Locazioni turistiche, fenomeno ingovernato
8 Novembre 2023Storia, politica, morale
16 Novembre 2023Come non bastassero le guerre quelle vere, quelle alle porte dell’area europea, prima quella Russia vs Ucraina, passata in secondo piano dopo la messa in opera dell’azione terroristica di Hamas che ha scatenato la inevitabile reazione di Israele.
Con tutte le conseguenze del caso, con gli esperti di geopolitica e di azioni militari qui a fare le previsioni più infauste: ONU in difficoltà, Europa balbettante, USA a corrente alternata, Cina invadente, Russia claudicante ma sempre presente dove si tratta di sparare qualche colpo, Mondo arabo in ebollizione.
E noi qui a discutere di “premierato”, di una riforma costituzionale che vellica ancora una volta la pancia di un elettorato che Meloni pensa sia in gran parte con lei.
Riducendo la domanda a un quesito degno del più scontato dei Rischiatutto: vuoi tu Popolo italiano eleggere direttamente il Presidente del Consiglio?
Come se questo fosse semplice e scontato. E di tutto il contesto dell’equilibrio dei poteri ne facciamo un bel sacchetto da buttare in “scoassera”?
Non mi metto qui a discettare, non ne sarei all’altezza, su tutte le implicazioni che questa modifica comporterebbe, mi limito a evidenziare un paio di eccezioni evidenti.
La prima: nessun Paese delle democrazie compiute ha un sistema come quello preconizzato da Meloni & Co. C’è stato in Israele per qualche anno dal 1992 al 2002 poi hanno fatto marcia indietro.
Ci sono invece i Capi di Stato (Presidenti) eletti direttamente: Francia e Usa i più conosciuti, con ampi poteri ma contemperati da altri organismi.
La seconda: in un sistema in cui l’elezione delle cariche istituzionali prevede che il Presidente della Repubblica sia eletto dal Parlamento come si può pensare che il PdC eletto a “furor di popolo” si metta in subordine al primo per tutto quello che compete a questi?
Nessuna attenzione ad un più profondo riequilibrio delle funzioni della Camera (ancora un doppione di sé stessa), ai meccanismi di elezione degli organismi di garanzia (Corte Costituzionale), ad un indispensabile ripensamento della legge elettorale che altrimenti con una maggioranza non solo relativa, ma persino lontana dal 50%, renderebbe comunque possibile esprimere chi governerà il Paese (la Nazione, direbbe la bionda assertiva).
A Monza nell’ultima elezione supplettiva per il Senato ha votato solo il 19,75%: cosa si fa? Lasciamo che a governare il Paese ci pensi un Presidente di assemblea di condominio?
Niente, solo “il premierato”.
Poi c’è chi lo trasforma ne “il Sindaco d’Italia” ma anche qui siamo su una dimensione distonica.
Il Sindaco di una città deve rispondere solo ai cittadini che l’hanno eletto, non ha altri Poteri con cui confrontarsi, non ha un Capo della Stato, una Corte Costituzionale, un Consiglio Superiore della Magistratura etc. di cui tener conto.
Ma sulla materia ci sono fior fiore di costituzionalisti che stanno esprimendosi e stanno facendo “le pulci” all’impianto meloniano, ancora molto indeterminato, ancora molto approssimativo.
E poi in ogni caso, dal momento che una riforma costituzionale ha bisogno dell’approvazione dei 2/3 dei parlamentari nelle due Camere – e questo non sembra essere garantito dai numeri attuali – si andrebbe al Referendum (con il quorum del 50%+1 del corpo elettorale), con tutto l’ambaradan di urla e strepiti che hanno sempre contraddistinto le sfide a questo livello: i ragionamenti stanno a zero, le curve ultras hanno il sopravvento.
C’è chi, con qualche ragione, sostiene che il tutto serve ad agitare le acque attorno ad un “falso” argomento, utile solo a tenere alta l’attenzione su tutt’altro che non siano le azioni di governo, le decisioni molto contrastate e molto contraddittorie che vengono via via assunte dalla maggioranza di destra-centro.
Che sembrano poco efficaci, molto in contraddizione con gli assunti sui quali si erano spese tutte le parole d’ordine e le promesse della campagna elettorale di un anno fa: bloccheremo l’immigrazione, daremo soldi ai pensionati, faremo il taglio delle tasse, diminuiremo la spesa.
