
CONO DI LUCE Cartoline d’amore tra una poetessa e uno scrittore con Wislawa Szymborska e Kornel Filipowicz.
14 Marzo 2025
Le tante crisi della Seconda repubblica: un incontro con Claudio Martelli e il suo libro
14 Marzo 2025Tanto tempo fa, alla metà del secolo scorso, diciamo, forse che i compleanni dei bambini si festeggiavano alla grande? Per lo più si festeggiavano sì e no, ch’io mi ricordi. Di norma, grasso ci cola se c’era una torta con le candeline, un regaluccio (uno solo), un brindisi, qualche parente ed amico a casa. E morta lì. (Io invece manco quello, visto che il mio genetliaco cade solo due giorni dopo Natale e quindi, figurarsi, di doni ne avevo già ricevuti abbastanza…).
Oggi, e non da oggi, si sa, siamo esattamente agli antipodi. Ogni anniversario infantile determina un’ampia mobilitazione genitoriale. Manco fosse la giornata mondiale del nonsocché. I genitori, poverelli, si adeguano, risucchiati dalla girandola di tutti i compleanni dei compagnucci dei propri figli. Ogni poco, se ne festeggia uno. Padri e madri si sentono spesso in obbligo di ricambiare con un festeggiamento altrettanto sontuoso, quand’è il loro turno.
L’impresa può essere impegnativa. C’è anzitutto la ricerca di una “location” che sia all’altezza della situazione. Poi ci sono gli inviti e i bigliettini amorevoli. Così ci si predispone ad accogliere l’orda infantile e dei loro parentes. C’è perfino da procurarsi i regalini per tutti i bimbi ospiti (cioè quelli che non sono festeggiati, si badi) perché altrimenti – udite udite – i pargoli convenuti, se rimangono senza un presentino anche per sé (e non si vede perché debbano riceverlo), potrebbero restarci male, poverini, rimanerne traumatizzati!
Di norma, invece, i membri delle puerili orde anzidette, quando sono da soli con i propri genitori, oggigiorno, visto che non c’è verso che ascoltino più dagli adulti uno stai fermo, stai seduto, non urlare, non andare in giro a toccare ogni cosa… e visto che la loro santa esuberanza non può più essere contenuta con un qualche energico rimbrotto (e non dirò una pacca sul sedere, per carità) vengono sedati con un cellulare tra le mani, grazie al quale se ne rimangono per un certo tempo a contemplare ipnoticamente gli insulsi cartoni animati odierni (ah, i cartoni animati di qualche decennio fa!)
Ma che la festa di compleanno sia aperta ad un’ampia schiera di esagitati infanti è ormai un must. Ed ecco che i poveri genitori volenterosi, per non essere da meno degli altri, che ti fanno? Cercano magari una “location” originale. Ebbene, questa volta hanno scelto una mega struttura balneare, una super piscina, denominata “Aquatica”, senza la c, situata nel Veneto A questa tale festa ho avuto la ventura d’essere invitato. Pensano, i poveri, inconsapevoli genitori: abbiamo trovato un posto ameno e rilassante, una specie di piscinona termale (o batterica?), un posto originale per accogliere degnamente gli invitati, in un ambiente rilassante e confortevole. S’illudono.
Dunque, ci si incontra lì, nella mastodontica struttura da balneazione, nel primo pomeriggio. Poi, dopo un po’ di sollazzo balneare, ci sarà il prescritto taglio della torta e i tanti-auguri-a-te. Ma entriamo nel merito della festa, anzi, entriamo proprio nella piscina. Si accede dunque alla “location”, lasciandosi alle spalle il rigido inverno e la nebbia di questa padània veneta, e ritrovandosi poi nella necessità di denudarsi, presso gli spazi angusti degli spogliatoi e gli armadietti minuscoli in cui devi far entrare sottovuoto i soprabiti e tutto il resto, tranne le ciabatte-mare, il costume (che indossi con difficoltà acrobatica) e un telo in spalla.
Ecco, sì, ora puoi fare, mezzo nudo, il tuo trionfale ingresso nell’area bagni e affini, e sei finalmente al cospetto della faraonica piscina circolare. Il primo shock è quello di tipo termico: stai infatti passano dagli umidi rigori climatici dell’esterno ad un caldo tropicale, altrettanto umido. Cominci subito a sudare. Ti si annebbia quasi la vista: ti si annebbia anche alla vista della molteplice e assiepata e accalcata e accaldata umanità che si aggira a stento, nonostante lo spazio enorme, dato l’inverosimile affollamento. Il bordo circolare della smisurata vasca è gremito a tal punto di ciabatte, che a malapena riesci a camminare.
