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5 Settembre 2024Le polemiche e le proteste scatenate dal progetto di realizzazione di un campo “agrivoltaico” in zona Cà Solaro (Comune di Venezia) sono il perfetto paradigma delle difficoltà e delle contraddizioni intrinseche di cui è lastricata la strada verso la transizione ecologica (che è, s’intende, necessaria). E mettono a nudo la vacuità e il velleitarismo di una certa scuola di pensiero, piuttosto diffusa, per cui esiste una soluzione facile e a portata di mano che si ammanta della formula taumaturgica e risolutiva “energia rinnovabile”. Per meglio dire, energia da fonti rinnovabili; che ha due grandi vantaggi: 1) non produce alcun tipo di emissione (perlomeno durante l’esercizio) e 2) attinge da fonti rinnovabili e quindi tendenzialmente infinite. Le rinnovabili sono sostanzialmente l’acqua, il vento e il sole. Per l’acqua, ovvero lo sfruttamento dei bacini idroelettrici siamo da tempo al fondo del barile (e ci sarebbe da considerare l’impatto ambientale che comporta il privare un corso d’acqua di svariati metri cubi per un tratto significativo del suo percorso, ma usciremmo fuori tema). Il vento, le grandi turbine che costellano i nostri paesaggi, è probabilmente vicinissimo alla massima capacità, e anche in questo caso ci sono varie controindicazioni quali l’impatto visivo, il disturbo alle specie avicole, soprattutto a quelle migratorie, il rumore e, non ultimo, la creazione di mostruosi basamenti sotterranei in cemento armato. In sostanza, l’unico asset per cui c’è un certo margine di incremento è il solare, ovvero i pannelli fotovoltaici.
Il progetto contestato di Cà Solaro è appunto un impianto solare, per 16 MW di potenza installata su 18 ha circa di terreno (in linea con la regola del pollice classica di un MW per ettaro consentita dall’attuale tecnologia). È, come detto, un impianto agrivoltaico in cui i pannelli solari sono posizionati su supporti elevati per permettere la coltivazione del terreno sottostante, con qualche limitazione, ovviamente di colture che richiedono illuminazione indiretta. Se poi questa parziale destinazione agricola sia reale o solo teorica, una foglia di fico per rendere accettabile il progetto, non è dato sapere. Del resto, la foglia di fico (se tale è) non ha avuto grande effetto perché si è scatenata una rivolta di piazza da parte degli abitanti delle zone circostanti. Resistenza dapprima proprio dal basso a cui si sono aggiunte tutte le forze politiche (caso rarissimo di condivisione bi-partisan) fino all’endorsement alla protesta persino del Sindaco di Venezia nonché della Città Metropolitana, che è un attore importante in gioco. Ma sull’aspetto legislativo e politico torneremo in seguito. Cerchiamo prima di focalizzarci sull’evento fattuale.
In prima battuta, questo è il classico caso di sindrome NIMBY (Not In My Back Yard).. il rinnovabile okay, la transizione green benissimo ma i pannelli non li metti a casa mia. Ma chi protesta in questo caso ha oggettivamente buon gioco a sostenere che la scelta, in linea di principio, di utilizzare campi agricoli (in un Paese in cui la cementificazione del suolo è già molto – troppo – spinta) è concettualmente sbagliata. Perché appunto i campi devono essere dedicati alla produzione agroalimentare o comunque lasciati allo stato naturale, eventualmente boschivo ma non essere oggetto di ulteriore consumo di suolo. A questo proposito è stato fatto notare (particolarmente proattivo in tal senso è stato il partito di Azione, che ha perfino organizzato una raccolta firme per chiedere alla Regione di sospendere l’iter autorizzativo) che nel Veneto è in vigore una legge (la LR 17/2022) che impone alle province o Città Metropolitane, come nel caso in ispecie quella di Venezia, di mappare i terreni agricoli e di indicare quelli “di pregio” dove appunto l’installazione di impianti fotovoltaici (e pure agrivoltaici) non s’ha da fare. Azione sottolineava che le province di Padova e Vicenza hanno definito “di pregio” la quasi totalità delle aree agricolo, prevenendo quindi di fatto la comparsa di impianti su questi terreni. mentre la Città Metropolitana di Venezia era inadempiente. Detto fatto, la CM si è affrettata a mettersi in riga e ha redatto la richiesta mappatura (ora in attesa delle osservazioni dei comuni interessati) e, analogamente a Padova e Vicenza, ha praticamente definito tutte le sue aree agricole – ivi compresa quella in questione di Cà Solaro – come “di pregio”, quindi ponendosi di traverso all’approvazione del progetto.
