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24 Febbraio 2025Ai tempi in cui andavo alle elementari si celebrava la Giornata Mondiale del Risparmio (24 ottobre): un funzionario di banca veniva a spiegarci quanto risparmiare fosse importante per noi, per la nostra famiglia, per la nostra vita. E poi ci venivano regalati dei piccoli salvadanai, dove mettevamo le nostre monetine risparmiate qua e là.
Quando oggi vengo chiamato a parlare nelle scuole di finanza etica o di rapporto consapevole col denaro, mi diverto a chiedere ai ragazzi quanti di loro hanno mai sentito dire che “le banche sono tutte ladre” o cose del genere. La stragrande maggioranza alza la mano.
Sono passati tanti anni, ma evidentemente fra scandali e ruberie varie si è almeno in parte perso quel patrimonio enorme di fiducia e rispetto che le banche avevano accumulato nel tempo, e recenti studi hanno dimostrato che l’idea della banca e della finanza come ambienti potenzialmente “sporchi” è comune nel mondo occidentale.
L’idea e la speranza che si possa fare finanza e banca in maniera diversa ed eticamente indirizzata ha preso sempre più piede in questi ultimi decenni, anche perché sempre di più ci si domanda se il modello di sviluppo adottato dal genere umano sia compatibile non solo rispetto ai rapporti interpersonali e di classe sociale, ma anche rispetto all’ambiente e alla sua tutela.
L’idea di finanza etica però non è recente: essa nasce nel diciannovesimo secolo e le sue radici possono essere trovate fra i movimenti religiosi, in particolare fra i quaccheri e i metodisti, che propugnavano dei rapporti interni alla propria comunità basati – fra l’altro – sui principi della temperanza e delle eque condizioni di lavoro. Fu all’inizio del Novecento che la Chiesa Metodista del Nord America decise di investire nel mercato azionario, avendo in precedenza considerato tale pratica alla stregua di una scommessa da bisca. Da subito vennero imposti dei paletti: venivano esclusi dagli investimenti certi tipi di aziende, in particolare quelle coinvolte nel gioco d’azzardo e nell’alcol. Seguirono a ruota i quaccheri, che aggiunsero l’esclusione delle aziende coinvolte nella fabbricazione di armi.
Nel pieno della guerra del Vietnam (1971) venne fondato negli Stati Uniti il primo fondo di investimento etico, chiamato Pax Fund, che oltre alle precedenti categorie escluse di investire – fra l’altro – nelle aziende che in qualche modo fossero connesse alla produzione e alla commercializzazione del cosiddetto Agente Arancio, il defoliante che veniva spruzzato nelle giungle vietnamite.
Fra gli anni Sessanta e i Settanta anche nel Regno Unito iniziarono le riflessioni legate al concetto di finanza etica. Il predicatore metodista Charles Jacob nel 1972 divenne gestore del fondo d’investimento della sua chiesa di appartenenza, e da lì sviluppò il suo interesse per gli investimenti etici. Nacque in quel periodo la UK Sustainable Investiment & Finance Association, di cui Jacobs divenne direttore. Per comprendere meglio l’importanza di questi fatti, ricorderò che fu anche grazie all’attività di persone e gruppi di interesse legati alla finanza etica che nacque l’idea di isolare politicamente ed economicamente il regime dell’apartheid sudafricano, che venne infine abolito nel 1993.
In Italia le radici dell’idea della finanza etica possono esser fatte risalire ai sistemi bancari e mutualistici del XIX secolo dai quali nacquero i crediti cooperativi, le casse rurali, le mutue di assistenza e in genere tutti gli istituti finanziarti che non si ponevano come primo ed esclusivo obiettivo la massimizzazione del profitto, ispirandosi ad idee di condivisione delle risorse a favore vuoi del territorio di riferimento, vuoi a categorie di persone precedentemente non considerate particolarmente interessanti per il mondo bancario e finanziario classico.
