Il futuro dei Liberali: un possibile percorso
28 Giugno 2024RIGENERAZIONE URBANA Il vuoto di un articolo da rigenerare la prossima volta
30 Giugno 2024Le dichiarazioni di Ilaria Salis sull’occupazione abusiva degli alloggi, da lei ritenuta legittima politicamente, ripropongono una vecchia storia e un’attitudine che viene da lontano e aleggia nella tradizione rivoluzionaria da qualche secolo. Questa giovane donna la incarna con le sue azioni in modo direi plastico, coerente e diretto. Si basa sul principio di non riconoscere la legalità del cosiddetto “stato borghese”, il termine che la vulgata rivoluzionaria ha sempre usato nei confronti dello stato liberale per come andava a costituirsi nel corso del sette/ottocento e consolidandosi definitivamente nel ‘900. Come per molti altri temi, il marxismo ha poi dato a questo concetto un rigore storico filosofico decisivo, definendolo come una verità incontrovertibile. Del resto tutte le forme di protesta di piazza degli anni’60 e soprattutto ’70, con decine di manifestazioni volutamente illegali e non autorizzate, partivano dal medesimo principio di effettuare una lotta/guerra civile permanente, con una sfida alla legalità “borghese”. Questa attitudine si è andata negli ultimi decenni stemperando e restando una cultura politica ancora molto diffusa e consolidata solo nei cosiddetti centri sociali, in tutti direi, anche in quelli più, per cosi dire, moderati. E tuttavia riappare di tanto in tanto implicita e sommersa, per esempio negli atteggiamenti di un mondo di sinistra variegato, con contaminazioni nel mondo cattolico più impegnato, nei confronti di tutta la materia dell’immigrazione clandestina. Per la quale non solo vige il dovere morale del soccorso in mare o in terra per chi rischia la vita (questo è un principio largamente condiviso anche nella cultura liberale o semplicemente democratica), ma se ne giustifica ampiamente l’illegalità stessa. Che, secondo questa vulgata, è politicamente sempre e comunque legittima dovunque esiste un potenziale stato di indigenza, non solo per gli immigrati clandestini.
Come dire che il principio di uguaglianza di fronte alla legge non vale per tutti e c’è chi vi si può sottrarre. Ripeto è un giudizio implicito, quasi inconscio, che viene espresso anche da chi parla della Costituzione della Repubblica Italiana come “Costituzione più bella del mondo”. Questo della legalità costituzionale è un approdo che chi si sente interiormente di sinistra ha acquisito da alcuni decenni (prima assente o sotto traccia), quasi come una riscoperta e che ovviamente contraddice il concetto di “stato borghese” individuato nella Repubblica Italiana. Lo contraddice ma no lo sostituisce e a volte lo affianca, usando la Costituzione à la carte, a seconda del caso.
Una contraddizione lampante per esempio è quella per cui la Costituzione rappresenta tutti i cittadini della Repubblica, mentre la sinistra, quella più radicale (ma molto anche Elly Schlein) insiste a voler essere rappresentativa solo o soprattutto di tutti i diseredati, i dannati della terra, degli esclusi, una volta si diceva dei proletari e della classe operaia, ma anche rappresentativa solo o soprattutto dei lavoratori dipendenti. Tant’è che tutte le volte che qualche solone vuole bacchettare la sinistra “da sinistra”, con una litania diventata monotona, le insegna la rotta per riprendere il consenso perduto: “….bisogna tornare ad occuparsi della povera gente e delle periferie”. Questo assunto ne prevede anche un altro, anch’esso implicito: il disagio sociale per il mondo di sinistra è un disagio solo di condizioni economiche e materiali (pochi soldi o niente soldi, fame e sotto alimentazione, pochi consumi, sfruttamento del lavoro o disoccupazione, malattie non curabili, case povere o assenza di casa), mentre non è previsto che il disagio sociale possa essere anche di altra natura, esistenziale, psicologico, familiare, fisico, caratteriale, tutte cose che possono capitare (e capitano) anche a un miliardario. Come ci hanno infatti insegnato e dimostrato Kafka, Joice, Proust, ma anche Eugenio Montale e persino Umberto Saba, definiti per ciò sprezzantemente bravissimi autori, ma decadenti e “borghesi”, proprio per loro attitudine ad analizzare l’uomo nella sua anima interiore e non solo nella sua materialità.
