
la politica dei pifferai
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Con l’approvazione definitiva della riforma costituzionale che modifica gli articoli 9 e 41, l’Italia è il ventiduesimo paese dell’Unione Europea a inserire in Costituzione riferimenti all’ambiente.
Nella parte dei principi fondamentali, all’articolo 9 in origine dedicato alla tutela del paesaggio e del patrimonio artistico e culturale, si aggiunge che la Repubblica “tutela l’ambiente, la diversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”. Nella parte dei diritti e doveri dei cittadini, conseguentemente ai nuovi principi stabiliti, all’articolo 41 si afferma che la libera iniziativa economica, oltre alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana, non deve arrecare danno nemmeno “alla salute e all’ambiente”.
All’annuncio dell’ultimo voto necessario, quello della seconda lettura della Camera avvenuta martedì 8 febbraio, sono apparse dichiarazioni enfatiche da parte di tutte le forze politiche e del Ministro alla Transizione ecologica Cingolani, che ha parlato di “svolta epocale”.
Ora, dal mio punto di vista non c’è niente di epocale – termine che dovrebbe essere usato molto più sobriamente. Si è trattato di un passaggio certamente importante, ma più semplicemente adattativo di principi già contenuti nella legislazione ordinaria e in una intensa casistica giurisprudenziale. Una volta tanto, è la Costituzione che si è adeguata allo spirito delle norme, piuttosto che il contrario. Era già accaduto nel 2001 con l’art. 51, contenente il principio della parità di genere.
Infatti, già i nostri Codici prevedono una forte salvaguardia dell’ambiente, e i reati ambientali sono ricompresi nell’ambito penale. Inoltre, le procedure di valutazione d’impatto ambientale, rigorose ed estese a tutti gli interventi di carattere infrastrutturale, che modificano sostanzialmente l’ambiente e il paesaggio, costituiscono da anni strumenti tecnico-amministrativi rilevanti. Naturalmente, con il riferimento in Costituzione, si possono evitare in radice tentativi maldestri, come quello della legge Obiettivo del Governo Berlusconi, la L. 443 del 2001, che in nome della semplificazione burocratica saltava passaggi fondamentali per la verifica di compatibilità di opere infrastrutturali (per la cronaca, la legge è stata un assoluto fallimento) o come quello avviato dalla maggioranza del Consiglio regionale Toscano che intendeva escludere dalle procedure di VIA/VAS i progetti PNRR. La funzione di una norma costituzionale può essere dunque considerata innanzitutto preventiva rispetto a un Parlamento che volesse arretrare su punti qualificanti già presenti nella legislazione vigente.
Ma l’adeguamento costituzionale ha non soltanto un versante interno, bensì anche uno esterno, nel diritto comunitario. L’ambiente è definito come materia concorrente tra UE e Stati membri nell’art. 4 del Trattato di funzionamento dell’Unione Europea, e declinato tra i compiti dell’UE all’art. 191 che parla di tutela e miglioramento dell’ambiente, protezione della salute umana, utilizzazione accorta delle risorse naturali, promozione di misure internazionali in campo ambientale, soprattutto contro il cambiamento climatico. Il Trattato enuncia, in questa parte, i principi di prevenzione e di precauzione, e il principio “chi inquina paga” (non dimentichiamo il fatto che questi temi sono stati inseriti nel Trattato dopo l’intervento della Corte di Giustizia europea, cioè dopo l’accoglimento di istanze di cittadini che avevano denunciato la lesione della propria salute a causa di danni all’ambiente). ( prosegui la lettura in SOLO RIFORMISTIhttps://www.soloriformisti.it/costituzione-e-ambiente-cosa-cambia/)