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17 Marzo 2025di DINO BERTOCCO Ho un conto aperto con Claudio Martelli: mi considero uno dei destinatari (consapevoli) della coraggiosa, innovativa ed illuminata proposta da lui lanciata dal palco dell’Assemblea socialista riminese dell’’82.
Giovane ed ardimentoso sindacalista della CISL guidata da Pierre Carniti, nel pieno del vigore militante e della ricerca culturale, pensai – insieme a molti amici e colleghi – di aver trovato in quel messaggio inedito l’ispirazione giusta per dare un orientamento politico coerente all’iniziativa riformatrice che con la mia Organizzazione cercavamo e praticavamo con passione ed intensità, coniugando la tutela contrattuale dei lavoratori occupati con la concertazione sui temi riguardanti la popolazione più fragile ed i territori più colpiti da crisi economica ed inflazione.
Il discorso da lui pronunciato risultava non solo convincente, bensì confortante perché appariva come un implicito avallo e sostegno alle forze sociali impegnate a sottrarsi alla tentazione della mera difesa ‘classista’ e/o ribellistica degli interessi rappresentati, conciliando attraverso l’azione confederale – appunto – l’efficace regolazione di una politica economica orientata allo sviluppo con la salvaguardia dei ceti produttivi e sociali maggiormente esposti ai contraccolpi della crisi finanziaria vissuta dal Paese.
In realtà già da subito esso ci appariva denso di incognite, cioè una sfida impari per la precarietà dei rapporti politico-partitici in campo: un Partito (il PSI) convinto e galvanizzato dalla proposta strategica dei ‘Meriti e Bisogni’, ma privo di una reale capacità d’urto necessaria per superare le resistenze conservatrici dell’alleato democristiano e contemporaneamente affrontare energicamente la competizione-contrapposizione con la prevedibile e consolidata ostilità del PCI, sospettoso e refrattario nei confronti delle manifestazioni di un pensiero che ne intaccasse la propria egemonia culturale e ‘presa sociale’ nell’ambito della Sinistra vocata all’Opposizione e ‘rassegnata’ ad accettare il ‘fattore k’ attribuitole per la perdurante e rivendicata ‘diversità’ da parte del PCI berlingueriano.
Bisogna però rilevare e sottolineare che la visione riformista lanciata con tanta lucidità ed efficacia argomentativa dal palco di Rimini innescò un processo virtuoso di contaminazione positiva del dibattito politico e dell’azione sindacale i cui frutti, aspri ma succosi, sarebbero stati colti con la mobilitazione sulla battaglia per abbattere l’inflazione che, nella straordinaria congiuntura del Governo Craxi e della coerenza-determinazione delle componenti sindacali più mature e consapevoli della posta socioeconomica in gioco, con il ‘Patto di San Valentino’, raggiunse una tappa fondamentale ed indicò un percorso virtuoso alla strategia di un riformismo commisurato alle questioni strutturali gravanti sulla società e sull’economia nazionale.
Debbo altresì annotare che la spinta ad un mutamento complessivo di paradigma concepito e parzialmente praticato nel corso degli anni ’80 non trovò piena comprensione nel quadro partitico che, mutato con l’estromissione di Bettino Craxi da Palazzo Chigi, perse la spinta propulsiva di un leader di cui abbiamo riscoperto la statura in occasione del 25° dalla morte e conseguentemente l’energia mobilitante necessaria per consolidare il processo riformatore dell’impianto economico-istituzionale-produttivo del Paese, con il concorso attivo e co- responsabile di tutte le forze sociali.
La conseguenza fu che il rinnovamento necessario, auspicato a Rimini e praticato nei quattro anni di Governo a guida socialista, fu surrogato dalle misure di regolazione finanziarie, oltretutto rese inevitabili e stringenti dalla scelta (per molti versi salvifica) di accelerare il processo di integrazione europea (dall’accordo di Maastricht alla definizione delle tappe per l’introduzione della moneta unica con l’euro) e – per quanto attiene l’evoluzione del sistema politico – dalla traumatica entrata in scena di un (altro) attore esterno, ossia la Magistratura che, con il Pool di Milano, si auto-incaricò di procedere all’epurazione di larga parte del ceto partitico, aprendo il varco, a sinistra, alla compagine dei ‘graziati’ (ovvero ai membri dell’Opposizione, in larga parte ex comunisti) ed a Destra agli esponenti di una nuova leva di protagonisti, mobilitati dalla sorprendente e vincente entrata in campo dell’imprenditore Silvio Berlusconi, sedicente alfiere e promotore di una ‘rivoluzione liberale’.
Tutto ciò in realtà ha introdotto sì il cambio di registro nella governance, da più parti evocato, ma con l’effetto paradossale di inaugurare una stagione trentennale (che perdura) nella quale piccole dosi di liberalismo e riformismo annunciati sono state in realtà sommerse da misure di politica economica e sociale connotate da una micidiale mistura di illusionismo e conservatorismo, di assistenzialismo e neocorporativismo.
Cosicchè, per citare le parole di Martelli “Il ventennio che va sotto il nome di Seconda repubblica coincide con la crisi della produttività economica, della scuola e della sanità pubblica, con l’inverno demografico, con un angoscioso disagio giovanile. L’inadeguatezza dei leader e della partitocrazia senza partiti metterà capo a una terza stagione, quella che stiamo vivendo, che purtroppo ci allinea o ci vede primatisti entro le tendenze più pericolose emerse nello scenario internazionale: il populismo e il nazionalismo” (pag. 136).
Ma su questa torsione del sistema politico-istituzionale italiano, che ha caratterizzato sia i contenuti programmatici dell’azione di governo che il linguaggio e le forme organizzative della ristrutturazione della rappresentanza partitica, rinvio all’analisi storiografica dell’ultimo trentennio nazionale contenuta nel Documento ‘Sveglia riformatori’ nella quale mi sono proposto di affrontare “una rassegna meditata delle questioni e dei temi & dilemmi che si sono sedimentati nel tempo lungo del ventesimo secolo, a partire dalla ricognizione delle connessioni e fratture che hanno connotato la storia tormentata e tormentosa dei movimenti socialista e popolare, dell’interazione tra di essi e con la cultura liberaldemocratica ed azionista”, con il risultato di privare l’Italia di un Partito compiutamente riformista ed in grado di rappresentare un’alternativa credibile e praticabile nell’ambito della dialettica parlamentare.
L’intero testo del documento al seguente link:
https://www.dinobertocco.it/wp-content/uploads/Equita-sociale-def.pdf
Presentazione e discussione con l’autore:
Centro comunale ‘Gino Strada’ – Montegrotto Terme – Padova
Martedì 8 aprile ore 17.30