Anche in Italia però i decenni cruciali per la nascita di strutture bancarie o finanziarie dedicate esclusivamente alla finanza etica furono gli anni Sessanta e Settanta, quando una serie di eventi sociali ed economici portarono alla ribalta delle pulsioni democratiche, pacifiste ed egualitarie come mai prima.
Le MAG – MAGVenezia
Da questi ideali nacquero le MAG (Mutue AutoGestione), con l’obiettivo primario dell’inclusione finanziaria di soggetti non bancabili attraverso vari strumenti e servizi. La prima MAG fu fondata a Verona il 22 dicembre 1978. Due anni dopo nacque MAG2 in provincia di Milano. Dopo un complesso percorso frutto di processi differenti che hanno visto alcune organizzazioni scomparire (è il caso di Autogest di Udine e di Mag7 di Genova) e altre trasformarsi (Mag3 di Padova, diventata nel 1987 Ctm-Mag e poi Etimos) oggi le MAG attive oltre a Verona e Milano sono: MAG4 (nata a Torino nel 1987), MAG6 a Reggio Emilia (1988), MAG Venezia (1992), MAG Roma (2005) e MAG Firenze (2013) Nel 2018 diventa operativa la MAG delle Calabrie, il primo operatore a Sud di Roma che si ispira ai principi della Finanza Mutualistica e Solidale. Nel 2020 con l’aiuto di MAG Firenze si costituisce la MicroMAG Altrotirreno operativa nei territori di Pisa, Pistoia, Massa Carrara.
MAG Venezia dal punto di vista societario è una società cooperativa senza scopo di lucro che promuove e realizza la finanza etica per collaborare a costruire un’economia che privilegi l’uomo e le relazioni, rispettosa dell’ambiente e del territorio, sostenendo realtà cooperative e del terzo settore radicate nel tessuto sociale e locale.
Il cuore dell’attività è costruire un’economia sostenibile e solidale dove l’attenzione ai valori umani prevalga sulla esclusiva legge del mercato, dove la relazione tra le persone abbia più valore dei beni che queste posseggono, dove le persone partecipino, dove si accolgano le diversità, dove vigano rapporti personali di fiducia, dove si gestisca il denaro secondo criteri non speculativi, dove la trasparenza sia un valore fondamentale.
MagVenezia oggi raccoglie la partecipazione di quasi 500 soci che prendono parte alla vita della cooperativa in modi e con contributi diversi. La sua attività si esplica in vari ambiti, suddivisibili nelle tre aree Finanza Solidale, Soci e Attività.
MagVenezia e le altre Mag in italia danno vita a un coordinamento che agisce in base ai principi comuni raccolti nel Manifesto della Finanza Mutualistica approvato dal coordinamento delle Mag (MAGico) nel suo incontro del 22 attobre 2010 a Torino.
Nel 1995 venne modificata la legge bancaria, che impose alle società finanziarie un capitale minimo di 1 miliardo di lire oltre ad introdurre il divieto per le società diverse dalle banche di esercitare sia raccolta di risparmio che finanziamenti: un grosso cambiamento capace di mettere in ginocchio molte piccole realtà, come le stesse MAG. Da questo mutato scenario legislativo è partita l’esperienza del Consorzio Finanza Solidale; per costituire questo nuovo soggetto cui spettasse il compito di erogare i finanziamenti MagVenezia si è anzitutto alleata con un’altra Mag, quella di Udine, che aveva deciso di chiamarsi Autogest: da qui è nato il Consorzio Finanza Solidale, che è stato un intermediario finanziario autorizzato dalla Banca d’Italia.
Gli anni Duemila e Duemiladieci sono stati caratterizzati dall’elaborazione e dalla sperimentazione di strumenti finanziari a sostegno dello sviluppo locale e del welfare, tra i quali assumono particolare rilievo il microcredito, la consulenza per chi è eccessivamente indebitato e l’alfabetizzazione finanziaria.
Queste attività hanno completato quella del Consorzio Finanza Solidale, che ha offerto finanziamenti di vario tipo a soggetti imprenditoriali che promuovono la crescita di una società equa e in continuo rinnovamento.
