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31 Luglio 2023Mi riferisco all’articolo di Colovini https://www.luminosigiorni.it/2023/07/perche-la-sinistra-perde/ e concordo con le sue conclusioni, la destra offre un’idea di Paese che a lui (cittadino che vota) conviene…E sicuramente alcuni temi, il popolo ha sempre ragione (ma l’ignoranza è diffusa), ecologismo, onestà onestà (vedasi 5S), eguaglianza sono deboli e la gente è sensibile ad altre priorità, quali (ma non ne faccio un elenco esclusivo):
- Divaricazione della forbice ricchi/poveri e aumento della povertà e semi-povertà, oggi accentuata dai fenomeni inflattivi,
- Tagli nella sanità, nel welfare in generale
- Immigrazione
Ho cercato di capire anche l’articolo di Sergio Benvenuto, assai lungo, ricco di interrogativi, un tentativo di fare un esame di coscienza della sinistra fatta dall’interno, da uno che ne ha vissuti le vicende dall’interno. Forse, temo, ha un solo limite: quello appunto di vederla dall’interno, quando lo sguardo forse andrebbe allargato.
È un fatto che il populismo in genere, ora prevalentemente di destra sovranista, ma non solo, vedasi Melanchon in Francia, è legato al tourbillon seguito alla caduta del muro di Berlino, al passaggio dal capitalismo al turbo capitalismo, come sosteneva Edward Luttwak già a metà degli anni ’90.
In Occidente, in misura diversa tra paese e paese, è cambiata la filosofia produttiva: vedasi l’industria dell’auto tedesca o USA, ma è fenomeno generale e persino esagerato, iniziato già prima. Già negli anni ’80 gli industriali di Treviso avevano creato una dépendance a Timisoara. In quegli anni – vendevo software contabile ad aziende – ricordo in riviera del Brenta chi si spostava allora in Ungheria. Margareth Thatcher ha trasformato la Gran Bretagna in una società prevalentemente di servizi, e la maggior parte delle industrie hanno chiuso o hanno delocalizzato. Nella crisi 2008 -2013 l’Italia ha perso oltre a un 10% di PIL, un 25% di aziende e circa altrettanto di capacità produttiva. Aggiungo ancora per l’Italia, la carenza di una politica industriale ha fatto sparire la grande azienda. Si sono così e in corrispondenza anche indeboliti i sindacati, il loro potere contrattuale e la fiducia dei lavoratori.
È affermazione frequente quella della sinistra confinata nelle ZTL. In gran parte vera, perché ha sempre goduto del consenso di una fascia di intellettuali, anche teorizzata dai comunisti, ma ha perso gli operai, i lavoratori soprattutto di livello più basso, un po’ causa i cambiamenti descritti, un po’ almeno in Italia perché il PDS prima il PD poi di fatto hanno svolto un ruolo conservativo, di protezione dello status quo, di alcuni privilegi, P.A. e Giustizia in primis.
Ma a parte questi particolari nostrani, cosa succede in USA? Detroit è un cimitero industriale. L’operaio che prima vi lavorava odia la delocalizzazione e abbocca al messaggio di un Trump, America First, è ostile all’immigrato perché vede in lui un potenziale concorrente che fa tenere bassi i salari. Così la sinistra U.S. è divisa tra i liberal della East e West Coast e quella più radicale di un Benni Sanders più socialisteggiante ma anche più protettiva.
E sappiamo come l’immigrazione crei atteggiamenti di rifiuto, intolleranza, proprio nei quartieri meno centrali, più a Marghera o in alcune zone di Mestre che a Venezia, più in via Padova a Milano che a Brera/Solferino. Per ora da noi, perché le recenti proteste in Francia hanno coinvolto anche i centri Città, con vetture spaccate e auto fatte saltare. A Brest per esempio un mese fa il TPL fermava alle 21.00, la città diventava un deserto, era pericoloso avventurarsi a piedi per le strade. La protesta era dovuta al disagio soprattutto giovanile di origine immigrata ma nati in Francia e confinati nelle banlieues, che percepisce una difficoltà d’integrazione, di par condicio. Il tutto accompagnato da una sensazione d’impotenza delle forze dell’ordine, – police e gendarmerie, che proprio oggi Le Monde evidenzia con dichiarazioni ufficiali dei vertici di queste forze.
E abbiamo visto l’effetto immigrazione sulle elezioni in Svezia, Finlandia, Grecia, meno per fortuna in Spagna.
E se questo insieme di elementi di cambiamento delle nostre società hanno favorito un vento di destra, o di populismo[1] di sinistra, massimalista, alla Melenchon in Francia o in UK prima d’ora con James Corbin, e con altalenanze tra una posizione massimalista e altre moderate e rispettose della logica del mercato e della concorrenza com’era quella di Tony Blair, succeduto ai Tories e che aveva appunto fissato le sue idee nel volume Reinventing The Left, edited by David Miliband, Polity Press, 1994.
E se si osservano i risultati della prima elezione del Presidente Macron, le aree dove la destra della Le Pen ha avuto più risultati sono quelle che avevano più sofferto l’effetto delle delocalizzazioni industriali.
Venendo all’Italia, abbiamo visto i risultati delle elezioni del 2018 col trionfo del populismo, 5Stelle e Lega. Il fenomeno è stato sufficientemente approfondito[2]. Di rancore ha parlato anche il CENSIS nel Rapporto del 2019. E se il rancore non sfocia nel populismo, aumenta l’astensione dal voto.
