La débacle dell’ex Terzo Polo
11 Giugno 2024Meloni, Schlein, Salis: il potere cambia sesso?
14 Giugno 2024Queste elezioni europee definiscono un quadro solo leggermente diverso da quello della tornata precedente: rincula Renew Europe in virtù della pesante sconfitta in territorio francese da parte di Macron perdendo 23 seggi, S&D perde “solo” 5 seggi nonostante la mezza debacle di Scholtz in Germania, avanza il PPE ma di soli 8 seggi, mentre ECR (di cui FdI fa parte) recupera 5 seggi che sono tutti appannaggio della performance di Giorgia Meloni. A sinistra si lasciano sul campo una ventina di seggi.
La conseguenza logica è che nonostante gli strali lanciati contro Ursula von der Leyen sarà ancora lei a presiedere la Commissione europea con una maggioranza larga quanto la precedente.
C’è da capire cosa ne sarà del ruolo di “detta Giorgia” dal momento che il suo raggruppamento ECR è visto come un avversario irriducibile da molta parte degli altri che sostengono la “maggioranza Ursula”.
Va detto che Meloni è l’unica fra i capi di governo dei Paesi europei più rappresentativi a portare a casa un risultato più che lusinghiero e i suoi buoni rapporti con Ursula vdL potrebbero fare aggio sulle resistenze. Ma vedremo gli sviluppi nelle prossime settimane.
L’analisi del voto riportato sul terreno nostrano ci dice che la polarizzazione Giorgia Meloni vs Elly Schlein è stata confermata. Sono le due donne leader di FdI e Pd le vincitrici di queste elezioni europee, pur in un quadro evidentemente non assestato (affluenza bassissima).
C’è il Pd che in un certo senso beneficia della forza della premier, essendo riuscito a fare la parte del famoso «argine» alla destra – e alla Lega di Salvini-Vannacci, che ha scelto di coprire uno spazio addirittura più a destra di tutti e che ha però rafforzato la nuova identità estremista del partito, quella proprio di Vannacci, che ha avuto un notevole successo personale – costruendo una posizione strategicamente perfetta per recuperare voti a sinistra e tra gli astenuti.
Elly Schlein ha imposto una sterzata a sinistra soprattutto in questa chiave ed è stata abile a dare un’anima a un partito cloroformizzato
Il successo, indubbio, della sinistra e Verdi, è un segnale netto della presenza di una sensibilità ambientale e radicale presente nel paese che va più considerata e che è bene trovi una rappresentanza, ma avviene ad una distanza di percentuali dal PD tale che non crea competizione, ma rafforzamento reciproco, tanto più se il Pd non potrà ignorare che nel proprio campo si è consumato il suicidio annunciato di Azione e Stati Uniti d’Europa che, insieme, sprecano un interessante 7% di voti riformisti che pagano il confitto personalistico dei leader.
C’è però un’evidente crisi del progetto ex terzopolista-macroniano (in linea con il naufragio del presidente francese), sia Stati Uniti d’Europa sia Calenda non hanno agguantato il quattro per cento: il bipolarismo è ormai pienamente interiorizzato dagli italiani anche in un contesto elettorale prettamente proporzionale.
I movimenti di voti ci possono essere all’interno delle coalizioni (tipicamente nel centrodestra) o degli schieramenti come nel centrosinistra con il travaso di voti ex M5S verso PD e AVS, ma lo zoccolo duro dei liberali-progressisti rimarrà sempre ai minimi termini se non si farà chiarezza dentro quale coalizione si vuole stare.
Pur in una votazione di puro sistema proporzionale è scattato ancora una volta il richiamo del “voto utile” ad arginare la destra.
Anche perché le analisi renziane sulle quali si è basata la strategia politica prima del fu “Terzo Polo” e poi di Stati Uniti d’Europa si sono rivelate inesatte:
1) il M5S dato per morto e defunto prima del voto del 2022
2) la debolezza di FI da cui si sarebbero pescate valanghe di voti
Si è rimasti al palo senza riuscire a far emergere un terreno davvero fertile e coltivabile.