Dal 2013 MagVenezia si è trasferita a Mestre, in una nuova sede in grado dare maggiore visibilità alla finanza solidale e alla presenza di Mag nel territorio.
Banca Etica
Facciamo un passo indietro e torniamo alla modifica della legge bancaria del 1995, che funse da impulso ulteriore per un nuovo progetto molto ambizioso: la fondazione dal basso di una banca che – nel rispetto della normativa e dei principi della finanza etica – potesse essere presente su tutto il territorio nazionale con una gamma completa di prodotti bancari e finanziari. Il 24 dicembre del 1994, MagVenezia fu tra i soci fondatori dell’Associazione Verso la Banca Etica. Fu un passaggio per certi versi pionieristico, ma dopo quattro anni di intenso lavoro la Banca d’Italia concesse la licenza bancaria a questa nuova entità, che aprì ufficialmente il suo primo sportello l’8 marzo 1999. Ciò permise di focalizzare e declinare in concreto i principi ispiratori della finanza etica, che sono riportati nello statuto di Banca Etica.
La finanza etica è quel settore della finanza che mira a tutelare interessi generali, che vanno oltre il corretto funzionamento del mercato, come la tutela dell’ambiente e gli interessi economici dei portatori di interessi che entrano in relazione con l’intermediario finanziario.
I tratti distintivi della finanza etica sono quindi i seguenti:
– servire l’economia reale e le comunità, fornendo credito per sostenere la creazione di posti di lavoro e l’inclusione sociale attraverso l’imprenditoria sociale.
– evitare qualsiasi forma di speculazione e concentrarsi sull’economia reale, piuttosto che gli interessi di mercati secondari o terzi che fanno soldi con i soldi. Si riconosce che l’inclusione finanziaria attraverso concrete iniziative imprenditoriali è una priorità a lungo termine per promuovere una maggiore giustizia economica. In questo contesto, giustizia economica significa garantire che tutti i cittadini possano accedere a servizi finanziari che siano veramente utili per il successo delle loro imprese e per il loro benessere.
– gestire il denaro in modo trasparente, abbattendo le barriere tra chi deposita e chi riceve prestiti, pubblicando ad esempio l’elenco dei mutuatari e consentendo ai depositanti di indicare come desiderano che la banca utilizzi i loro fondi.
– adottare una governance partecipativa. Gli istituti finanziari che seguono i principi della finanza etica applicano questo principio nel loro funzionamento interno, rendendolo un fondamento della loro operatività, e spesso richiedono lo stesso modello anche ai loro clienti.
La banca etica si propone di creare opportunità di investimento non speculativo del risparmio, inteso come bene individuale che contribuisce al bene comune della comunità. Gli investimenti etici o solidali sono quindi finalizzati al finanziamento di iniziative operanti nel campo dei servizi sociali, dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile (si tratta del cosiddetto approccio Triple P: People, Planet, Profit), ed è proprio per queste finalità che la banca etica esclude tutti gli investimenti in settori che, seppur redditizi, non siano coerenti con una visione etica dell’uso del denaro. Sulla base delle tradizionali analisi ESG (ambientali, sociali e di governance), un esempio di investimento eticamente responsabile è rappresentato dai progetti di green building, ovvero abitazioni che si caratterizzano per un basso impatto ambientale grazie all’impiego di materiali sostenibili e di energie rinnovabili.
In coerenza con i propri obiettivi, una banca etica si propone anche di sviluppare nuovi percorsi nell’ambito del crowdfunding, uno strumento che consente di avviare una campagna di raccolta fondi che si svolge online e che serve a finanziare iniziative incentrate su temi di primario interesse economico o sociale e che coinvolgono la comunità in un articolato progetto di recupero di un bene comune o iniziative dal forte impatto collettivo.
