Fotovoltaico, i nodi al pettine. L’affaire Cà Solaro
30 Agosto 2024All’origine delle ragioni del declino italiano
5 Settembre 2024Anche a me, e non solo a Carlo, quando ero giovane e abitavo a Venezia, si raccomandava di non andare in Baia del Re e di non frequentare ragazzi e ragazze che abitavano là. Generava una paura, venata da una certa romantica curiosità, verso il territorio della malavita locale che viveva, allora, di contrabbando e prostituzione. Poi a metà anni Settanta sono venuta ad abitare a Mestre e ho visto la città, che era dapprima ritenuta la meno verde di tutta Italia, crescere di alberi, fiori, piste ciclabili fino a diventare tra le città più verdi del Paese con il parco della Bissuola, poi quello ancor più grande di San Giuliano e i boschi intorno a Favaro. Una città giovane, moderna, sempre più vivibile. Ma non era tutto così semplice perché, contemporaneamente, molti ragazzi morivano di eroina.
“Il fenomeno della tossicodipendenza alimentò la strage silenziosa di un’intera generazione di giovani che abbandonarono il lavoro, lo studio e l’impegno politico a causa dei devastanti effetti dell’eroina. Ciò ha alimentato il sospetto, meritevole di ulteriori approfondimenti alla luce di nuove fonti, che tale effetto possa essere stato la conseguenza di un’azione di guerra non ortodossa dispiegata dai servizi segreti del blocco occidentale, ispirata dalla Cia dal 1968 in poi e realizzata dall’Aginter Press di Lisbona […] allo scopo di fiaccare e disarticolare i movimenti di contestazione rivoluzionaria nell’ambito della cosiddetta “Operazione Blue Moon” che in Italia avrebbe avuto come coordinatore il trafficante internazionale agente provocatore statunitense Roland Stark.[1]“
Affermazione che, come sottolinea lo storico, merita ulteriori approfondimenti, tuttavia inquadra il problema nella sua dimensione glocal, come conclude anche l’articolo di Carlo Rubini. L’assunzione di sostanze stupefacenti e psicotrope che forniscono stati di eccitazione o, al contrario, anestetizzano e calmano la sofferenza sono state sempre utilizzate dagli uomini, anche in società del passato, in farmacopea o in occasione di rituali sciamanici. Inoltre, oggi, il traffico di droghe macina miliardi e quindi si configura come un fenomeno strutturale. Per risolvere il problema del diffondersi delle droghe, sempre più sintetiche e con effetti devastanti, e con la situazione di insicurezza che genera tra la popolazione, occorre avere uno sguardo lungo e costruire progetti e alleanze con tempi dilatati e risorse disponibili.
Facciamo un po’ di ordine, prendendo in considerazione i diversi soggetti coinvolti: i produttori, i distributori, i consumatori, le persone che vivono l’insicurezza nel territorio in seguito al traffico di droga, le risposte dell’amministrazione e del Servizio Sanitario (Serd). I produttori si trovano soprattutto in alcuni paesi del Medio Oriente, ad esempio l’Afganistan, e nel centro-sud America, dove intere popolazioni di contadini campano con le coltivazioni di papaveri e varie erbe allucinogene, contadini poco intenzionati a convertire una produzione redditizia, facile da mantenere. Poi vi è la distribuzione in mano ad agenzie malavitose che pure fanno campare intere famiglie nel mondo. Ne è un esempio l’impresa criminale dei Nigeriani che si sono presi la piazza di Mestre, organizzando una struttura aziendale con il capo, facente le funzioni di “amministratore delegato” che organizza l’attività: chi procura la droga, chi tiene i contatti internazionali, chi controlla i pusher di strada. Se uno di questi viene arrestato, viene subito sostituito. Tutti questi “lavoratori” non si drogano e mandano i proventi dei loro affari alle famiglie in Africa che mantengono con il loro “lavoro”. Anche queste situazioni rimandano a un contesto internazionale che va combattuto, se lo si vuole davvero, con interventi di polizia mirati a livello sovranazionale.