E se vogliamo spezzare il capello in 4 andrebbe rilevato come la Lista Calenda da sola supera il contributo delle singole componenti che costituivano la lista Stati Uniti d’Europa qualunque peso si voglia attribuire a ciascun partito/movimento.
A cui bisogna aggiungere che il portato di +Europa alle ultime politiche del 2022 era del 2,8%: non proprio un grande risultato di SUE anche se Renzi, in termini di preferenze, surclassa Calenda raccogliendo più del doppio dei consensi personali pari a 195.000 che è una cifra imponente per una lista che racimola solo il 3,76%.
Diciamo anche che Giorgia Meloni prende due punti in più rispetto alle politiche, passando dal 26 al 28 per cento, gli stessi guadagnati dalla maggioranza nel suo complesso, che resta comunque almeno un paio di punti sotto la somma delle opposizioni.
Meloni conferma dunque la regola secondo cui le europee consolidano le leadership al governo, ma con numeri ben al di sotto del trionfo toccato a Matteo Renzi nel 2014 (40,8) e Matteo Salvini nel 2019 (34,2).
Nel campo opposto è il Partito democratico di Elly Schlein ad affermarsi nettamente su tutti gli altri, con il 24 per cento, un balzo di ben cinque punti rispetto alle politiche, in una coalizione che si sposta a sinistra anche grazie all’ottimo risultato dell’Alleanza Verdi Sinistra (oltre il 6), al pessimo risultato del Movimento 5 stelle (al 9) e al suicidio rituale dei due litiganti, entrambi sotto la soglia di sbarramento.
La cosa irrituale è che nel confronto delle preferenze all’interno del PD prevalgono largamente i rappresentanti della corrente “riformista” con il che si può pensare che su di loro siano confluiti anche un po’ di voti in fuga dal terzopolismo.
I cui leader hanno cominciato a fare qualche riflessione che li porta di nuovo su sponde opposte.
Calenda: “Nelle prossime ore riunirò gli organi del partito e discuteremo del risultato e dei prossimi passi. personalmente, non vedo alternative a continuare sul percorso che Azione ha intrapreso, per quanto difficile possa essere.”
Renzi: “I cittadini hanno scelto e i cittadini hanno sempre ragione: auguro agli eletti di onorare l’impegno a Strasburgo facendo loro i complimenti più sinceri. Noi, dal Parlamento italiano e dai nostri ruoli di responsabilità, continueremo a fare la nostra parte col sorriso di chi sa che è meglio rischiare e perdere un’elezione che vivacchiare e perdere una sfida. Personalmente credo che il percorso – necessario – per la costruzione di questa casa libdem, riformista e popolare debba essere portata avanti da persone nuove, diverse da chi ha fatto fallire il Terzo Polo. Non si può ripartire da capo con i protagonisti delle recenti telenovelas.”
Vi è in Carlo Calenda un atteggiamento che lo porta a presagi negativi quasi a trovarne conforto per evitare una diagnosi senza sconti sulla visione strategica che ha portato Azione ad una sorta di autoisolamento volontario e velleitario.
Mentre il treno di Matteo Renzi è “ingiustamente” passato – gli elettori non nutrono più fiducia nei suoi progetti – e, causa di una campagna di mostrificazione senza precedenti, è odiato a dei livelli impressionanti ed il 3,76% di queste Europee ne è la conferma.
Oggi l’importante è utilizzare quello che è successo come messaggio per il futuro.
E in Veneto cosa si dice?
La cosa più sfacciata che si potesse pensare: si passa da una “cultura” leghista, autonomista fino al parossismo incentrata sulla figura di Zaia, Presidente leghista da una vita, a un’adesione al partito FdI che più nazionalista e sovranista non è dato, lasciando liberamente scorrazzare chi non si perita di farsi nemmeno le domande più banali e si lancia in proclami autoreferenziali: «dai veneti messaggio chiaro, vogliono FdI come guida».
Le Europee si sono dimostrate ancora una volta un grande sondaggio d’opinione e l’atteggiamento dell’elettorato è lì a dimostrarlo partendo da un tasso di astensione come mai era stato nella storia elettorale d’Italia.
Quando si tratterà di “far sul serio” ci saranno invece altre sorprese, o almeno così si spera.