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Questa nota di Mario Bonazzi, tratta dalla sua rubrica “Lezioni di filosofia” in SETTE del Corriere della Sera, del mese di Aprile scorso, può a buon diritto a mio parere aprire le note sul libro “Estranei. Un anno in una scuola per stranieri” di Alessandro Gazzoli, che lo ha presentato presso la Libreria “Il Giralibri “ di Mestre proprio un paio di mesi fa.
Il racconto che l’autore fa della sua esperienza come insegnante presso il Centro di Educazione per Adulti della cittadina di Cles, in provincia di Trento, è un racconto di culture a confronto, di posizioni diverse sul mondo, sulle relazioni, sulla religione, sul potere statale, sul sesso e sulla famiglia.
Il tutto all’interno di una classe multietnica e multiculturale a cui l’autore, in veste di docente di italiano, si trova a dover insegnare la nostra lingua. Le categorie di coloro che approdano a questi corsi per apprendere l’italiano sono diverse , e l’autore, nella prima parte del libro, tende a sottolineare la differenza anche grande tra coloro che lo fanno spinti dai familiari, coloro che sono lì per richiesta dell’Agenzia del Lavoro per avere le diverse forme di sostegno al reddito, e successivamente aspirare ad una futura posizione lavorativa qualificata, e il gruppo dei richiedenti asilo, giovani di 20-30 anni che soggiornano nelle strutture di seconda accoglienza presenti nella zona.
L’autore fa capire che la sua missione professionale si scontra fin da subito con una serie di posizioni dei corsisti apparentemente sconcertanti ,ad esempio nei confronti della religione . “ La religione, comunque, è sempre una, esiste la religione, non le religioni; quelle altrui sono ignorate, o tutt’al più tollerate in base a vaghi criteri di somiglianza (…), mentre sono viste con sospetto o con sincera apprensione quando propugnano dogmi inconciliabili con la propria, che mantiene il primato inscalfibile di una perfezione cristallina…”
Ma non è solo questo a farlo riflettere sempre più nel corso dell’anno su come noi italiani siamo visti da tutti questi occhi diversi dai nostri, da come lo spazio-scuola quotidiano e dipanato per alcuni mesi diventi lo spazio per porre in discussione da parte sua la presunta “apertura culturale” del mondo europeo, o meglio “europeista” come Gazzoli lo definisce, il desiderio legittimo di aprire varchi in versanti culturali diversi ma difesi nelle loro tradizioni con le unghie e coi denti, in cui l’insegnante si guarda in qualche modo rispecchiato per la prima volta in occhi così diversi dai suoi.
Uno degli aspetti interessanti di questo libro pieno di sincerità ed ammissione dei propri limiti, è anche lo spirito ironico con cui l’autore presenta la sua vicenda professionale, dandoci spesso l’impressione che chi ha imparato qualcosa a scuola in quest’anno appena trascorso sia stato lui, di fronte alle vite così diverse e spesso problematiche degli studenti della sua classe , di fronte alle loro improvvise scomparse per un certo periodo, e alla scoperta dei gravi motivi che si celavano dietro a queste assenze.
Alcuni nomi di coloro che è riuscito a seguire più da vicino vengono elencati: c’è Bobo, giovane richiedente asilo, che spezza la pazienza del suo insegnante senza riuscire ad imparare niente, pur continuando a ringraziarlo per l’aiuto, Yara e Shazia, entrambe giovani pakistane, l’una con look occidentale palesemente provocatorio, l’altra molto più contenuta e castigata nell’abbigliamento. Ma è la vicenda di Priti, ragazza indiana dall’atteggiamento palesemente ribelle nei confronti delle regole di famiglia, che sarà costretta a tornare in India dal padre per comprendere meglio i doveri di donna e di figlia che sembrava aver dimenticato, ad essere raccontata con più particolari.
“…Dunque è questo che sta dietro le assenze di Priti, la sua aria distratta, lo sguardo smarrito che mi lancia quando le consegno il materiale per recuperare il programma che ha saltato durante la sua latitanza da scuola. Non c’è disinteresse, né superficialità: sta solo vivendo qualcosa più grande di lei, qualcosa che la schiaccia, che la spinge sempre più giù, in un baratro dove la voce della scuola e del dovere le arriva debolissima, come un richiamo da un universo remoto e incomprensibile”.
Quello che si svela dunque attraverso lo srotolarsi dei giorni apparentemente tutti eguali dell’ anno scolastico 2022/2023 nella Scuola Media di Cles, in Trentino, è un viaggio del tutto diverso e pieno di svolte inaspettate: è il percorso che porta questo giovane insegnante sicuro delle sue scelte politiche ed ideologiche, a confrontarle con brutale sincerità e totale disponibilità interiore , con i mille mondi diversi con cui si trova ogni giorno a confrontarsi . E ciò lo porta a dire tra l’altro “…A volte essere qui è come stare nel confessionale del mondo, in un’intimità così pura che nemmeno i parenti più stretti conoscono.”
E anche la sua pretesa di chiudere dentro di sè col pensiero del lavoro almeno nelle ore lontano da scuola , in questo continuo confronto lo porta alla fine ad ammettere “…La scuola non mi appartiene, ma io appartengo alla scuola…”
Ho la fortuna di conoscere vari amici impegnati nell’insegnamento dell’italiano agli stranieri, ed io stessa in qualche occasione li ho affiancati con i miei laboratori drammaturgici. Ecco, posso dire che, sempre, ho trovato in loro questo senso di offerta di cuore e di mente, la semplicità dello scambio, tante belle facce diverse sedute di fronte che cercavano sorridendo di fare del loro meglio. E che , come ad Alessandro Gazzoli, a fine anno portavano loro generosamente tanti piccoli regali che segnavano in silenzio il loro apprezzamento per il lavoro fatto.
Questo è un libro implicitamente dedicato a tutti loro , un libro da leggere per questo nostro Paese che cambia in fretta, è già cambiato, e dove c’è tanto futuro che ci circonda.
Alessandro Gazzoli, Estranei. Un anno in una scuola per stranieri
Nottetempo Edizioni 2024