Banca Etica, caratterizzata da uno spirito mutualistico, dalla partecipazione dei soci e dei risparmiatori alle scelte dell’impresa, dall’attenzione allo sviluppo delle comunità locali e da un’equa distribuzione delle risorse, ha escluso fin dall’inizio alcuni settori dalla possibilità di accesso ai propri finanziamenti (armi, alcolici, petrolio) e, nel corso degli anni, si è aperta a numerose imprese sociali promuovendo iniziative di sviluppo in settori socialmente rilevanti quali il turismo sostenibile, le energie rinnovabili, l’innovazione sociale. A titolo esemplificativo, a settembre 2020 il Gruppo Banca Etica ha aperto un bando finalizzato a sostenere progetti educativi inclusivi capaci di offrire opportunità formative e culturali a bambini e ragazzi tra i tre e i diciotto anni in condizioni di povertà economica o disabilità psichica, aggravate dagli effetti della pandemia da Covid-19. Dei dodici progetti che hanno superato la selezione, otto hanno raggiunto, grazie al crowdfunding, il 75% del budget previsto e sono stati cofinanziati dal Gruppo Banca Etica per il restante 25%. L’ultimo bando (settembre-dicembre 2024) ha invece avuto l’obiettivo di cofinanziare in crowdfunding progetti finalizzati alla ristrutturazione, rigenerazione e nuovi interventi di efficientamento energetico degli edifici strumentali di enti e organizzazioni del Terzo Settore e aziende agricole.
L’esistenza delle banche etiche in diversi paesi europei ha ispirato una serie di norme a livello nazionale e comunitario, per definire un contesto normativo inequivocabile. Per la legge italiana (Testo Unico Bancario) sono operatori finanziari di finanza etica e sostenibile solo le banche che si ispirano ai principi prima elencati, cui si aggiunge l’obbligo di reinvestimento dei profitti nella propria attività (le banche etiche non distribuiscono dividendi) e l’adozione obbligatoria di politiche retributive tese a contenere al massimo la differenza tra la remunerazione maggiore e quella media della banca: il più alto stipendio in una banca etica dev’essere al massimo cinque volte il più basso.
Alla fine del 2024 è stato reso noto l’ultimo rapporto sugli stipendi dei top manager bancari nella zona Euro, riferito al 2023: 2.122 hanno guadagnato più di un milione di Euro, il 5,21% in più rispetto al 2022. Di questi, ben 354 sono italiani. Immaginate se per tutti valesse la norma del rapporto 5:1 che il Testo Unico Bancario prescrive per le banche etiche: il più basso stipendio dovrebbe essere pari almeno a 200.000 Euro all’anno! Sia chiaro: qui non si sta facendo l’inno al pauperismo. Ma la questione del rapporto fra salari massimi e medi nelle aziende si inserisce a pieno diritto nel dibattito sulle disuguaglianze economiche e della conseguente distribuzione delle ricchezze, che dovrebbe essere uno dei temi al centro dell’attenzione dei governi mondiali.
Sostenibilità di una banca etica
Alle volte mi sento chiedere: “Com’è possibile che una banca etica cammini con le proprie gambe?”. La domanda presuppone l’accettazione quasi supina di un concetto tipico dell’economia classica, secondo la quale il faro unico e indiscutibile di ogni impresa dev’essere la massimizzazione del profitto, con i corollari per cui ciascuna impresa si deve necessariamente concentrare sui settori in cui i propri margini di guadagno sono percentualmente superiori.
Le banche etiche rifiutano quest’idea in funzione di un bene superiore che s’intende tutelare. Se – per fare un esempio – le produzioni altamente inquinanti fossero le più redditizie, una banca etica eviterebbe di investire su di esse, invitando a ragionare sull’effetto distruttore dell’intero ecosistema.
