CRISTINA GREGORIN: la mia città dei prossimi 5 anni
26 Agosto 2020MATELDA BOTTONI: la mia città dei prossimi 5 anni
28 Agosto 2020Luminosi Giorni, con spirito di servizio al fine di accrescere la consapevolezza per il prossimo voto alla Amministrative del Comune di Venezia, ospita una serie di interventi di personalità che riteniamo offrano spunti di riflessione per un voto ponderato e consapevole. Gli amici che hanno cortesemente offerto il loro contributo provengono da aree culturali, politiche e ideali le più diverse e offrono visioni talvolta molto confliggenti tra loro. Ma mai banali. Come Redazione ci piace pensare di poter contribuire a un confronto sereno e non fazioso sui temi che riguardano il futuro della nostra città. Alcuni degli autori scenderanno personalmente nell’agone elettorale. A loro, indistintamente, va il nostro in bocca al lupo e a tutti, candidati e no, un sentito grazie per la collaborazione.
Venezia come capitale
Riassumerei così la mia visione di Venezia nei prossimi cinque anni: Venezia è una capitale e deve comportarsi da capitale. Occorre che la città riprenda la consapevolezza del suo essere capitale politica di una Regione che ha 5 milioni di abitanti e il secondo PIL d’Italia; che può e deve essere la capitale culturale di una regione ancora più ampia e che può fungere da esempio mondiale di città e stile di vita sostenibile, democratico, ecologico e sano per la collettività e il singolo.
Prima di avvicinarmi alla politica ho sempre pensato alla Venezia di oggi come al fallimento della regolamentazione e, quindi, della politica stessa. Il mercato senza regole, da solo, soprattutto a Venezia non funziona: il modello economico turistico veneziano si basa sull’estrazione di rendite – la vendita, o svendita, di un patrimonio culturale e naturale straordinario – e sull’esternalizzazione dei costi, ovverosia lo scaricare su altri i costi di una certa attività, mentre ci si appropria del guadagno (i turisti che costano alla collettività più di quanto non rendano, le navi da crociera per le quali non si fa il rapporto costi/benefici tra quanto speso dai crocieristi e i tumori causati dal carburante pieno di zolfo bruciato ventiquattr’ore su ventiquattro). Ma l’eccesso di turismo non è la sola iattura di Venezia: se Venezia è trattata da affollato museo, a Marghera si progetta un nuovo inceneritore e a Mestre si realizzano dormitori per i nuovi proletari, mentre l’eroina uccide. In questa situazione il Covid-19 ha messo a nudo la fragilità di un modello economico incentrato sul turismo, e ha offerto l’occasione, come anni di campagne di de-marketing e sensibilizzazione non avrebbero mai potuto fare, di ripensare il modello di città.
Le riflessioni di questo contributo sono incentrate su Venezia; altri hanno scritto sulla necessità di ripensare e riconvertire Marghera e sul futuro di Mestre come polo logistico del Nord Est.
Capitale politica
Venezia deve tornare a essere una capitale, con la capacità di incidere sul pensiero politico. Deve valorizzare il proprio ruolo istituzionale di Città metropolitana per essere un esempio trainante per l’intero Veneto. Occorre lavorare perché tutti i veneti, da Belluno a Verona a Rovigo, la percepiscano come la loro capitale, non un parco divertimenti. Questo potrà accadere solo dimostrando che Venezia sa pensare il futuro, più e meglio di qualunque altro luogo. Occorrono, però, passi concreti e tangibili, per esempio a livello infrastrutturale: se Venezia deve essere l’orgoglioso esempio di come si possa vivere comodamente senza automobili, in una città vera, bisogna rendere la città accessibile anche a chi non si muove facilmente e interconnetterla con i luoghi circostanti in modo che sia al centro di un sistema di trasporti confortevoli, frequenti ed economici.
Il ruolo di capitale politica deve comportare anche l’uso della città come tale: concentrandovi servizi pubblici e uffici, e – come dirò tra poco – incoraggiando chi vi lavora, se lo desidera, ad abitarvi, senza fare il pendolare. Il Comune può cominciare facendo la propria parte sia direttamente, destinando il patrimonio storico di proprietà al servizio pubblico (in primo luogo, per gli uffici), sia indirettamente, incoraggiando l’uso pubblico degli edifici di altre amministrazioni con la forza dell’esempio e degli argomenti, ma anche con un’appropriata regolamentazione. Ancora, e qui si torna al tema dell’essere una capitale culturale, Venezia non deve inseguire il mito delle torri e dei grattacieli, ma deve promuovere e se necessario imporre architettura di alto livello compatibile con i luoghi, dimostrando che la modernità non è necessariamente sinonimo di cemento sviluppato in altezza.
