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L’ultima volta in cui un gruppo di intellettuali (Curi, Cacciari, Costa, Romanelli e molti altri) aveva messo assieme una visione, una strategia per la città di Venezia era il lontano 1988 quando la Fondazione Istituto Gramsci aveva promosso lo studio e poi la presentazione pubblica con un convegno (17-18 giugno di quell’anno) di “Idea di Venezia”.
Massimo Cacciari (1993) e Paolo Costa (2000) divennero poi anche sindaci di Venezia e cercarono di attuare una buona parte delle azioni che erano conseguenti a quello studio, segnando due delle migliori stagioni della politica amministrativa veneziana dell’ultimo cinquantennio.
Oggi, con altrettanta chiarezza, Alessio Vianello ha compiuto un’impresa analoga, radunando un gruppo di esperti, di professionisti, di intellettuali attorno all’idea di disegnare una visione dei futuri possibili per l’area veneziana.
Gli va dato il merito di essere riuscito a fornire una visione articolata nei diversi gradi di realizzabilità, leggibile e percorribile con una strategia altrettanto chiara e fondata su un carnet di azioni mirate, concrete e perciò stesso misurabili nel tempo.
Gli scenari possibili comprendono sia le rappresentazioni negative dei futuri possibili, nel caso di inazione o di galleggiamento nello status quo, che quelle positive nei casi di adozione e di intervento fattivo e determinato.
Un libro di più di 300 pagine contiene tutto il pensiero e tutte le indicazioni metodologiche oltre che tutti gli scenari e tutte le ricadute che deriverebbero da un atteggiamento proattivo che vada nella direzione di cambiare il futuro di quest’area che pare viceversa destinato a un declino persino inarrestabile.
Se facciamo il confronto, anche solo sul piano metodologico, fra l’approccio di Alessio Vianello e i diversi programmi che nel corso di molte tornate elettorali sono stati offerti alla cittadinanza non può sfuggire che qui si parte da una visione a cui si fa seguire una strategia supportata da azioni concrete e ben definite; lì invece ci si attestava su una “lista della spesa” a cui alla fine si provava a dare dignità “programmatica”.
Nel merito, ci sono un paio di assunzioni che danno il là a tutto l’impianto: “Residenti first” che mutuando uno slogan della politica americana definisce da subito la priorità numero uno.
L’acqua, la Laguna come elemento di congiunzione, di qualificazione, di riconoscimento dell’intera area veneziana è il secondo asset dello sviluppo strategico attorno a cui ruota tutto.
Tre assi portanti dell’intero sviluppo del pensiero collettivo caratterizzano la visione:
- Venezia “non è più una città. Non lo è nel senso completo e complesso del termine. E’ oggi un luogo dall’economia banalizzata ed estranea alla sua naturale complessità e dalle relazioni sociali, storiche e tradizionali ormai esangui.”
- Mestre è “un’eterna Cenerentola fra una matrigna onnivora (Venezia) e due sorellastre (Padova e Treviso) belle e moderne al contrario della favola”
- Marghera è “uno dei più belli e potenziali waterfront europei”
Da qui discendono i diversi scenari, le strategie e le azioni che vogliono definire il futuro di questo nostro territorio con un arco temporale proiettato al 2040, nemmeno troppo lontano.
Sorrette da alcune parole d’ordine (i temi della città futura) che però caratterizzano l’intero impianto: una città metropolitana europea, una città animata e popolata, una città accogliente, una città dei giovani, una città verde, una città inclusiva e sicura, una città portuale, una città produttiva, una città partecipata.
Come fare? Le azioni sono la parte più propositiva e più stimolante dell’intero lavoro e vanno da un marketing territoriale per attrarre investimenti e nuovi insediamenti delle nuove produzioni, con un occhio di riguardo alle aree di Marghera tra VEGA, Forte e Campus, allo sviluppo spinto del sistema di social housing per garantire uno stock di abitazioni per i nuovi residenti e contemporaneamente un’azione forte di contenimento e regolazione delle locazioni turistiche, alla gestione del Turismo come fonte di finanziamento della Salvaguardia fisica e socio-economica della Città Storica, alla Marittima come porto abitato (in linea con il piano strategico dell’Autorità Portuale e il suo ridisegno del water front), alla rigenerazione urbana nella città di terraferma, includendo progetti per la riqualificazione e il recupero di un sistema di aree verdi (green belt), alla realizzazione di un porto off shore che dia prospettiva di sviluppo economico e di sostenibilità ambientale considerando gli scenari determinati dal mutamento climatico, ad un sistema di interventi molto articolato per rendere più sicuro l’intero territorio cittadino, senza trascurare la proposta per rendere funzionale e integrato l’intero sistema del Trasporto Pubblico Urbano, in primis il Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale per garantire quegli standard di mobilità che rispondano a criteri di sostenibilità nella modernità.
Mi limito a questi titoli, che sono solo una parte dell’intero lavoro, rinviando chi avesse interesse ad una meritoria lettura di tutto l’impianto metodologico.
A voler fare le pulci, ma solo per il gusto di dire che “nessuno è perfetto”, ci sono alcune osservazioni da fare: sul piano della forma ci sono troppe ripetizioni di assunzioni e di descrizioni tematiche, quasi non ci fosse stata una regia editoriale ma una semplice collazione di testi provenienti da autori diversi.
Nel merito: Marghera viene riempita di proposte a mio giudizio con troppa sovrabbondanza; l’Arsenale, che ha la stessa valenza strategica della sunnominata Marghera, in quanto a possibilità di sviluppo e nuovi insediamenti produttivi, viene sottovalutato registrando una sostanziale mancanza di una proposta organica. Ci sono poi un paio di contraddizioni legate al rapporto fra Venezia e la mobilità veloce che andranno risolte. Ma siamo già oltre l’oggi.
A questo punto la domanda sorge spontanea: che fare di tutto questo imponente, qualificato e stimolante lavoro?
Non è pensabile che rimanga uno dei tanti studi “accademici” buono per riempire qualche pagina dei quotidiani locali che ne commentano la presentazione, o che finisca nei cassetti del dimenticatoio pubblico al pari di altri progetti, studi, proposte.
Si impone un’azione politica proprio per dare certezza alla volontà di rendere concrete le assunzioni che disegnano il possibile futuro di Venezia.
Perché altrimenti non ci sono le garanzie che soggetti terzi (i partiti, le formazioni politiche di vario genere e umanità che concorreranno alla prossima tornata amministrativa) si sentano legittimate e investite del ruolo di esecutori di progetti pensati, elaborati e proposti da un’associazioni di privati cittadini come quella che porta lo stesso nome del titolo “I futuri di Venezia”.
Come dare concretezza all’azione politica? La risposta spetta innanzitutto ad Alessio Vianello che ne è stato l’ispiratore, il regista e il front man.
Ma una risposta, sicuramente più articolata spetta anche alla politica cittadina che non potrà ignorare questo lavoro, che magari cercherà persino di farlo proprio o non piuttosto di neutralizzarlo per le troppe contraddizioni programmatiche che potrebbe aprire all’interno delle possibili coalizioni.
Non ci si deve stupire di niente.