E allora il PIDDI?
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3 Gennaio 2019La Città metropolitana di Venezia è risalita non poco nella graduatoria della qualità della vita del ‘Sole 24 Ore’, recentemente resa pubblica su quel giornale (http://lab24.ilsole24ore.com/qdv2018/) e nella quale, ma non è una sorpresa, Milano figura al primo posto. Attualmente Venezia si trova al 34° posto, su 107 città italiane – ai limiti del primo terzo della lista – con 516 punti e tra le città metropolitane è sopra per esempio a Torino, con un Piemonte ancor peggio, e sopra di molto a Genova, a metà graduatoria questa insieme a tutta la Liguria. Venezia si trova invece molto vicina nei punti a Firenze, mentre nel Veneto sta a pari di Padova. Non certo un exploit clamoroso per Venezia – è 34°, non 1°posto! – perché i problemi ben noti restano e nel Veneto molte città le sono sopra nel punteggio, per quanto in una regione a sua volta ai vertici. Ma, insomma, un dato che fa ragionare smentendo molti luoghi comuni
Quanto dobbiamo credere a queste classifiche? Vanno prese per quel che sono, sapendo che alcune cifre su pochissimi parametri, magari su uno solo, se sono molto alte rispetto a quelle dei restanti parametri, influiscono troppo e possono alterare il significato della posizione, nel male e nel bene (potrebbe essere il caso di Venezia, ma si vedrà che non è del tutto così). Nel complesso dopo anni ed anni di esperienza, soprattutto per un giornale titolato come il ‘Sole 24’, queste classifiche dicono molto e sono invece estremamente utili.
Di solito la loro impietosità nel rivalutare nel punteggio situazioni ritenute negative sbeffeggia i detrattori esterni ed interni alle città in oggetto (detrattore=chi toglie meriti a qualcuno, a qualcosa, denigratore). E accade molto più raramente il contrario, che l’impietosità della classifica sbeffeggi chi riteneva che un certo luogo fosse il Paradiso e se lo trova in classifica all’Inferno ( parlar male e sentirsi male è di gran lunga più diffuso del parlar bene e del sentirsi bene, in effetti).
I detrattori esterni sono quelli che per millanta motivi detestano una tal città, abitando però in un’altra. Vedersela su in alto, la città detestata, dà non poco fastidio e riporta bruscamente alla sua realtà il detrattore. Che detratta di solito sempre e comunque per partito preso, perché in quella città ha mangiato male in trattoria una volta o perché la morosa che l’ha piantato vent’anni prima era di lì ( del resto di solito chi parla male a senso unico di qualcosa o di qualcuno a tutte le latitudini lo fa sempre con tali vaghe subliminali motivazioni che ovviamente non ammette). C’è poi il detrattore sia interno che esterno che insieme all’unisono detraggono e di fronte alle smentite in classifica si dovranno invece flagellare vestiti col saio francescano e facendo la scala col riso alle ginocchia. Di fronte, per esempio alla posizione molto alta, nella classifica del ‘Sole 24′ di Roma, al 22° posto, ben più avanti anche di Venezia.
E le buche? E gli autobus che bruciano? E la spazzatura? E la Raggi inefficiente?
Tanto per cominciare la posizione alta di Roma in questa classifica non è di oggi ma è tale, pur con molti su e giù, da quando la classifica viene pubblicata (anni e anni) e da quando dunque i sindaci erano di tutt’altri colori. La percezione di pelle e di pancia che stravolge la realtà e l’uso sistematicamente strumentale di uno o più problemi critici ( fatto indifferentemente contro chi governa ora e contro chi governava un tempo) possono ottenere smentite di questo tipo perché basate, le smentite, su dati oggettivi che i detrattori non vedono o ignorano o rimuovono o in malafede non vogliono vedere. Se poi la detrazione è di popolo, corale e rimbalza dai salotti ai bar, dai metrò alle borgate, che fai, non ti aggreghi nel detrarre? Vero è che il posto in alto di Roma è determinato da alcuni dati, in particolare il reddito pro capite che è tra i più alti in Italia, il doppio della sorella metropoli mediterranea che si trova 200 chilometri più a sudest e relegata oltre il 70° posto anche per questo. Si dirà che saranno alti i redditi da posto pubblico e da burocrati di stato a gonfiare il dato, ma su oltre 4 milioni di abitanti questo indizio da solo non basta. E anche fosse? Sono comunque redditi da lavoro e ogni città ha la sua risorsa. Inoltre sicuramente a Roma il settore che più prepotentemente sta emergendo in tutta Europa, il turismo, tiene un pò più alti i numeri sull’occupazione lavorativa che in altri settori non è certo così alta, e l’occupazione è appunto un’altra voce chiave della classifica. Insomma tra pro e contro si trova sbilanciata, ma in ogni caso Roma, pur con problemi enormi in molti campi del viver quotidiano, non si trova certo in quella condizione sfasciata e irrecuperabile che chi ci vive percepisce a senso unico e che a chi non ci vive fa comodo percepire nelle poche ore che ci passa o dai racconti degli amici romani. In definitiva non ho alcun favore preconcetto per la Capitale: mi limito ad osservare la distanza notevole tra narrazione negativa e dati che la smentiscono, a prescindere dal colore di chi la governa. Lo vedremo anche a casa nostra.
