
COSTUME & MALCOSTUME – I “cristiani” e gli altri animali domestici
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Gli emendamenti alla proposta Casellati-Meloni. Alcune domande al prof. Carlo Fusaro
12 Febbraio 2024Se analizziamo la situazione politica nazionale con un minimo di attenzione si possono cogliere alcuni aspetti interessanti che potrebbero portare a considerazioni altrettanto stimolanti.
La Destra-Centro anche se apparentemente sembra granitica e inscalfibile in realtà contiene tre anime distinte e distanti tra loro molto più di quanto appaia.
Oltre che vivere in una palese e stridente contraddizione fra i pronunciamenti e le promesse sparse a piene mani in campagna elettorale e gli atteggiamenti vagamente più “governisti” imposti dalla realtà dei fatti e dal contesto dei rapporti internazionali, oltre che dall’economia reale e dalla finanza imperante.
C’è l’anima nazional-populista interpretata in prima persona dalla Presidente del Consiglio Meloni che non perde occasione per richiamarsi alla “Nazione” e per accarezzare ogni pulsione che rappresenti segmenti e settori estremamente peculiari, senza mai porsi il problema dell’interesse collettivo ma piuttosto quello delle singole lobby (sempre che di lobby si possa parlare), dei microcosmi di stampo clientelare: come definire diversamente ad esempio i taxisti, i concessionari balneari?
Per non parlare della questione tuttora aperta dell’Agricoltura, dove alle strizzate d’occhio rivolte ad un bacino palesemente schierato (Coldiretti) si contrappone l’insanabile contraddizione fra le penalizzanti decisioni governative e la rincorsa a rimediare, in barba agli equilibri di finanza pubblica, in antagonismo alle disposizioni europee, in spregio a tutti i pronunciamenti sul Green Deal e sulla conversione ecologica.
Anima nazional-populista ulteriormente avviluppata nei meccanismi pseudo clientelari perché i rapporti “istituzionali” sono lasciati in mano ad un personale politico del tutto inadeguato e improbabile, figlio di stagioni di assoluta indisponibilità governativa e di una cultura ipercentralista nemica per vocazione e per missione del mercato, ancorché regolato e sorvegliato dalla politica.
C’è l’anima sovranista e ribellista, radicalmente antieuropea, interpretata dal campione di giravolte e di incoerenza politica, Matteo Salvini che governa stalinianamente la Lega che ancora oggi, dopo tutte le prove e riprove di inaffidabilità non si capisce come riesca a raccogliere consensi e come riesca a tenere assieme persone di cosiddetto buon senso, anche se non sempre campioni di buona amministrazione, con personaggi del tutto inadeguati e “folcloristici” oltre che provocatori.
C’è l’anima moderata e vocatamente centrista di Forza Italia che si è barcamenata in tutto questo bailamme fin tanto che c’è stato Berlusconi, reduce dalla mancata “rivoluzione liberale” anche se vincente in alcune occasioni elettorali, comunque capace di tenere assieme le diverse e contraddittorie anime del Centro-Destra. Adesso cerca di sopravvivere ancorandosi al suo ricordo e provando a darsi una veste “liberale” smentita ad ogni piè sospinto dall’adesione a politiche di governo che vanno in tutt’altra direzione.
Ed è un continuo battibeccare fra le tre anime, un continuo mercanteggiare al ribasso, un continuo misurare i rapporti di forza interni più che puntare all’affermazione di valori e di una visione per il futuro del Paese: si governa per strappare consensi quotidiani e si rinuncia a compiere la missione della Politica, orientare i diversi interessi dei cittadini verso un approdo comune e condiviso dai più.
D’altra parte, in una società così frastagliata e così orientata a lasciarsi irretire da una comunicazione superficiale, arruffata, ma vieppiù condizionante, servirebbe un approccio molto solido e orientato a privilegiare il fattore della conoscenza, dell’istruzione, dell’approfondimento piuttosto che quello dei followers e/o dei like.