Poi c’era l’immarcescibile “lotta all’evasione fiscale”, ma su quest’ultima assunzione stendiamo un velo pietoso perché è un refrain declinato da qualsiasi maggioranza che si è alternata alla guida del Paese (pardon, Nazione). E poi chi dei condoni, variamente travestiti, ha fatto il suo mantra è ancor meno credibile.
Sbeffeggiavano l’agenda Draghi ed è a quella che si devono rifare per cercare di tenere i conti un minimo presentabili: a titolo di cronaca il debito pubblico è salito nel breve giro di 3 anni (post pandemia) a 2.841Mld (dato dell’agosto 2023).
E ancora qualcun altro assume che “il premierato” sia la battaglia di sole parole su cui cercare di costruire o consolidare il consenso in vista delle prossime elezioni Europee di giugno 2024.
Perché si sa che le Europee, nonostante tutti gli sforzi, che pochi in verità fanno per renderle molto sentite, sono in realtà un ottimo Sondaggio (con la S maiuscola) per pesare i diversi concorrenti.
Tanto nessuno o pochissimi dei già pochi elettori che andranno al voto si pone il problema di chi sarà la compagine che governerà l’Europa per i prossimi 5 anni. E ancor meno chi sarà il/la Presidente della Commissione Europea.
L’Europa, per quanti sforzi si siano fatti, anche economici (Covid-PNRR e Fondi europei di varia natura, spesso italicamente non impegnati o spesi) non viene percepita come un organismo vicino ai cittadini, come l’Istituzione che influenza in maniera determinante la vita degli europei, sbagliando si sa, ma va così.
E allora in un’elezione col puro sistema proporzionale, con la soglia di sbarramento al 4%, tutti a misurarsi e vedere poi “il vincitore” strombazzare il giorno dopo un risultato che si rivelerà effimero nel breve giro della susseguente fase lunare.
Chiedere a Renzi (2014) e Salvini (2019).
Ma tant’è con gli organi dell’informazione che, facendo finta di essere sdegnosi e riluttanti, hanno aperto le danze di una “prossima” campagna elettorale fin dall’estate di quest’anno e tutti i giorni ci ammorbano di dichiarazioni insulse, inutili, autoreferenziali in cui l’Europa, anche fosse solo come problema, non è nemmeno citata.
In tutto questo poi ci saranno alcune sfide incrociate: PD vs M5S (personalmente continuo a non capire il voto a quest’ultimo privo com’è di una proposta politica, di una qualche idea di Paese, di una qualche seria e praticabile proposta economica, procedendo nell’inconsistenza più scialba e inaffidabile).
Poi c’è Lega vs Forza Italia – Parenti d’Italia viaggia ancora come le api sul miele – che ormai stanno a misurare i decimali ben al di sotto del 10%.
Last but not least Azione vs Italia Viva/il Centro/Renew Europa (cosa faccia +Europa non si sa o non si capisce ancora, cosa facciano quei movimenti di ispirazione liberale variamente nominati in tutte le declinazioni possibili della desinenza “LIB”, ancor meno) che dopo aver distrutto un sogno condiviso da molti – un 8% era infatti molta roba, ulteriormente espandibile – e aver frantumato un progetto politico che sembrava avere tutte le caratteristiche per segnare le prossime stagioni politiche italiane, dovranno fare i conti con la soglia di sbarramento del 4%.
I pronostici li lasciamo a quelli bravi, a quelli che il giorno dopo ti spiegano che loro l’avevano capito e largamente previsto (ne conosco un paio di sussiegosi sostenitori della loro preveggenza: credo che comincerò a chiedere loro i numeri del Lotto, sperando di non buttare anche i pochi Euro) ma gli scenari sono tre.
- Riescono a passare tutti e due e allora continuano gli sbeffeggiamenti, i gnegnegne, le ritorsioni e il dispendio di energie. E non si va da nessuna parte.
- Ne passa solo uno dei due: diaspore e ricollocamenti in vista
- Non passa nessuno dei due: ristrutturazione radicale di quell’area e “rifondazione” liberal-democratica con altri protagonisti.
Alle armi, alle armi.