Secondo un rapporto della Consob più di 4 italiani su 10 non comprendono il significato del termine “inflazione”, il 20% dei decisori finanziari delle famiglie afferma di non avere familiarità con alcun prodotto, mentre il restante 80% dichiara per lo più di conoscere solo depositi bancari, titoli di Stato e obbligazioni bancarie. Quasi la metà di essi ha comunque in portafoglio dei prodotti di cui non comprende la struttura. Una delle campagne condotte da qualche anno da Banca Etica si chiama quindi “Non con i miei soldi”, e si pone l’obiettivo di favorire l’educazione finanziaria in Italia al fine di definire le proprie scelte di risparmio in coerenza coi propri principi etici. Qualcuno mi ha fatto notare che la materia è molto complessa e che questo è un obiettivo utopistico, ma se negli ultimi trent’anni è aumentata considerevolmente la percentuale di chi legge le etichette dei prodotti che acquista (soprattutto quelle dei generi alimentari), io credo sia un diritto del risparmiatore leggere bene e comprendere l’ “etichetta” di un prodotto finanziario, così come ritengo sia un dovere dell’intermediario finanziario spiegarla correttamente e nella maniera più semplice possibile. Oltre a ciò, tutto dovrebbe essere presentato e discusso in maniera prospettica, nel senso che dovrebbe essere compreso che le scelte individuali di oggi hanno un effetto non solo su chi sceglie, ma anche sui suoi cari, sulla sua comunità, sull’ambiente che ci circonda, sulle generazioni future.
Torniamo quindi alla questione della sostenibilità di una banca etica. In Italia – come abbiamo visto – esiste una sola banca che si ispira ai principi della finanza etica, ma in Europa esistono la Global Alliance for Banking of Values (GABV) e la Federazione Europea delle Banche Etiche ed Alternative (FEBEA), che contano ben ventidue associati. Alla fine del 2023 è stata pubblicata la sesta edizione del Rapporto sulla Finanza Etica in Europa (https://finanzaetica.info/landing/sesto-rapporto-sulla-finanza-etica-e-sostenibile-in-europa/), che ha messo a confronto queste ventidue banche con sessanta grandi banche sotto la diretta supervisione della Banca Centrale Europea (BCE).
Per chi non mastica la materia, i risultati potrebbero risultare sorprendenti: la redditività (ROE e ROA) delle Banche Etiche è stata nettamente superiore a quella delle banche “tradizionali”; il credito nelle Banche Etiche rappresenta il 65,4% degli attivi, contro il 50,8% delle banche “tradizionali”, che preferiscono attività finanziarie di diverso tipo; la solidità patrimoniale delle Banche Etiche è migliore di quelle “tradizionali” (rapporto fra patrimonio netto e passività totali pari in media all’8,2%, contro il 6,20%); il rapporto depositi/patrimonio netto nelle Banche Etiche è pari al 79,3%, mentre nelle banche “tradizionali” è del 68,7%.
La scelta di affidarsi ad una banca che si ispiri ai principi della finanza etica è quindi partita decenni fa come una sorta di utopia, ma oggi è una delle possibilità che si presentano di fronte al risparmiatore, che molto più di prima può decidere sulla base di una scelta ponderata e coerente.
Oggi Banca Etica è ancora una piccola realtà, ma partendo da zero e mantenendosi sempre indipendente dai grandi gruppi economici e finanziari, dopo venticinque anni (dati fine 2023) può contare su 47.931 soci, oltre 92 milioni di capitale sociale, 114.000 clienti, 21 filiali in Italia, una rete di consulenti finanziari di finanza etica (CFE) in tutte le province italiane. In più nel perimetro del suo bilancio consolidato presenta una Società di Gestione di Risparmio (Etica SGR) che gestisce oltre otto miliardi di Euro. Oltre a ciò, questa banca – che partì dal basso e che a dispetto di alcune fosche previsioni iniziali è ora una realtà consolidata nel panorama finanziario italiano – ha ispirato con la sua storia dei gruppi di persone, associazioni e cooperative che dalla Spagna hanno chiesto di intraprendere anche là un percorso simile. E quindi oggi Banca Etica conta anche tre filiali in Spagna.
Senza voler fare dei paragoni del tutto inappropriati, mi piace pensare che l’idea della finanza etica possa essere come il biblico granello di senape, che infinitamente piccolo si trasforma in una pianta rigogliosa e può essere usato per dare un diverso sapore alle pietanze che si servono in tavola.