
CONO DI LUCE Il fuoco delle sorelle Bronte trasmesso da Angeles Caso.
19 Gennaio 2025
Il PD e l’agenda di governo
23 Gennaio 2025L’editoriale è legato all’attualità e non farò eccezione, perché ciò che sto per dire riguarda ‘cose’ attualmente tutte presenti.
Per la politica e per le comunità che essa rappresenta ci sono temi e problemi di prima grandezza, con proporzioni nettamente superiori a quelli che si possono definire ordinari, nettamente superiori per una caratteristica che li contraddistingue: il grado di coinvolgimento globale e il riconoscimento generale della loro gravità, che una fisiologica minoranza di negazionisti non riesce a ridimensionare. Perché sono temi e problemi che hanno soprattutto il carattere dell’urgenza, in alcuni casi anche drammatica; e se non drammatica di forte e pesante impatto e disagio e di attentato letale a valori riconosciuti da tutti, e, se non da tutti, da molti e diffusi.
Il lettore si chiederà a questo punto a quali temi e problemi mi riferisco, ma volutamente non li elenco, perché desidero spostare l’attenzione dal ‘che fare’, una variabile, al ‘come fare’, una costante.
Infatti, è ben vero che il ‘che fare’ varia da un tema all’altro, ma la caratteristica generale che li accomuna fa sì che certe modalità del ‘come fare’, a parer mio obbligate, siano trasversali a tutti ed è a queste modalità che intendo riferirmi. Perciò l’editoriale è legato all’attualità, per quanto volutamente anonima.
Mi interessa, ci interessa, il ‘come’: come, con quali percorsi e con quale metodo la politica e le società tutte possono pensare di risolvere o trovare soluzioni drasticamente migliorative e possibilmente risolutive a problemi gravi, urgenti, complessi, cronicizzati; e di grandi dimensioni o per scala geografica, o per entità economica e culturale anche a scala più ristretta, o per i numeri e/o la qualità delle persone che risultano coinvolte. Sono “problemi vitali”, nel senso che riguardano la sopravvivenza o la stessa esistenza di segmenti e di realtà ampie e/o molto importanti della vita collettiva, con un retroterra storico importante a tutte le scale geografiche, coinvolgendo razionalmente ed emotivamente non poche decine, ma milioni di persone. Ognuno di essi, in ciò che sto per scrivere, lo accumunerò agli altri proprio con la sigla “PV” che identifica il “problema vitale” per eccellenza.
E ognuno riconosca il suo.
La democrazia, dove esiste e sta in piedi, si sa, si fonda sulla libera competizione di persone e raggruppamenti che hanno tra di loro idee diverse su come risolvere i problemi o anche sul fatto che la tal cosa stessa sia un problema. Per taluni lo è, per altri lo è meno, punti di vista. Chi governa con una maggioranza decide in base a questa logica. In più fa legittimamente gli interessi delle categorie di elettori che l’hanno votato.
Nessuno eccepisce a questa logica, che a me lascia alcune e fondate perplessità, anche applicata ai non meno importanti problemi cosiddetti ordinari, che sono la stragrande maggioranza per numero elencativo; dal marciapiede alla scuola bus, fino alle tasse e alla politica economica di uno stato. E sono grandi e piccoli problemi ‘ordinari’, perché ricorreranno ordinariamente sempre. È probabile che la logica suddetta, nonostante le mie riserve, dia sufficienti garanzie per far fronte a questi problemi ordinari, che, per la loro ricorrenza, più che problemi sono semplicemente temi. Ce lo spiega accuratamente Luigi Marchetti su questa stessa pagina a proposito di un sistema elettorale che, ordinariamente, funziona. E bene, va dato atto.
Tuttavia, si capisce per contrasto che questa logica dell’onesto e consolidato tran tran ordinario della politica, non paga quando deve affrontare temi non ordinari ma straordinari, come quello di trovare soluzioni ai PV; spesso cronicamente emergenziali, grandi e riconosciuti da tutti o dalla stragrande maggioranza. Quella ordinaria di fronte ai PV è una logica semplicemente sempre perdente, nella misura in cui i problemi grandi, basta guardarli, restano immutati, non risolti, son sempre lì in mostra tali e quali si erano presentati al loro esordio, mentre le cose piano piano addirittura peggiorano, passo dopo passo. Certificano, con la loro cronicizzazione irrisolta, l’impotenza della ordinaria politica dell’alternanza democratica per la soluzione dei PV. Diventa perciò immobilizzante adeguarvisi per mera pigrizia, o più che immobilizzante, del tutto inutile e fuorviante. Meglio allora arrendersi e rivolgersi solo all’ordinario, dove comunque il lavoro non manca. I PV con la logica ordinaria ce li teniamo e vada come vada, tanto la vita è breve e ci penseranno figli e nipoti a riproporre il tema della loro soluzione. Penso però al futuro che li attende e, siccome ad arrendermi non ci sto, provo a consegnare loro almeno un vademecum, hai visto mai che possa andar bene anche subito.