La sinistra e i c.d. centro evidentemente non hanno saputo finora dare una risposta. Il PD ha perso di fatto la base operaia/popolare, sia per la sua parziale sparizione (altri tempi quelli dei 120.000 dipendenti FIAT a Torino, i 15.000 Olivetti a Ivrea, e sappiamo quante altre grandi imprese non esistano più)[3]. Ma quelli rimasti, non solo in Italia ma come ho detto anche in usa e altrove, hanno ritenuto di trovare un ombrello protettivo nella destra, America First, Prima l’Italia contro l’Europa a volte additata come causa di ogni male!
E, mi si consenta di dire, se l’Italia ha perso attrattività, produttività, capacità competitiva è proprio causa di mancate riforme (Overregulation, P.A.[4], Giustizia, Fiscalità evasione, valorizzazione del Mercato, della Concorrenza, del Merito come leve per o sviluppo, sicurezza, tutela del cittadino e della proprietà privata, ecc. Riforme in parte annunciate dal primo Berlusconi, mai realizzate e con un PD e prima PDS che non le ha mai propugnate, svolgendo così un ruolo conservatore e di protezione dello status quo, e anche di alcuni privilegi di casta, magistrati compresi. Partito non solo delle ZTL ma dei sicuri di fronte a un mondo del lavoro sempre più caratterizzato dal precariato e dall’incertezza specie dei giovani.
Non sappiamo oggi quale sarà l’evoluzione del PD con la segreteria Schlein e la nuova corrente di Bonacini che ha goduto anche della benedizione di Prodi.
Manca un centro animato da spirito fortemente riformatore, oggi diviso da incompatibilità caratteriali dei leaders, da visioni diverse su problemi attuali, più rivolto temo ad essere un ricettacolo teso a raccogliere chiunque e comunque sia scarsamente a suo agio in una destra sovranista o in una sinistra magari demagogica e più estremista, ma che comunque sente poco la necessità di quelle riforme radicali, conditio sine qua non per creare sviluppo.
Sviluppo doppiamente necessario sia per adeguarci ai ritmi europei (non importa se recentemente per qualche zero/virgola andiamo un po’ meglio di altri, ma nei 20 anni pre-Covid abbiamo perso PIL pro-capite quando tutti i Paesi Ocse sono cresciuti), non solo per mantenere un livello di welfare adeguato, sanità prima di tutto, ma per salvare il sistema pensionistico. L’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani prevede in pochi anni un picco del debito a 180% del PIL se non vi saranno giovani a coprire i posti di lavoro, magari con una maggiore apertura selettiva agli immigrati, dato il numeri di vecchi in pensione e l’allungamento della vita media.
È su questi problemi che la sinistra e il centro debbono a mio avviso confrontarsi, e trovare anche una strategia comunicazionale per trasmettere alla gente comune un messaggio chiaro e comprensibile.
Temo siamo lontani da tutto questo. Vi sono segnali di attenuazione del vento di destra un UK con la risalita nei sondaggi dei Laburisti e i risultati negativi di Vox in Spagna. Ma non illudiamoci guardando fuori. Facciamo un esame di coscienza e delineiamo programmi e strategie per il nostro Paese! Finora la gente ha fiducia nella Meloni. Siamo pronti per il dopo? Temo di no.
[1] Per populismo intendo quanto definito da Marc Lazar e Ilvo Diamanti in Popolocrazia, la metamorfosi delle nostre democrazie, TEMPI NUOVI-LATERZA, 2018: La proposizione di soluzioni apparentemente semplici di problemi complessi. Interessante già la quarta di copertina dove si legge: Il populismo è comparso e compare sempre in periodi di forte incertezza, di momenti traumatici. Crisi economiche, sociali, culturali. E, soprattutto, crisi politiche quando rientrano nell’ambito dell’eccezionale, dell’inatteso, dell’imprevisto, dell’inedito: la delegittimazione dei governanti, delle istituzioni, delle regole e delle norme in vigore, delle abituali procedure di mediazione. E’ su questo terreno che i populisti possono prosperare, dipingendo un quadro apocalittico del presente e proponendo un ritorno al passato favoleggiato o facendo intendere un futuro radioso. Sono contemporaneamente i prodotti di queste crisi e i loro creatori, Come sta rispondendo la democrazia a tutto questo? Ahimè inglobando elementi di populismo: adeguando elementi di populismo: adeguando gli stili, il, linguaggio politico, i modelli di partito, le scelte e le nostalgie di governo. In una parola, sta trasformando la stessa in popolocrazia. E ancora: La dinamica politica è diventata elementare: il popolo contro le élite, quelli in basso contro quelli in alto, i “buoni” contro i “cattivi”.
[2] Molto interessante, a mio avviso, The Rise of Populism and Italy’s Electoral “Tsunami” di Rawi Abdelal, Dante Roscini, Elena Corsi, Harvard Business School, 9-719-042, REVEDASI JUNE 7, 2019. Tra le conferme, si attribuiscono i risultati, (traduco) costruiti sulla rabbia crescente degli italiani verso le loro elite politiche, la crisi economica e l’inefficienza dei governi precedenti; … i politici italiani accusati di clientelismo, corruzione. E con soluzioni semplicistiche: con programmi che prevedevano un aumento della spesa pubblica…. Ma senza spiegare dove come e da chi poter prendere a prestito le somme necessarie
[3] VEDASI Luciano Gallino: La scomparsa dell’Italia industriale, Giulio Einaudi Editore, 2003. Politici e manager senza visione del futuro hanno trasformato l’Italia in una colonia industriale. Per recuperare terreno occorre una politica economica orientata verso uno sviluppo ad alta intensità di lavoro e di conoscenza.
[4] VEDASI F. Giavazzi e G. Barbieri: I Signori del tempo perso, Longanesi ed., 2017.