteristica permette loro di ospitare le più svariate attività, con ottimi risultati economici.
Parliamo di Roma, Milano, Firenze ed ovviamente Venezia. Quest’ultima vive da anni una realtà particolare, con la nascita di un numero crescente di attività, talvolta poco compatibili con l’immagine della città. Tale continua crescita ad un certo punto è stata fermata dall’aumento selvaggio degli affitti che ha creato un calmiere naturale. Molti commercianti sono falliti o non hanno rinnovato i contratti, resi insostenibili per un negozio di vicinato. I “fondi” migliori, rimasti liberi, sono stati ristrutturati, accorpati e riaperti dai Grandi Marchi, sia di Alta Moda (GUCCI-Luis Vuitton-PRADA- ecc..) che da quelli di medio prezzo, ma di altissimi fatturati (ZARA-H&M-Oviesse. Ecc..). Queste grandi aziende, possono permettersi di pagare affitti altissimi, addebitando eventuali perdite a spese pubblicitarie. Sono a Venezia e si rendono visibili al mondo intero, cosa che vale qualsiasi canone di affitto. Oggi ci sono locali in ottime posizioni ancora chiusi, cosa mai accaduta prima. L’unico effetto positivo anche grazie al Comune, che ha cominciato a controllare meglio la qualità dell’offerta, è stato la progressiva chiusura di negozietti di scadente oggettistica fatta di mascherette e vetri finti. Non credo si possa fare molto da parte del Comune, che non può certo intervenire sul valore degli affitti. L’unica cosa possibile è un controllo più puntuale, senza chiudere gli occhi, sull’occupazione abusiva delle merci all’esterno dei negozi o dei banchetti, che sono veramente di cattivo gusto. Proporre indirizzi commerciali a Venezia è veramente difficile, perché la popolazione residente è ridotta ai minimi termini, è in età avanzata e solo il turista fa la differenza e detta quindi le scelte sulle proposte commerciali.
Certo, sarebbe auspicabile veder presente più artigianato specializzato, con piccole realtà che renderebbero una visita a Venezia a misura d’uomo ed anche più affascinante. Dubito però che qualche giovane si senta in grado di affrontare un’esperienza simile, senza essere garantito o supportato dal governo della Città. I giovani, sono la chiave di tutto, perché le persone di mezza età, attualmente presenti nelle attività artigianali, sono ormai sfibrate da anni di lavoro e vedono solo un futuro nell’eventuale cessione della loro attività. Purtroppo non riescono a tramandare la loro manualità o la loro arte, perché appunto necessitano giovani che siano interessati a cimentarsi in attività di questo tipo. Per facilitare questa transizione il Comune potrebbe fare molto, con incentivi ed aiuti per le nuove generazioni, offrendo anche abitazioni in affitto calmierato
La prospettiva altrimenti, sarà che continueranno ad aprire bar, cicchetterie o simili, visto che il turista, beve, mangia e non può fare a meno di sedersi e rigenerarsi, dopo lunghe passeggiate o visite a musei. Per concludere, penso che Venezia si stia riequilibrando commercialmente in maniera autonoma ed in futuro assisteremo comunque ad un miglioramento dell’immagine commerciale.
Prima di prendere in considerazione la piazza di Mestre, vorrei chiarire che il termine molto usato di “negozio di vicinato” dovrebbe essere dismesso. Questa definizione, vorrebbe definire una piccola attività commerciale, gestita come nella tradizione da un nucleo famigliare, che si dedica a tempo pieno alla stessa. Provvede agli ordinativi di merce, alla loro esposizione, per renderla appetibile ad una Clientela quasi sempre affezionata, che predilige un servizio personalizzato all’atto dell’acquisto. Questa tipologia di attività, apparentemente semplice, sparirà abbastanza velocemente. Non ci sono famiglie disposte a convivere in un piccolo negozio, ma soprattutto non ci sono le condizioni economiche per la sopravvivenza di una simile attività. Non dobbiamo dimenticare che molte di queste piccole attività rimanevano in vita anche per la pratica di incassi in “nero”, che oggi sono fortunatamente quasi spariti con l’arrivo del POS e la presenza di commesse non di famiglia. I grandi Produttori, proprietari dei marchi più noti, non si appoggiano più ad una distribuzione capillare ai negozi di vicinato, ma la vogliono gestire autonomamente, preferendo fornire solo i propri negozi monomarca, per i quali decidono le strategie di vendita. Queste considerazioni, rendono irrealizzabili i sogni di veder aprire nuove attività di vicinato, mancando la materia umana che dovrebbe rendersi interprete di questo progetto.
Parliamo ora di Mestre, povera Mestre, su cui io stesso ho investito per anni, sperando diventasse una grande città. Quando sono arrivato negli anni 70, c’era un fermento incredibile, Mestre era il Centro Commerciale del Veneto, si vendevano più jeans qui, che in tutta la regione. Lo so perché faccio parte di quel settore. La gente arrivava anche dall’Alto Adige per comprare gli sci da Pettinelli Sport. La Piazza era una baraonda continua di giovani che si davano appuntamento all’ora dell’aperitivo ed alla sera c’erano le più spettacolari discoteche del Veneto a disposizione. Cosa è successo quindi? I grandi fondi, che investono sui Centri Commerciali, hanno studiato questa realtà ed hanno analizzato e stabilito che effettivamente Mestre era il vero Centro Commerciale del Veneto. Nell’impossibilità di aprire grandi attività nel cuore della città, considerando l’assenza di palazzi monumentali o di grandi spazi moderni, serviti da parcheggi adeguati, hanno deciso di far nascere centri commerciali nel perimetro attorno a Mestre. Ed ecco arrivare Valecenter, Auchan, Nave de Vero e per finire a pochi chilometri di autostrada la Cittadella di Noventa Outlet. Il gioco era fatto. In pochi anni Mestre è stata svuotata e tramortita commercialmente ed inizia un’agonia che non ha ancora fine.
