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25 Febbraio 2025Per quelli della mia generazione, ma penso anche per parecchi assai più giovani, l’espressione “comprensione del testo” richiamava alla mente le certificazioni in lingua straniera. Sono esercizi dove si deve dimostrare la padronanza di una lingua tale da cogliere esattamente cosa “dica” un testo scritto (più o meno complicato in base al livello di certificazione). È un test a risposta multipla dove più possibili risposte sono plausibili e dunque non è sufficiente capire genericamente di cosa si parla bensì è richiesta la capacità di comprendere alla lettera il testo. Fino a poco tempo fa, a pochi sarebbe venuto in mente di associare la comprensione del testo alla lingua madre. Semplicemente perché si dava per scontata.
Fino a poco tempo fa, appunto. In effetti ultimamente mi è spesso capitato di pensare che molti italiani NON capiscano quello che leggono (in italiano). Sarà un generale degrado del livello culturale, sarà la minore proclività alla lettura, sarà la disattenzione, sarà che sempre più sovente la gente forza inconsapevolmente l’interpretazione di ciò che legge per trovare conferme a ciò che già pensa, sarà non so cosa.. ma sempre più capita di imbattersi in malintesi generati da non comprensione di ciò che si dice o scrive. Caso esemplare la furiosa polemica circa le parole di Mattarella che avrebbe asseritamente paragonato la Russia al Terzo Reich. Ora, queste le parole di Mattarella (ovviamente un estratto):
Una riflessione sul futuro dell’ordine internazionale non può prescindere da un esercizio di analisi che, guardando alle incertezze geopolitiche che oggi caratterizzano il nostro mondo, richiami alla memoria la successione di eventi, di azioni o inazioni, che condussero alla tragedia della Seconda Guerra Mondiale. La storia non è destinata a ripetersi pedissequamente, ma dagli errori compiuti dagli uomini nella storia non si finisce mai di apprendere.
La crisi economica mondiale del 1929 scosse le basi dell’economia globale e alimentò una spirale di protezionismo, di misure unilaterali, con il progressivo erodersi delle alleanze. La libertà dei commerci è sempre stata un elemento di intesa e incontro. Molti Stati non colsero la necessità di affrontare quella crisi in maniera coesa, adagiandosi, invece, su visioni ottocentesche, concentrandosi sulla dimensione domestica, al più contando sulle risorse di popoli asserviti d’oltremare. Fenomeni di carattere autoritario presero il sopravvento in alcuni Paesi, attratti dalla favola che regimi dispotici e illiberali fossero più efficaci nella tutela degli interessi nazionali. Il risultato fu l’accentuarsi di un clima di conflitto – anziché di cooperazione – pur nella consapevolezza di dover affrontare e risolvere i problemi a una scala più ampia. Ma, anziché cooperazione, a prevalere fu il criterio della dominazione. E furono guerre di conquista.
Fu questo il progetto del Terzo Reich in Europa. L’odierna aggressione russa all’Ucraina è di questa natura.
Queste le parole del Presidente. Se su questo testo imbastissimo un esercizio di comprensione del testo la risposta corretta sarebbe: “L’aggressione all’Ucraina è una guerra di conquista”. Punto. Per l’ovvia consequenzialità del ragionamento: se si creano determinate condizioni (chiusura degli scambi commerciali, ripiegamento sulla dimensione domestica, instaurazione di regimi illiberali ecc.), poi inevitabilmente l’esito finale sono le guerre di conquista –> negli anni ’30 del secolo scorso la guerra di conquista è stata messa in atto dal Terzo Reich –> oggi si sono ricreate le stesse condizioni di allora e puntualmente si è verificata una guerra di conquista, quella attuata dalla Russia contro l’Ucraina.
Un ragionamento di contesto, in cui tutto l’accento era tutto sulle condizioni prodromiche (che evidentemente Mattarella auspica si debba fare di tutto per evitare), del tutto asettico e se vogliamo paradossalmente quasi assolutorio, perfino nei confronti del Terzo Reich, quasi che la guerra di conquista sia un evento necessitato (quindi non è poi così decisivo chi ne è l’autore) nelle condizioni date. In nessun modo era dunque un’equiparazione, un parallelismo, un accostamento della Russia al Terzo Reich.