C’è poi infatti il detrattore solo interno, con l’esterno di solito molto più benevolo, ma alla lunga condizionato dall’interno, quello che nella città ci abita e che per primo ne parla malissimo in continuazione e che s’incazza non poco a vedersela in classifica in posizione lusinghiera e in rialzo, facendolo passare per un povero pirla o per un visionario. Qui in questo sport molto praticato, cioè schifare il posto in cui si vive, il veneziano bisogna dire che eccelle, sia di laguna, soprattutto, ma anche di terra e la posizione in classifica della sua città, come già anticipato moderatamente positiva, lui la derubrica facilmente, comunque incazzandosi non poco lo stesso, alla solita macchinazione propagandistica brugnaresca.
(Sentito con le mie orecchie,Brugnaro=imprenditore=confindustria=Sole 24 ore).
Della città in modo compulsivo sulle due sponde infatti si parla sempre continuamente, ovunque, e soprattutto se ne parla malissimo. Si è mai visto che a Vercelli o ad Arezzo per esempio nelle cene familiari o nelle cene tra amici si parli durante il convivio sempre e soltanto di Vercelli e di Arezzo se non quando c’è un fatto che va in TV o sui giornali? Invece, ci si faccia caso, continuamente e dappertutto e in tutti gli ambienti sociali, dopo un quarto d’ora di preamboli in una qualsiasi cena tra amici a Venezia della città se ne va a parlare come monotema della serata e con foga; a Mestre e in terraferma di degrado sociale, soprattutto, di negozi chiusi, di ‘desertificazione’ (sic) del centro, di Porto Marghera allo sfascio, di città negata e dimenticata (sic). In città storica, beh è facile, turismo esplosivo, soffocante, spopolamento selvaggio, ‘Mose merda’ ‘Grandi navi merda’, persino ‘Biennale merda’, non c’è più un negozio, siamo alla frutta, morte vicina e coma irreversibile (e a questo punto il conversatore a cena nello sciorinare l’elenco funereo ha già le canne del collo in evidenza, il volto acceso, la bava alla bocca e soprattutto sbraita e bercia ad alta voce annichilendo gli astanti, che comunque a turno, a seguire, si scalderanno nello stesso modo non prendendosela reciprocamente visto che cantano in coro, ma con un Moloch colpevole di tutte i guai che incombe cambiando anche casacca politica). Nel Comune nel suo insieme il sostantivo che racchiude questa luttuosa narrazione e l’avvolge nel celofan come si fa per i gladioli è: declino (del resto lo si dice anche per l’Italia: declino). Se c’è tra i convitati un libero pensatore che alza la manina per eccepire viene all’istante soffocato e ammutolito, soffocato con palle di giornale in bocca: dalli al negazionista. Che invece dovrebbe togliersi qualche sassone dalla scarpa con questa classifica.