Dovremmo avere una città di un milione di Abitanti per pensare di rivitalizzare il Centro di Mestre, in presenza di queste realtà appena descritte. Non lo saremo mai, perché le cittadine circostanti si sono organizzate bene, sono più carine e accoglienti. Mirano, Noale, Spinea, Marcon, Dolo, Mogliano e non parliamo di Treviso, che è sempre una forte e vicina concorrente. Le famiglie si spostano e trovano affitti migliori, più tranquillità e meno malavita. A Mestre negli ultimi vent’anni, sono falliti tutti i grandi players commerciali. A partire da Vittadello, (che aveva ben 113 negozi in Italia di enormi dimensioni nei centri storici), Macelleria con otto negozi, Pettinelli, Grinta Sport, Settebello, senza contare i più piccoli che sono morti senza fare scalpore, ma sono chiusi. Coin non è fallito, ma ha più volte rimaneggiato il suo enorme Centro Le Barche, senza riuscire a trovare una soluzione definitiva, che tutt’ora sta cercando. E pensare che era il primo vero centro commerciale, che aveva stupito tutto il Veneto. La mazzata finale è stata inferta dall’uscita dal Cento di H&M, che è emigrato alla Nave de Vero, dove esiste una scelta merceologica veramente imponente. Il problema è molto complicato e va compreso solo andando all’origine della produzione dei capi di abbigliamento e di calzature. Negli ultimi venti/trent’anni, tutte la fabbriche si sono lentamente rivolte alla Cina, dalle più celebri alle minori, in presenza di prezzi talmente bassi, da permettere incredibili ricarichi sulle merci. Il Consumatore ha percepito questo cambiamento solamente negli ultimi anni, quando i media hanno portato in evidenza il problema. Questi enormi utili, creati dalla differenza dal prezzo di costo a quello finale nei negozi, hanno arricchito questi Produttori. Grazie ad una liquidità notevole, potevano abbassare i prezzi ed impossessarsi del mercato e distruggere quasi completamente la Concorrenza. Il normale negoziante continuava ad acquistare i prodotti attraverso un filiera, lunga, costosa ed obsoleta. Il risultato è quello che vediamo oggi. Nei centri commerciali Zara- H&M –Prymark ecc… occupano spazi enormi, pagando affitti di favore, mentre i negozi normali nello stesso centro, li pagano eccessivi, minando la loro capacità di sopravvivenza.
A mio parere è impossibile che il centro di Mestre ridiventi attrattivo commercialmente, se questo vuol dire far rientrare i grandi nomi dell’abbigliamento. Non esistono gli spazi adeguati per esprimere la loro potenzialità. Un loro negozio ha bisogno di 500/1000 mq. per esprimersi e in nessun luogo esistono spazi di queste dimensioni in centro. Mancano parcheggi adeguati sotto la Piazza, come nelle città del Nord Europa, con migliaia di posti auto, cosa peraltro irrealizzabile. Il centro commerciale moderno, fornisce tutto questo senza costi per il cliente e vince alla grande. Altro problema, che affligge il centro, è la viabilità limitata, che in passato era stata istituita per dare respiro alla città. Questo ha creato sicuramente un centro più vivibile, ma poco fruibile per lo shopping. Per finire va ricordato che le belle realtà che il Comune ha creato o assecondato, tipo Forte Marghera, Il Bosco di Mestre e Punta San Giuliano, rappresentano indubbiamente un grande successo, ma allontanano i residenti dal centro, contribuendo al decentramento della popolazione. E’ sempre un problema di numeri, se fossimo una Città di almeno 500.000 Abitanti, ci starebbe tutto, ma così la parte meno attrattiva muore.
Credo che bisogna farsi una ragione che il ritorno al centro, come zona per gli acquisti, sia una pura chimera e deve essere ormai archiviata. Va invece rilanciato un progetto culturale, che deve avere come Fulcro l’M9 ed il Candiani. Queste strutture sono adatte a contenere Mostre di grande valore culturale, oltre a rappresentare spazi ideali per confronti e dibattiti. Mestre dovrebbe, a mio avviso, diventare una succursale di Venezia, con musei aperti anche nelle ore serali, quando i turisti, dopo aver visitato Venezia, si riposano a Mestre ed alla sera potrebbero ancora visitare luoghi di cultura e spettacoli. Potremmo sfruttare al massimo il Toniolo, il Corso e magari riaprire l’Excelsior. Certo che dovrebbe esserci con Venezia uno scambio di opere d’arte di alto livello e non accontentarsi di opere minori o singole. Va ricreata una vocazione di Mestre come Città di Cultura vera ed in questo caso la gente che qui ci vive uscirà ancora alla sera, assieme ai turisti che pernottano in città. Questa è l’unica strada per rivitalizzare il nostro centro, ma l’idea va condivisa e valutata, senza continuare a sperare che il commercio risolva problemi che non è più in grado di affrontare. Ormai è chiaro il trasferimento della Piazza attrattiva e commercialmente viva in altri siti, organizzati a misura di cliente e perfettamente funzionanti e promozionati da personale specializzato che ottimizza continuamente la propria offerta alla clientela.