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17 Marzo 2025Un tempo si diceva che le strade dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni. Dopo avere letto il disegno di legge governativo, finalizzato ad introdurre nel nostro ordinamento il delitto di femminicidio, mi sono persuasa che l’antico detto sia ancora valido.
Confesso che le mie perplessità iniziano dal nome – femminicidio, appunto – che trasferisce in un testo di legge un termine di derivazione giornalistica, utile per definire un tragico fenomeno sociale, ma del tutto inappropriato quando si tratta di tracciare le linee di una fattispecie penale conforme ai principi della nostra Costituzione e coerente con il nostro ordinamento.
Le perplessità di cui ho detto, però, si traducono in stupore quando mi accingo ad esaminare il testo della norma, che si prefigge di punire chi cagiona la morte di una donna “come atto di discriminazione o di odio (…) in quanto donna”.
Chiunque sia in possesso di elementari nozioni giuridiche sa che il nostro codice penale, fin dal 1930, ha inteso punire con la massima pena prevista dal sistema (l’ergastolo, appunto) chi commette omicidio ispirato da motivi “futili o abietti”: abietti, insomma, come quelli che scaturiscono da intenti discriminatori o da un risentimento inaccettabile, come quelli che muovono delitti della specie di cui stiamo ragionando.
Dunque, quello che oggi è pubblicizzato come un segno di svolta a protezione delle donne, a conti fatti, si risolve in un intervento del tutto pleonastico. E’ già scritto, per dirla chiaramente.
Non basta.
Scrivere norme penali per inseguire il consenso politico è, soprattutto, pericoloso, perché la norma (indipendentemente dalla cacofonia del titolo e dall’approssimazione della sintassi, che nel nostro caso imperano) rischia di infrangersi contro il muro dei precetti costituzionali che impongono una descrizione precisa delle condotte e delle intenzioni.
In altri termini: discriminazione e odio verso una donna “in quanto donna”, se davvero rappresentano un elemento di specificazione dell’esistente, non raggiungono il risultato e, anzi, introducono una genericità che finirà sotto la scure della Corte Costituzionale.
E che dire della violazione dell’articolo 3 della Costituzione? Mi spiego: risponderà di femminicidio l’uomo che per ragioni di odio di genere uccide una donna. E se una donna, per le medesime – turpi – ragioni, terrà la medesima condotta a danno di un uomo? Perché due fatti identici nell’elemento oggettivo e soggettivo dovrebbero essere sottoposti a trattamenti diversi?
Ancora: nemmeno le altre finalità previste dal “nuovo” articolo 577 bis c.p. sono esenti da critiche e censure (alla stessa pena soggiace chi uccide la “donna per odio verso la donna” e chi invece la uccide “per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità“.)
Intanto, anche queste condotte, come il caso precedente, sono una inutile, e pericolosa, ripetizione, di quanto già sanzionato dall’articolo 577, nr. 4, c.p. Ma, quel che più conta, rischiano di creare confusione nei futuri interpreti della legge, che di certo si dovranno interrogare sulle relazioni con altre norme, sulla specificità del dolo e su un sacco di altre cose. E torna la disparità già evidenziata di trattamento con condotte identiche, attribuibili a donne contro uomini (se la donna uccide per reprimere l’espressione della personalità dell’uomo?)
L’unico vero risultato di questa norma è creare un solco ancor più evidente tra quello che si consente o non si consente, a come si tratta o non si tratta il contegno di persone di genere diverso, accentuando la differenza di genere, piuttosto che la parità.
Concludendo: l’intenzione era ottima, ma il risultato è pessimo.
Alle 113 donne uccise nell’arco del (solo) 2024 si sarebbe dovuto rispondere con iniziative culturali, con misure davvero protettive, con una tutela adeguata. La legge penale c’era già e conteneva il necessario per punire chi toglie la vita ad altri in circostanze che meritano la massima riprovazione.
I proclama politici, emessi il giorno prima dell’8 marzo, che contengono misure inadeguate, inutili e inique, onestamente, li lasciamo a chi abbaglia e a chi si lascia abbagliare.