Quest’estate ha avuto una discreta eco la notizia che i test INVALSI (per i pochi che non lo sapessero: sono test effettuati sulla popolazione scolastica per valutarne il livello di apprendimento confrontando con lo stesso metro tutta la popolazione esaminata) hanno rivelato un crollo del livello di preparazione degli studenti rispetto alla rilevazione precedente. Si è (ragionevolmente) attribuito il fenomeno alla didattica a distanza, frutto avvelenato (uno dei tanti) della maledetta emergenza pandemica.
Vediamo qualche dato (scelgo una sintesi estrema per non annoiare il lettore). I testi riguardano l’italiano, la matematica e l’inglese (distinto in listening e reading). Le percentuali di coloro che “non raggiungono la sufficienza” sono le seguenti:
TERZA MEDIA:
- Italiano 39%
- Matematica 45%
- Inglese reading: 24%
- Inglese listening: 41%
QUINTA SUPERIORE
- Italiano 44%
- Matematica 51%
- Inglese reading: 51%
- Inglese listening: 63%
I risultati di inglese sono sostanzialmente in linea con gli anni precedenti mentre sono significativamente peggiorati rispetto al 2019 l’italiano e la matematica (+ 5% alle medie, +9% alle superiori, per entrambe).
Diciamo altresì che ci sono alcuni elementi per ridimensionare in parte l’allarme. Nel senso che queste percentuali (che lette così sono oggettivamente spaventose) non significano necessariamente che gli studenti siano dei minus habens. Ho provato a fare io i test delle superiori per i licei (quello scientifico per la matematica). Non sono affatto facili. Quello di italiano presenta le notevoli alee di interpretazione tipiche degli esercizi di comprensione del testo (io per esempio non ho interpretato correttamente qual era l’intento espressivo della poetessa Alda Merini) e richiede una specifica tecnicalità per questo tipo di test cui non credo ci si dedichi durante l’anno. La matematica è decisamente sfidante, molti quesiti, nessuno banale, da farsi in un tempo relativamente ristretto. Io, certamente arrugginito dagli anni ma pur sempre un ingegnere, ho “preso” 70 su 100 per esempio (non proprio un figurοne.. diciamolo). Stupisce altresì la povertà in inglese perlomeno in reading anche perché il testo non presenta particolari insidie.
Va anche precisato che i test INVALSI sono irrilevanti ai fini del punteggio in pagella del singolo studente, quindi non c’è la tensione emotiva e l’attenzione di un esame. Elemento questo che pesa moltissimo (un po’ come quando la nazionale gioca una partita amichevole col Lussemburgo o una partita a eliminazione diretta al Mondiale).
Tutto ciò premesso, fatta la tara alla DAD, all’effetto partita amichevole e al livello sfidante (e talvolta all’ oscurità) dei test resta che queste condizioni valgono per TUTTI gli studenti e quindi è corretto fare valutazioni comparative. E qui appare macroscopico qualcosa incredibilmente sottaciuto dai media: i risultati meno che mediocri che abbiamo visto in realtà sono un dato del tutto astratto. Perché, escluse le elementari, in tutti i livelli di studio successivi e in tutte le materie è la classica “media del pollo” tra una prestazione almeno decorosa in tutto il nord Italia e una disastrosa in tutto il sud (con il centro che in certi casi si accoda al nord e in altri al sud). Si veda per esempio (tra i mille grafici facilmente consultabili in rete) lo stato della matematica alla fine delle superiori (confronto anni 2019 e 2021):

Con questo panorama è chiaro che dire la percentuale di insufficienti media è il 51% non significa nulla se da una parte è il 70% e dall’altra il 30%.
Un altro esempio. Inglese reading 2019, sempre ultimo anno superiori: distinti per Regione e per livello di conoscenza (B2, B1 o sotto il B1):

In tutte le Regioni del nord tra il 60 e il 70% degli studenti è a livello di First Certificate e chi non raggiunge neppure il B1 veleggia a percentuali irrisorie. In Calabria i B2 sono solo il 30% e il 20% non raggiunge neppure la B1. Sono dati che mostrano, ancora una volta, che esistono due (o tre..) Italie anche tra le nuove generazioni. Ma come si può anche solo sperare di ricucire questo Paese se c’è questa forbice, questa disperante e disperata sperequazione già a partire dal livello di istruzione media? Questo apre problemi giganteschi a tutti i livelli. La stessa politica, naturale che poi si formino partiti del nord e partiti del sud: semplicemente perché la visione del mondo, le priorità, le necessità, financo il linguaggio, sono diversi. Trovo incredibile che della pletora di Ministri dell’Istruzione, di tutti i colori, che si sono alternati sulla ribalta negli anni non ci sia stato un solo Ministro che abbia posto il tema (e benedetti gli INVALSI che quanto meno hanno fotografato la situazione).
È peraltro interessante (ma non sorprendente) notare che i risultati delle Scuole Elementari non mostrano significative differenze tra Nord e Sud e queste sorgono alle medie e si aggravano alle superiori. A questo si affianca un’altra evidenza che ha pubblicato il Corriere della Sera del 30 settembre. La Fondazione Agnelli ha mappato i risultati INVALSI (di matematica) categorizzando sulla base del livello di istruzione dei genitori e confrontando le “fotografie” in quinta elementare e in terza media. Il risultato è sinistramente rivelatore. Esiste in entrambe (ed è inevitabile) un divario di punteggio per cui i figli di laureati performano meglio di quelli di diplomati e così a scendere con licenza media e elementare. Quello che lascia basiti è che mentre in quinta elementare la forbice è relativamente contenuta, in terza media aumenta enormemente. I figli di laureati mantengono lo stesso punteggio. I figli di diplomati calano di poco meno del 5%, quelli con in casa la licenza media del 9% e quelli con licenza elementare più del 13 (tutti dati arrotondati). Una progressione pressoché geometrica sinistramente regolare. Il che evidentemente significa che già la scuola media inferiore NON funziona. Che se la scuola elementare, con fatica, offre a chi non ha alle spalle una famiglia che culturalmente lo supporta gli strumenti per essere se non alla pari confrontabile con gli altri, già le medie questo servizio non sono in grado di garantirlo. Già non si gioca più ad armi pari. È la pietra tombale dell’ascensore sociale.
Insomma, vista dalla scuola, una società futura sempre più divisa per aree geografiche e in classi sociali impermeabili tra loro..
Ma quando è cominciato questo disastro? E soprattutto: come metterci mano?..

Nato a Venezia, vi ha sempre risieduto. Sposato con una veneziana, ha due figli gemelli. Ingegnere elettrotecnico, ha lavorato all’Enel dal 1987 al 2022, è stato Responsabile della distribuzione elettrica della Zona di Venezia e poi ha svolto attività di International Business Development Manager, lavoro che lo ha portato a passare molto tempo all’estero. È stato presidente del Comitato Venezia Città Metropolitana, esponente di Venezia Una&Unica. È in pensione dal 2022