Certo per imprese eccezionali, quelle che lasciano il segno, il pre-requisito è che ci vogliono leader eccezionali (che chiamerò LE), coraggiosi perché portatori di scelte drastiche coinvolgenti tutte le parti sociali, di grande levatura morale, capaci di visione, ma pragmatici nello stesso tempo. Perciò, facendo leva sul loro prestigio, già acquisito e dimostrato sul campo nella società civile che hanno frequentato e per il ruolo che lì vi hanno svolto, si renderanno sicuramente conto che è decisivo tessere una rete di relazioni ampie per creare consenso sulle scelte politiche da mettere in campo per affrontare e risolvere PV. In realtà ci vuole alle spalle e accanto e davanti e di fianco un’intera comunità consapevole, che rema dalla stessa parte di LE. Sfogliamo i libri di storia e ci accorgiamo che sempre i grandi PV, e in genere le grandi imprese che li hanno riguardati, in tempi di pace e in tempi di guerra sono stati risolti in via definitiva solo e sempre in questo modo. L’ordinario può permettersi chi rema contro, lo straordinario no, pena il fallimento. L’io individuale è un bene prezioso, la parzialità ha una sua logica, ma il “noi” in alcuni casi diventa la carta decisiva del successo. E’ sempre stato così in tutti i momenti chiave dell’avventura umana, da quando il primate che ci ha preceduto tra i tre e i quattro milioni di anni fa è sceso dagli alberi e ha sfidato la savana insieme al primate sceso dall’albero a fianco.
Quando penso al consenso penso a ciò che deve avere alle spalle LE per dare una soluzione una volta per tutte a PV. Deve avere alle spalle in primis la forza della sua società, meglio, direi, avere con sè tutta intera la sua comunità di riferimento (borgo, città, nazione e così via verso l’alto), anche con la sua parte non-migliore, quella con meno doti e tenendo conto persino di quella che può remare contro per interessi di corporzione più o meno leciti. Se il problema è mondiale, e ce ne sono, la comunità alleata da avere a fianco sarà quella mondiale, non si scappa. E così via, dal grande al piccolo. PV deve avere alle spalle un blocco sociale solido e vasto, che copra la stragrande maggioranza dell’articolazione sociale della comunità (il totale sarà sempre impossibile), su cui svolgere egemonia con la propria proposta. Perché cercare di risolvere PV vuol dire mettere in campo soluzioni coraggiose e rivoluzionarie rispetto all’andazzo che lo ha creato e cronicizzato, misure shock, qualcuno le chiama ‘cure da cavallo’. Quindi non si tratta solo di garantirsi l’appoggio di una vasta platea di elettori, o persino di ‘grandi elettori’, se la scala si fa grande e addirittura globale. Questo è il livello politico direi quasi scontato, ma che scontato poi non è, e viene comunque alla fine del processo, dando per buono il fatto che il carismatico LE con in programma risolvere PV deve ancora farsi eleggere (o designare) per dispiegare tutta la potenza della sua azione. Ma anche se fosse già eletto e in sella, le modalità non cambiano poi molto, perché avere alle spalle un consenso forte dovrà essere la preoccupazione costante per ogni passo delle misure draconiane del suo programma. Per tutto ciò, nella fase elettorale e nella successiva gestione del potere, LE dovrà intrattenere relazioni permanenti con l’articolazione sociale, economica e culturale dell’oggetto su cui vorrà agire ed anche di quelli che gli sono geograficamente e storicamente vicini, con cui dovrà per forza di cose connettersi.
Questa articolazione è costituita da una fitta trama di corpi sociali intermedi. È ben vero che anche i partiti sono corpi intermedi, ma li terrei in serbo alla fine del processo, quando la partita diventa anche politica in senso pieno.