Ma dal momento che i fatti si consumano nel local, vicino a noi, prendiamo in considerazione i residenti, consumatori e non. È il compito che si è assunto il “tavolo dipendenze”, formato da alcuni partecipanti al Gruppo di Lavoro di via Piave, sollecitato dalla richiesta di sicurezza proveniente dal territorio. Infatti una certa micro-criminalità e il lugubre primato di morti per droga negli ultimi anni, secondo solo a Napoli, destano preoccupazione e desiderio di intervento dal “basso”. È di assoluta evidenza che se non ci fosse domanda non ci sarebbe mercato, per cui intervenire sulla domanda appare decisivo. Anche qui occorre fare delle differenze tra chi assume sostanze conducendo una vita pressoché “normale” di lavoro e studio riuscendo a condizionarne l’uso, alle volte per resistere alla fatica (ad es.camionisti) spesso per provare forti sensazioni. Soprattutto i giovani e giovanissimi la usano dapprima per una forma di trasgressione o per superare le difficoltà dell’adolescenza, rimanendo intrappolati in una drammatica e disastrosa dipendenza. In questi casi come se ne esce?
Due le parole chiave: riduzione del danno e prevenzione. Sulla riduzione del danno le amministrazioni con Massimo Cacciari e Gianfranco Bettin erano intervenute costruendo una rete di protezione con interventi in strada per la fornitura di siringhe pulite, farmaci e assistenza psicologica. Tutto poi è stato smontato dall’amministrazione Brugnaro, che, anziché portare necessari aggiornamenti all’impianto iniziale, ha preferito togliere gli operatori dalla strada e rinchiuderli negli uffici, per controllarli meglio perché, secondo lui, troppo liberi di agire fuori dalle strutture. Pensando, avventatamente, che le sole azioni repressive, pur necessarie, potessero porre argine al fenomeno dilagante. Ricordiamo la maxi operazione del 10 luglio 2018, fatta con spiegamento di mezzi di terra e d’aria (elicotteri) e quella del 12 giugno 2024 che hanno certamente prodotto arresti importanti, ma che, senza altro seguito di tipo preventivo e culturale, hanno soltanto spostato il problema in altri luoghi della città.
Per la prevenzione la questione è complessa: occorre mettere in atto interventi di lunghissima durata che superino il periodo di una tornata elettorale, per costruire una cabina di regia dove forze dell’ordine, Serd (Servizio Dipendenze), Dirigenti Scolastici, Dirigenti di Centri Sportivi, sociologi, psicologi, operatori dell’amministrazione, gruppi di volontariato, parrocchie lavorino prima di tutto su una informazione onesta delle conseguenze dell’uso delle droghe e poi sul “disagio” giovanile. Questo per “formare” persone responsabili, capaci di “usare” in modo costruttivo della propria libertà. D’altra parte occorre agire su una certa cultura che genera lo “stigma” verso chi fa uso di sostanze, per far lievitare, invece, un sentimento di pietas verso chi esprime un certo tipo di sofferenza. E a proposito di atteggiamenti culturali, penso che la politica nazionale dovrebbe prender atto che la depenalizzazione di droghe cosiddette leggere parrebbe utile per un controllo delle stesse, oggi spesso tagliate in modo pericoloso, perché vendute nel mercato illegale non controllato; inoltre svuoterebbe un po’ le carceri, assestando un notevole colpo al mercato delle stesse. Anche la realizzazione di un luogo, in cui chi vuole fare uso di sostanze possa rifugiarsi, senza offrire spiacevoli e pietosi spettacoli in strada, e dove trovare assistenza medica e psicologica, potrebbe rispondere al fastidio misto a paura dei cittadini non consumatori. Il “tavolo dipendenze” si è mosso per mantenere vivo il problema superando facili slogan e atteggiamenti prettamente ideologici. Ricordo due eventi molto partecipati: a Mestre, nel patronato della chiesa di via Piave, l’8 settembre 2020 “Spaccio consumo prevenzione” con esperti del tema: Paola Scalari, psicoterapeuta, Fabrizio Guaita, medico, psicoterapeuta, mons. Dino Pistolato, della comunità Emmaus. Poi a Marghera il 5 novembre 2021, organizzato dal Pd, in particolare da Paolo Ticozzi “Droghe in città: idee per il governo del territorio” con Stefano Vecchio, già capo del Dipartimento Dipendenze a Napoli, Claudio Cippitelli, sociologo, Marco Perduca, Comitato Promotore del Referendum per la cannabis legale.
A un problema così complesso non ci possono essere risposte semplici. Innanzi tutto ci vogliono intelligenza, volontà e risorse per costruire un mondo di persone responsabili e felici. Ma i “padroni” del mondo, i nostri governanti lo vogliono davvero?
[1] Miguel Gotor, Generazione Settanta, Einaudi 2022, p. 202