Il variegato mondo “progressista” è impastoiato in una crisi d’identità e in una incapacità di rappresentare e interpretare i valori che, mutatis mutandis, un tempo si ritrovavano nel pantheon del Centro-Sinistra e che oggi invece sono dispersi e persino irriconoscibili all’interno di un’area che qualcuno si ostina a voler delimitare fra il PD e il M5S.
Che questa prospettiva sia fallace non è solo il pensiero di alcuni autorevoli commentatori politici ma è testimoniato dai fatti, dalle prese di posizione assunte da quel campione di giravoltismo e di sfuggevolezza che è Giuseppe Conte: non dovrebbe servire fare l’elenco.
Che il PD sia ancora lì ad arrabattarsi fra un ammiccamento e un rifiuto, alla ricerca di un’alleanza organica e persino strategica con quel coacervo inaffidabile, populista e clientelare è la dimostrazione di un vuoto di prospettiva e di una mancanza di egemonia culturale (con buona pace di Antonio Gramsci) che pervade quel mondo che ha deciso, colpevolmente ma altrettanto consciamente, di abbandonare il terreno di un concreto riformismo, di una visione di lunga prospettiva per la crescita del Paese per attestarsi, fin che è stato possibile, su una comfort zone governista, per passare poi unicamente sul fronte di una meno leggibile piattaforma dei diritti (più o meno universali) che dovrebbero essere la precondizione irrinunciabile per poter esercitare una quotidiana attività politica per migliorare le condizioni materiali degli Italiani che devono fare i conti con tutto quello che un sistema economico “sgovernato” a sua volta produce.
E la “Terra di mezzo”? Sì perché ci sarebbe anche quel vasto bacino di cittadini che non solo non si riconoscono in questi contraddittori insiemi di politica politicata, ma che chiederebbero un governo efficace, severo ma giusto, orientato ad un welfare efficiente che metta al centro istruzione e sanità, contrario agli sprechi, alle clientele e alla distribuzione “a pioggia” delle risorse pubbliche, aperto alle liberalizzazioni, che lasci al mercato gli spazi che gli competono, che controlli, o meglio, indirizzi l’economia con leggi e provvedimenti a-burocratici, che collochi l’Italia al centro di un progetto europeista in cui prevalga il disegno e il concreto progetto degli “Stati Uniti d’Europa”.
Non è maggioranza relativa, ma è una quota non indifferente di elettorato che si rifugia nell’astensione o che, anche se di malavoglia, vota, a seconda dei momenti e delle circostanze, per qualcuno degli schieramenti prevalenti.
Servirebbe un progetto credibile, autorevole, a maggior ragione dopo che colpevolmente è stato affossato il “Terzo Polo”, ma di cui non si vede ancora traccia nonostante la scadenza elettorale delle Europee, la più adatta a testare e a pesare movimenti politici in autonomia, sia ormai vicina. E il cui esito più probabile è un “ognuno per sé” pronti a schiantarsi contro la barriera del 4% (ipotesi purtroppo molto concreta).
Qualche generoso tentativo è figlio della lucidità e della buona volontà di Renew Europe (Sandro Gozi su tutti) che sta tentando di mettere assieme tutto quel frastagliatissimo mondo, disperso in mille piccoli rivoli, interpretato da personalismi a volte esasperati, con il sostegno di aderenti che spesso assomigliano più a membri di sette “millenariste” che a iscritti a partiti che sappiano e vogliano fare politica.
Perché la cosa più straordinariamente esasperante è che a differenza dei due pseudo-schieramenti figli del maggioritario e derivati dal mainstream prevalente, nella “Terra di mezzo” le differenze sono spesso impalpabili o tuttalpiù frutto di posizionamenti tattici o di inaccettabili personalismi autoreferenziali.
Vere e proprie differenze programmatiche fra +Europa, Italia Viva, Azione, LibDem si fa fatica a leggerle.
Se ci fosse un federatore il terreno sarebbe ancora fertile, nonostante la disillusione, la dispersione del credito di credibilità, lo scetticismo conseguentemente inevitabile.
Noi siamo seduti sulla riva dell’Anduin a cogliere i movimenti di corrente, a interpretare i gorghi, pronti a salutare e ad accogliere l’equipaggio che voglia navigare con coraggio in tanta temperie.