Questa visione parziale marca tutta la differenza, per quanto riguarda l’idea di società, di repubblica e di politica, tra un’ideologia attenta solo a una parte seppur considerevole di popolazione, e per ciò comunque a modo suo ideologia es-clusiva di tutto il resto, e una visione invece in-clusiva che si rivolge all’interezza della popolazione di un territorio, attraverso le sue sue istituzioni. Lo spirito delle Carte Costituzionali degli Stati e delle repubbliche del mondo occidentale ed europeo a queste visione in-clusiva sono ispirate. E hanno al centro i soggetti individuali, tutti alla pari in uno stato di diritto, voluto e approvato dall’intero corpo sociale. Ho avuto già occasione di dirlo: lo Stato di diritto si rivolge e tutela il citoyen, messo su un piano di uguaglianza di fronte alla legge. Un assunto che a distanza di quasi tre secoli ha costituito una rivoluzione copernicana rispetto alle condizioni precedenti fondate sul privilegio di classe. Infatti lo Stato di diritto, avendo abbattuto il privilegio, in qualche modo ha abbattuto le classi. E’ la fine della storia? Non lo sappiamo, ma sui tempi ‘umani’, percettibili si , lo è, ed è il massimo di “sinistra” che la storia ci offre oggi.
E’ in definitiva l’assetto costituzionale nel quale oggi ci troviamo noi, compresa Ilaria Salis, che, se non accetta questa condizione, voluta a suo tempo da una maggioranza molto ampia, si pone su un piano oggettivamente sovversivo. Lei lo sa e ne va orgogliosa, ma lo sappiamo anche noi. Che non abbiamo difficoltà a enunciare il principio che chi è dentro l’alveo della legalità e dei valori costituzionali che la ispirano non è mai un avversario politico, se si riconosce nei principi e negli obiettivi politici dettati dalla Carta. L’avversario politico è chi non vi si riconosce e cerca di sovvertirla, stando deliberatamente fuori. E ciò vale anche per tutti gli ipocriti che giurano sulla Costituzione e poi la contraddicono sposando l’illegalità e giustificandola sociologicamente, vere quinte colonne dei sovversivi dichiarati. E non fa niente se l’illegalità vuole, mettiamo, contrapporsi ad una legge sull’immigrazione effettivamente sbagliata, per quanto legale sul piano costituzionale, come la Bossi-Fini. E non fa niente se un’azione illegale vuole contrapporsi ad una condizione di carenza legislativa come quella che consente ‘legalmente’ stabili degradati e abbandonati tenuti vuoti (Recentemente ho avuto occasione di sottolineare su questa testata tale vuoto legislativo https://www.luminosigiorni.it/cultura/rigenerazione-urbana-farla-finita-con-i-buchi-vuoti-cercasi-grimaldello-giuridico/). Non fa niente, per la buona ragione che per una repubblica fondata sul diritto non si risponde mai con l’illegalità alla legalità sbagliata e difettosa e men che meno si risponde con l’illegalità all’illegalità. Di questa fatta però è per esempio Fratoianni di Sinistra Italiana, che si è affrettato a giustificare la Salis. Ma vale anche per molta destra ufficialmente costituzionale e legalitaria e sottobanco sovversiva, anche nelle scelte politiche.
Si pone tuttavia il problema finale del diritto di parola.
Vale a dire che, se siamo in una condizione che fa della libertà e della tolleranza un suo caposaldo, l’ultima cosa da fare è quella di instaurare la cosiddetta dittatura della maggioranza. Ci penserà eventualmente la legge e la magistratura a perseguire una incitazione alla violenza, oppure all’odio razziale, o un palese insulto sessista o un’occupazione illegale di uno stabile. L’opinione, ma anche un simbolo, un gesto, una canzone, per quanto ripugnanti, non possono e non devono mai essere impediti e, va da sé, neppure l’incitazione all’illegalità della Salis, che per ora non è un reato ( l’incitazione, intendo). Anzi, se certe opinioni, finché restano tali, le si ammette e le si tollera, si toglie un pretesto, e in più si attua uno spot a favore di un sistema politico e istituzionale senza censure da parte di polizie più o meno segrete. Uno spot che può far nascere ai sovversivi stessi, hai visto mai, qualche pensiero positivo sullo stato che stanno contestando, con libertà di farlo (“che non sia preferibile?”). Perché non siamo in Ungheria e non ci chiamiamo Orban.