L’interlocuzione con i corpi intermedi diventa decisiva, perché sono quelli che detengono, piaccia o no, pezzi di potere e sono in grado di influire e indirizzare. Senza mezze parole alcuni li chiamano anche “poteri forti”, definizione non priva di malizia per la natura occulta e ai limiti della legittimità di chi li esercita, sostituendosi a quelli legittimi e istituzionali, e, in qualche modo, prevaricando, nella percezione comune che li definisce “forti” anche per questo. Ma se non sono tutti “forti” in questo senso deteriore, sono comunque poteri riconosciuti, spesso alla luce del sole, che rappresentano delle vaste basi sociali reali, e ‘forti’ comunque fosse solo per questo. In realtà sto parlando di entità che hanno il merito, che è poi il loro compito, di organizzare le numerose parti sociali in gioco. Sono categorie sociali ed economiche, professionali, lavorative in senso lato, ma anche associative e aggregative di imprese ed enti con grandi numeri di persone (che sono quelli che contano), e nelle quali si produce, ma si fa anche cultura in senso lato. In taluni casi si esprimono forme incisive di solidarietà sociale e nello stesso tempo si tutelano interessi, sfatando il pregiudizio che solidarietà e interessi parziali non possano convivere.
Certo ci sono anche poteri forti, anzi fortissimi e occulti, che non hanno alcun interesse a trovare soluzioni drastiche a PV perché sono parte del suo problema e anzi lo hanno in qualche modo generato. E, se non generato, sono nati su di esso e da esso ne hanno tratto linfa. Certo con quelli non si tratta, non si negozia nulla, perché la soluzione di PV passa per la loro distruzione e/o ridimensionamento. Ma quel minimo di cinismo che LE deve avere lo deve portare a non ignorarli.
Per fare un esempio, per cui mi tradisco e manco all’impegno di non citare casi di grandi PV (ma è solo un esempio), uno di questi, cronicizzato, è il ritardo costante e immutabile del Meridione italiano, rispetto all’Italia e rispetto all’Europa, ritardo, numeri alla mano, in tutti i comparti, economici, sociali e culturali. Qualcosa che appunto richiederebbe una volta per tutte una “cura da cavallo”, e nello stesso tempo di lunga durata, con tutte le caratteristiche metodologiche di coinvolgimento fino ad ora ricordate. Con la mafia e le sorelle mafiose di almeno altre tre regioni del sud non si andrà certo a trattare, perché la mafia fa parte integrante del PV che si vuole risolvere. Ma si può far finta di ignorarla in un piano risolutivo di vaste dimensioni che deve durare nel tempo? LE dovrà perciò avere quel pizzico di cinismo che va a guardare anche lì, nelle crepe, se ci sono, della struttura, per cercare per quanto sia possibile di disarticolarle, socialmente soprattutto, nella base del loro consenso.
In questo ragionamento ci sono, me ne rendo conto, concetti che potrebbero cozzare tra di loro.
Vediamo. Da una parte si cerca consenso, coinvolgimento su programmi con soluzioni draconiane, che tuttavia, per essere efficaci, devono essere messe in atto senza guardare in faccia nessuno. Perché si ritiene che esse produrranno un bene collettivo, il bene dei più, che attendono un riscatto da una grave situazione stagnante e tendente ad aggravarsi. Dall’altra è matematico che tali soluzioni draconiane scontentino segmenti di società che hanno una rendita in positivo dalle tendenze chiamiamole ‘naturali’ generali, letali per i molti, ma proficue per vaste e diffuse nicchie, sommerse o emerse che siano. Scontentare allora deve essere messo nel conto perché, se non si scontenta qualcuno vuol dire anzi che i programmi di LE non prevedono di metter mano alle rendite di posizione, ridimensionando il coraggio di cui si credeva lui fosse portatore. Lo scontento di partenza per le corpose nicchie è persino una cartina di tornasole che indica se si sta andando o no sulla strada giusta. Questa cosa necessaria evidentemente va a cozzare con l’obiettivo del consenso più vasto possibile dei i corpi sociali di cui si è ampiamente detto sopra.
Ripeto: la rivoluzione di LE deve scontentare minoranze corporative agguerrite.