Ora, vale la pena di entrare nel merito della questione legislativa perché davvero significativa delle contraddizioni intrinseche che citavo in premessa. L’art. 1 della LR 22/2022 ne definisce le Finalità (che è proprio il titolo dell’art. 1). Ne riporto il testo (le evidenziazioni in grassetto sono mie):
- La Regione del Veneto, nel perseguire la transizione energetica del sistema socio-economico regionale ponendosi l’obiettivo della decarbonizzazione al 2050 e della riduzione della dipendenza energetica, in conformità al decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità” e al decreto ministeriale 10 settembre 2010 “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”, al fine di preservare il suolo agricolo quale risorsa limitata e non rinnovabile, individua aree con indicatori di presuntiva non idoneità nonché, in applicazione del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 “Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili”, aree con indicatori di idoneità alla realizzazione di impianti fotovoltaici.
- All’individuazione si procede attraverso un contemperamento degli interessi coinvolti dalla realizzazione degli impianti di cui all’articolo 2, in funzione del conseguimento degli obbiettivi di produzione di energia da fonti rinnovabili, come definiti nel Piano nazionale integrato per l’energia ed il clima (PNIEC) e nella normativa pianificatoria vincolante dell’Unione europea e statale in materia di energia, con i valori di tutela dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico-artistico, delle tradizioni agroalimentari locali e della biodiversità, e in coerenza con l’obiettivo del consumo di suolo zero entro il 2050 e della lotta ai cambiamenti climatici e con gli obiettivi della pianificazione territoriale ed energetica regionale.
Ora, è evidente che l’obiettivo dichiarato della LR è, come dire, salvare capra e cavoli (“contemperamento degli interessi coinvolti”) ovvero perseguire gli obiettivi di produzione da fotovoltaico e, insieme, preservare il suolo agricolo ecc. E quindi la ratio della legge era individuare esattamente le aree agricole di pregio sulla base di criteri, indicati negli articoli successivi, come (faccio solo alcuni esempi per non stancare il lettore): appartenenza a siti protetti a vario titolo, zone all’interno di coni visuali in cui l’iconografia e l’immagine storicizzata associano il luogo alla presenza delle emergenze paesaggistiche da salvaguardare, zone di particolare pregio turistico, aree interessate da produzioni agricole di qualità, aree di interesse storico. Dunque, la povera Regione Veneto, dovendo perseguire obiettivi contrastanti ha tentato appunto di invitare le province a indicare “dove sì e dove no”. Ne consegue che le province di Padova e Vicenza e ora, sulla scia dell’affaire Cà Solaro, la CM di Venezia, indicando tutte le aree agricole come di pregio (alla faccia dei criteri selettivi o, come recita la Legge, “indicatori di presuntiva non idoneità” proposti dalla Regione) NON hanno applicato la LR secondo la ratio della stessa. Ma hanno approfittato della Legge stessa per mettere al bando ogni impianto. E detto a margine: il terreno di Cà Solaro, coltivato a soia, stretto tra due tangenziali, i realizzandi stadio, palazzetto e bretella ferroviaria, nei pressi di un aeroporto intercontinentale.. non avrebbe nessuna delle caratteristiche per essere considerato di pregio.
Ricapitoliamo:
- la Regione adempiendo a una indicazione statale, che a sua volta si conforma a una Direttiva Europea, chiede alle Province di indicare dove non poter mettere gli impianti ma, automatica, anche dove poterli mettere per adempiere agli obiettivi ecc. ecc.
- le Province rispondono “da nessuna parte” e chissenefrega degli obiettivi.
Ora, sono le Province che hanno torto? Che remano contro la transizione energetica? Che non hanno a cuore la promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili? No, le Province (almeno a parere di chi scrive) fanno benissimo a proteggere TUTTE le aree agricole, perché queste sono in re ipsa preziose. Semplicemente, la contraddizione nasce dal fatto che la scelta europea, dall’alto, di puntare sulle rinnovabili, quando si scarica sulla realtà, si scontra con gli abitanti di Cà Solaro e chissà quante altre Cà Solaro ci saranno in tutta Italia. Perché il problema di fondo è quello di sempre: la produzione di energia elettrica col fotovoltaico è estremamente costosa in termini di occupazione di suolo e anche con il miglioramento della tecnologia (vedasi https://www.luminosigiorni.it/italia/quando-litalia-pensa-in-grande-un-caso-di-successo/= ) resta che la produzione di energia solare da fotovoltaico occupa più di 20 volte la superficie di una centrale termoelettrica a parità di potenza erogabile (e non parliamo della produzione di energia..). E in Italia non abbiamo.. un deserto del Sahara da cospargere di pannelli. Per perseguire la transizione ecologia e l’obiettivo zero emissioni, il solare può essere una soluzione accessoria, si possono e devono sfruttare le coperture di capannoni industriali, discariche, aree prive di qualsiasi altra possibilità di utilizzo (ma sono poche) ma l’unica soluzione per produrre energia in quantità sufficienti a soddisfare il bisogno energetico (a maggiore ragione se si diffonde la mobilità elettrica) senza bruciare fossili e quindi senza emettere CO2 è il ricorso al nucleare. Non si scappa. Con buona pace delle vestali dell’ambiente, quelle che il nucleare vade retro, viva il solare salvo poi.. trovarsi in prima fila a opporsi nei casi tipo Cà Solaro. E qui casca l’asino..
Immagine di copertina: © Hi Tech Ambiente