Stante il caldo afoso, prendi immantinente la risoluzione d’immergerti in acqua per rinfrescarti, almeno. T’inoltri a fatica nella piscinona gremita, ti fai largo con difficoltà. Così, tra uno scusi, un permesso, un pardon, una gomitata nelle costole (tue), riesci a spingerti un po’ più in là, dove la profondità delle acque non è più quella iniziale, altezza bagnarola, però è poco meno alta di te. Mentre sei lì che ti domandi “ma io che ci faccio qui, privo di spazio non dirò per nuotare ma neanche per restare a galla?”, ecco che sopraggiunge l’effetto onda: ebbene sì, ogni poco, grazie ad un ingegnoso e spiritosissimo ritrovato, un macchinario dà un impulso e smuove le acque, di talché il bagnante possa illudersi (povero illuso) d’essere al mare tra i cavalloni. Geniale, esilarante trovata!
In ogni caso, essendo la temperatura del liquido non lontana da quella di un brodo, decidi presto che non ti sei rinfrescato affatto e ti ritiri in buon ordine, guadagnando di nuovo il bordo della piscina. E ora che si fa? Beh, si cerca almeno un posto meno affollato, dove appartarsi e sedersi in attesa dell’evento clou del pomeriggio: il taglio della torta con le candeline. Ma le sdraio e le sedie sembrano tutte ingombre di persone o asciugamani. Solo dopo un lento percorso tra adulti e bambini, che si trascinano lento pede, data la ressa, trovi finalmente una seduta libera.
E adesso che fare? Non hai portato nulla da leggere, imprevidente che non sei altro. Ma per fortuna non ti manca l’inseparabile cellulare. Allora calzi gli auricolari per estraniarti dal clamore perenne delle anime nude, perdute nel girone infernale. Ma non riesci ad ascoltare né una musica né altro, a causa dell’ininterrotto frastuono, del sommesso fragore, del rimbombo della “location” balneare. Non è nemmeno possibile scambiare due parole col vicino.
Puoi solo star lì, gli occhi chiusi, a pensare. E intanto rifletti su quale tipo di perversione, quale genere di sindrome induca tanti tuoi simili ad abbandonare, nei fine settimana, l’affollamento chiassoso delle città in cui vivono per spingersi in questi luoghi affollati ancor di più, simili ad una bolgia dantesca, più caotici di un centro commerciale nell’ora di punta. Siamo così assuefatti alla confusione che non riusciamo più a farne a meno? È un nuovo tipo di dipendenza?
Comunque, trascorse un paio d’ore in questo deprimente stordimento, giunge finalmente l’agognato momento della Gran Festa di Compleanno. Dunque, eccoci, in un’area attigua alla piscina, poco meno affollata, tutti seduti ad una tavolata di una trentina di persone, compreso l’animatissimo gruppo di pargoli scatenati ad libitum, vanamente inseguiti con affanno da genitori e zie. (Ma una pacca sul culo e un conseguente pianticello per farli star fermi, no?).
Ed ecco finalmente il prelibato menù della festa (alle quattro del pomeriggio?): salatini tanto croccanti quanto salatissimi e popcorn bisunti a profluvio, come antipasto; focaccine dell’altro ieri farcite con un sospetto affettato bambinesco e un misterioso formaggio spalmabile; ciambelle ricoperte da una glassa tanto dolciastra quanto variopinta e confettata; aranciata gassata a fiumi e, per finire, una torta tutta panna e tutto burro.
Al centro della torta troneggia, al posto delle solite candeline da spengere, un cilindro, un tubo dal quale fiottano interminabilmente scintille, con grande delusione del bimbo festeggiato, che non può smorzare col suo puerile soffio, ora che finalmente non ansima più, neanche una beneamata candelina. Sicché tutti aspettano che i fuochi d’artificio si esauriscano e intanto intonano a ripetizione il noto tanti-auguri-a-te.
Terminato infine il rifresco, che non è stato esattamente all’insegna della dieta mediterranea, si guadagna l’uscita dalla sedicente Aquatica. Sudando, ci si riveste a fatica e poi ci si getta, imbacuccati e bagnaticci, nelle brume gelide della pianura veneta.
Parini docet. Salute a noi.