Sul momento. Poi però, magari non si dialoga, ma si cerca di parlare anche con questi mondi scontenti. E in questo tentativo di ‘secondo tempo’ sta la ricucitura tra due prassi che obiettivamente sembrano cozzare.
E gli si fa con pazienza un ragionamento. Questo. Risolvere o intraprenderne la soluzione di PV conviene a tutti e anche a loro, non è una soluzione positiva solo per la vasta e articolata maggioranza a cui PV non sta per niente bene. Lo è anche per le nicchie che passivamente credono di continuare a sfruttare la situazione, con il risultato di aggravarla fino a che ci rimettono anche loro, e anche le loro rendite stesse vanno a farsi benedire.
Se poi le nicchie non sono nicchie ma stati giganteschi come Cina e India ( e anche questo è solo un altro esempio) il discorso è identico. Lo si veda sulle loro presunte rendite di mega inquinatori atmosferici. Il danno attuale che producono è già un danno enorme anche per loro. Va da sé che a livello planetario i singoli stati sono i “corpi intermedi” e i succitati Cina e India costituiscona in qualche modo alla scala più grande quei ‘poteri forti’ di cui si diceva, non fosse altro per la loro bulimia demografica.
Bisogna dunque insistere, insistere e insistere e far capire che una ritrovata felicità generale derivata dalla soluzione di PV è per loro, per i poteri più o meno occulti, una rendita migliore di quella ‘particulare’. Insistere e ricavare il massimo anche se il massimo non è molto, ma è comunque un centimetro in più del centimetro in meno che si avrebbe senza insistere. Serve ad ottenere un centimetro in meno di ostruzione.
Quindi nell’agenda di LE ci dovrebbero essere confronti a 360°, preventivi e poi mantenuti in seguito quando si è al potere, con tutto ciò che si muove nella società, per ottenere un appoggio, non formale ma sostanziale e corresponsabile, al piano shock e pretendendo che questo appoggio sostanziale venga fatto filtrare, apertamente e anche silenziosamente, nelle loro basi associative, non disdegnando neppure l’appoggio esplicito di chi è influente ai vertici, con ruoli di potere.
In gioco c’è il raggiungimento della felicità che PV e i non pochi PV nel mondo allontanano sensibilmente, provocando nelle coscienze più sensibili e responsabili un senso d’angoscia immobilizzante.
Eppure, il realismo, che dev’essere un carattere complementare agli altri nella testa di LE, lo deve portare ad analisi accurate che, dentro al magma negativo di PV, sanno trovare anche piccoli e grandi punti di forza che non mancano mai, persino nelle situazioni apparentemente più negative. Gli alleati anglo americani, di fronte al grande PV di sconfiggere l’orca nazista germanica, non avrebbero mai potuto realizzare lo sbarco nelle coste normanne se non avessero conosciuto i pochi ma significativi punti di forza presenti nello scenario negativo generale. I detrattori, i narratori della catastrofe sono i negazionisti anche dei pochi ma decisivi punti di forza, perché in realtà anche loro sono parte integrante del PV. Esistono non per risolverlo, ma per perpetuarlo con le loro inutili invettive di negatività globale su cui fondano la loro identità. Per renderla più convincente pensano di dover aggravare con l’assolutamente negativo una situazione già grave, che si spiega da sola anche con le sue preziose eccezioni. Negatività assoluta non c’è mai completamente da nessuna parte. Dentro al negativo di PV ci sono sempre oasi persino di felicità, che non chiedono altro che di essere dissodate dalla mota che i narratori di sciagure hanno artatamente distribuito sul terreno. Si vive bene, invece, in alcuni spazi negli interstizi di PV. E per fortuna, perché da quelli, anche e soprattutto da quelli, LE deve partire. Lo stato d’animo della speranza e della positività è fondamentale per vincere la sfida e chi lo vuole occultare e deprimere è uno dei maggiori nemici e corresponsabili delle cause di PV. Vade retro. E ravvediti.
PS Si dirà che in questo quadro si è tralasciata la politica, quella con la P maiuscola e quella con la p minuscola. Certo, non si fa un passo se non la si affronta di petto, ma avevo anticipato che proprio per questo la si terrà per ultima. E ultima, ma non l’ultima lo sarà alla prossima puntata, con un editoriale ad hoc. Per quello, ma anche su questo appena letto ( interamente si spera, nonostante la lunghezza) vorrei dai miei interlocutori in famiglia risposte e non abbozzi di compiacenza.