A ‘drogare’, si fa per dire, la posizione moderatamente lusinghiera di Venezia nella succitata classifica c’è certo anche qui, e soprattutto qui, il turismo che, a fronte del suo impatto, invero effettivamente devastante quando morde, quanto a occupazione tira da morire, sollevando come e più che a Roma il dato occupazionale. Prendiamone atto e magari cominciamo a considerarlo sotto una luce un po’ diversa, come una risorsa da cui non prescindere. Di fatto poi il dato occupazionale turistico esteso in questa statistica a tutta la città metropolitana smantella la storiella che è la Venezia storica a vivere solo di turismo (e anche quel solo andrebbe rimandato al mittente con altri dati in disaccordo con ‘sta leggenda). Andrebbe smantellata perché intanto i posti di lavoro turistici cominciano a fioccare in tutto il territorio metropolitano, ma anche perchè i due terzi dei posti lavoro nella stessa città storica sono occupati da residenti in terraferma. Detto questo la posizione in classifica di Venezia non è solo data dal turismo e analizzando i parametri uno per uno si capisce che c’è anche molto altro a stare bene e a stare in alto, ben distribuito, lo star bene, nel dare una certa completezza.
Ce n’è abbastanza in definitiva per rivalutare e per riportare alla sua giusta fisionomia l’immagine che con certosino masochismo il veneziano medio, intendendosi tra questi anche il mestrino, perseguono a diffondere, vale a dire una caricatura di città. E come si sa nelle caricature, pur essendoci una base di fondatezza nei tratti per rendere riconoscibile la persona, i difetti vengono caricati ad arte e a tal guisa che poi ne viene mostruizzata tutta l’immagine complessiva, compresi i pregi resi invisibili, ridicolizzandola. Paro paro è ciò che avviene per Venezia, dove ovviamente i problemi seri e anche molto gravi non mancano, ma contestualizzati in un’immagine, caricaturale appunto, funerea e degradata fanno si che ci rimettono e vengono annullate anche le qualità notevoli, quelle del presente e potenzialmente del futuro, non quelle del passato di cui non sappiamo che fare. E al mondo intero, anche attraverso una stampa cittadina compiacente e sensazionalista, passa l’immagine della caricatura.
Non scherziamo allora. Nella Venezia metropolitana abbiamo piuttosto un’articolata e ricca condizione urbana di cui si può riempire un lungo elenco con fatti, luoghi e strutture rilevanti, a cominciare, come ci ricorda sempre il nostro Federico Moro, dalla strategica posizione geografica; e la classifica del ‘Sole 24’ rende giustizia nel certificare tale condizione. Lo fa con una posizione in graduatoria oggettiva, perché comunque non colloca la città ai vertici. Bisognerebbe analizzarla voce per voce e si vedrebbe che, per esempio, costi alle stelle delle case e relativa penuria di alloggi in città storica vengono certamente valutate a punteggio basso e via via per tutti i noti mali cittadini, anche di terraferma ben s’intende. Ma ciò che sta invece bene, e non solo, ripeto, l’occupazione turistica, nella classifica pesa all’incontrario e riequilibra, con gli interessi, la situazione complessiva. Viene fotografata dunque una condizione in cui, anziché essere quella bottega che fa i saldi per cessata attività come viene descritta, la città ha ancora le potenzialità per giocarsi la partita dell’eccellenza urbana. Per i suoi cittadini prima di tutto e poi anche per chi la vuol vivere in transito per fruirne i beni, contribuendo peraltro al perseguimento dell’eccellenza stessa.
Sarebbe perciò opportuno e risolutivo che, mettendo da parte un piagnisteo inutile e solo dannoso, le notevoli energie sociali che in questi anni hanno espresso proposte, progetti, ma anche fatti concreti, aiuto e riqualificazione sociale e urbana, anziché dividersi in conventicole, facciano massa critica e, insieme ( insieme anche sulle due sponde del comune) creino il traino persino sul piano politico. Nel quale dovrebbe cessare lo sterile teatrino tra maggioranza al governo, molto dedita alla propaganda delle sue buone azioni ben oltre i presunti meriti, e minoranza che rema sistematicamente contro, entrambi con attori che ancora oggi, a parte invertite, si comporterebbero, e si sono del resto comportati, nello stesso modo. Perché qualsiasi sia l’imbarcazione, caorlina o galeone, per andare avanti veloce, tutti devono remare insieme e soprattutto nella stessa direzione per risalire ancora la classifica nelle voci ancor oggi critiche. E una cittadinanza coesa e non divisa che tiene alle sorti della propria comunità così dovrebbe fare, remare nella stessa direzione, senza dividersi tra campanili e obsolete appartenenze. Dovrebbe valere anche per Roma e, oso dire, per l’Italia e fors’anche per l’Europa intera. Ma questa è un’altra storia di cui tornerò ad occuparmi.