La furente reazione della Russia (e le nemmeno tanto velate minacce), nella persona di Maria Zakharova (già distintasi per tutta la durata della guerra ucraina per toni a dir poco sopra le righe), è dunque nel merito totalmente infondata. Del resto, non c’era da aspettarsi nulla di diverso. Sia perché tutto l’entourage del Cremlino ha fatto del “chiagni e fotti” (lamentarsi di presunti torti subiti per coprire le proprie colpe) un’arte sopraffina, sia perché oggettivamente il tema è sensibilissimo per la Russia che, in assoluta continuità da Stalin a Putin, ha costruito tutta la propria autonarrazione, e la sua stessa identità nazionale, sul mito della Grande Guerra Patriottica, la lotta e la vittoria sul nazismo invasore e l’enorme tributo di sangue offerto alla causa. Naturalmente, sorvolando allegramente sul Patto Molotov Ribbentrop. Ma sarebbe chiedere troppo.
Quindi, lasciamo pure perdere la Zakharova e i suoi deliri (beh, magari una convocazione dell’ambasciatore russo per chiarimenti ci stava..). Interessante (e desolante) è la reazione in Italia.
Da un lato i social traboccano di commenti indignati alla presunta e infondata (come ho cercato di argomentare) equiparazione della Russia al Terzo Reich. E qui troviamo di tutto. I dotti che ricordano i milioni di morti russi nella guerra (che nessuno nega, ma che c’entrano?), i truci che offendono il Presidente di cui dichiarano di vergognarsi, qualcuno che accusa nientepopodimeno Mattarella di aver rischiato che la Russia ci dichiari guerra.. Ma non solo scappati di casa, anche il venerato professor Canfora, storico, grecista e filologo, (nel solito Fatto Quotidiano), sposando in toto la bufala dell’equiparazione (e sì che è storico, grecista e filologo.. !), si produce in una dettagliata ricostruzione degli accordi di Monaco ’38, dove precisa che c’erano di mezzo anche Polonia e Ungheria, ricorda che anche in Gran Bretagna c’era una forte fazione filonazista, tutte cose che non c’entrano un tubo.. per concludere che i paragoni con la situazione geopolitica attuale sono infondati, “in comune non c’è assolutamente nulla, se non per la fantasia di qualcuno”.
Ma soprattutto questa vicenda ha dato l’opportunità di applicare anche da noi la collaudatissima tecnica del “chiagni e fotti”. Si coglie la scusa di dover difendere la Russia da un’ingiusta e infamante accusa per fare passare una paradossale (e perfino imbarazzante per la misura della mistificazione) narrazione filo Putin. Capofila di questa corrente è la banda del Fatto Quotidiano (vero ideologo della santificazione di Putin). Che si basa su un falso assunto ripetuto ossessivamente: che la pace fosse possibile dopo l’aggressione se non fosse stato per i guerrafondai occidentali. Contrariamente all’evidenza, alla totale indisponibilità di Putin a fermarsi più volte dimostrata di fronte ai più diversi interlocutori. E via con la Russia che ha reagito all’espansione della NATO (dimenticando che le adesioni alla NATO dei vari Paesi sono state tutte volontarie, mentre dall’altra parte l’espansione si attua invadendo i vicini o influenzando le loro libere elezioni), il tradimento degli accordi di Minsk. E il peloso richiamo al pacifismo, ai milioni di vittime, ai danni provocati (tutti imputati solo a una parte), alla scellerata corsa agli armamenti. Il tutto condito da una appena trattenuta ma evidente soddisfazione per gli sviluppi delle vicende, per l’avvento di Trump e la possibile umiliazione della UE e dell’Ucraina, la contrapposizione grottesca tra i guerrafondai e i pacifisti arrivando persino a dire che è Zelensky l’aggressore. Con punte inarrivabili di delirio – letto anche questo – secondo cui i Paesi UE vogliono la guerra contro il parere dei loro cittadini che invocano la pace mentre al contrario il consenso di Putin in patria è altissimo. Quindi, è Putin, il democratico, il corretto interprete della volontà popolare, i governi occidentali sono i falsi democratici (con l’eccezione dell’ottimo Orban & C. naturalmente).
Nel mondo politico questo fronte, più o meno velato, è composito. Ma trova i più clamorosi sostenitori in Salvini e Conte, particolarmente ringalluzziti dall’avvento di Trump.
Peggio di così non si può? Nemmeno questa consolazione.. come nell’indimenticato film di Mel Brooks “potrebbe andare peggio, potrebbe piovere”. Detto fatto, ecco l’ideona di Salvini che candida Trump a Premio Nobel per la Pace..
Immagine di copertina © Il Giornale