Capitale culturale
Venezia deve insistere sulla creazione di cultura, in tutte le sue declinazioni. La presenza di due università e di importanti istituzioni culturali e l’opportunità di attrarne di nuove rappresentano il profilo più evidente e strategico, ma non il solo. Qui formulo due proposte. In coerenza con la sua natura di capitale e punto di riferimento di un territorio molto vasto, e ricco, con il suo carattere naturalmente internazionale, e – ovviamente – con la presenza turistica importante, Venezia potrebbe diventare una capitale delle arti performative. Il Comune dovrebbe incentivare, con un processo di selezione trasparente e affidato a persone di alta reputazione, teatro, danza e musica, arti in grado di rivolgersi a un pubblico vasto e che, anzi, lo richiedono. Vorrei che un vicentino potesse venire a Venezia la sera – in treno – a vedersi uno spettacolo di danza contemporanea, anche senza bere lo spritz. E tornare a casa la sera stessa.
Ancora, Venezia dovrebbe valorizzare l’aspetto sportivo, culturale e paesaggistico della sua laguna, senza inseguire l’idea del turismo nautico con darsene e porticcioli, adatto al mare più che a un bacino di contenute dimensioni, incoraggiando invece l’andare a remi e a vela, in tutti in modi possibili. Anche qui, si tratta di guidare l’avanguardia di una fruizione dei beni pubblici compatibile con la loro natura, come sarà inevitabile accada anche altrove. Venezia deve essere in prima linea.
Capitale economica
Chi l’ha detto che non si può vivere senza turismo? Questa idea di sfruttare le bellezze accumulate da secoli di ricchezza e buona amministrazione e dalla sorte, che hanno fatto dell’Italia un gioiello naturalistico e culturale, è un’idea da poveri di spirito, di persone incapaci di pensare oltre il presente. Il turismo c’è e ci sarà sempre a Venezia, ma occorre affrancarsi dal suo giogo dorato. Il modo principale è creare alternative al turismo. Di favorire le attività artigianali si è già parlato su queste pagine; e si pensi all’occasione che potrebbe essere offerta dalla riconversione di tutto il parco natanti in senso ecologico (motori elettrici o ibridi e silenziosi, carene efficienti), con la creazione di una cantieristica specializzata, che potrebbe spopolare su tutti i laghi del mondo.
Sul tornare ad abitare Venezia vedo almeno tre profili complementari. Il primo, e più esplorato (ma non attuato), è di incentivare la residenza di chi già avrebbe un lavoro in città, inclusi i molti dipendenti pubblici (sia chi c’è già, sia chi ci vorrebbe venire a stare) con una seria regolamentazione, investimenti intelligenti e, se necessario, forme di sostegno economico. Il secondo è quello di coltivare il lavoro a distanza e far sì che persone che lavorano “altrove” lo facciano da Venezia: se anche il vostro ufficio è a Milano, perché non vivere a Venezia, e fare un salto a Milano una volta alla settimana? Per attrarre queste persone si potrebbe iniziare con asili nido per tutti a prezzi ragionevoli e poi con scuole (anche internazionali) di alto livello. Il terzo è la sfida più difficile. L’appuntamento di Venezia con gli anni della chimica non è andato bene, ma forse i tempi ora sono maturi per nuove iniziative, che non richiedano infrastrutture pesanti, ma solo spazi adeguati, facilità amministrativa-burocratica, alta qualità della vita e trasporti efficienti.
Ecco cosa vorrei nei prossimi cinque anni: cento danzatori, cento maestri d’ascia e cento banchieri d’affari.
Chi è Andrea Zorzi: è professore di Diritto commerciale all’Università di Firenze e avvocato a Venezia [https://www.unifi.it/p-doc2-2017-000000-Z-3f2b3a30392b28-0.html . È sposato e ha due figli. È autore di numerosi lavori in materia di diritto delle società e dell’insolvenza. È uno dei fondatori del comitato Asterisco [https://www.asteriscovenezia.org/ ] e ora candidato consigliere comunale con la lista civica Terra e Acqua 2020. Le opinioni espresse sono quelle dell’autore.