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25 Gennaio 2025Se dovessi spiegare in poche battute e con un linguaggio comprensibile a tutti la ragione per la quale sono un convinto sostenitore della necessità di separare le carriere dei magistrati giudicanti da quelli requirenti, direi esattamente le cose che seguono.
E’ giusto separare. Anzi: separare significa completare finalmente il lungo percorso che consentirà ai principi del giusto processo di avere casa nel sistema giustizia, fissando anche nella legge quella distinzione tra il Giudice e le altre parti – il Pubblico Ministero è una di queste – di cui parla proprio la nostra Carta fondamentale.
Non è vero, quindi, che questa riforma rappresenta uno strappo della Costituzione ed un attentato alla indipendenza del Pubblico Ministero. Il progetto di riforma non interviene, neppure indirettamente, sulle norme che regolano l’indipendenza dei giudici (articolo 101) e del Pubblico Ministero (articolo 107). Piuttosto, è vero che, fin dal 1948, il costituente volle disciplinare in modo diverso la indipendenza, comunque garantita, dei magistrati giudicanti e di quelli requirenti.
Non dimentichiamo, soprattutto, che la Costituzione del 1948 contiene una norma transitoria nella quale è detto che la Repubblica avrebbe dovuto emanare una nuova legge sull’ordinamento giudiziario conforme a Costituzione. E’ un dato di fatto che l’attuale assetto dell’ordinamento giudiziario risale all’epoca fascista, nacque sotto la vigenza di un codice diverso, e soprattutto prima che la Costituzione fosse adeguata ai principi del giusto processo. A distanza di 75 anni, è ora di attuarla, la Costituzione.
In ogni caso, se il progetto sarà approvato, non uno dei poteri attribuiti al Pubblico Ministero sarà cancellato o ridotto, e la figura del Giudice ne uscirà rafforzata nella sua terzietà e nel suo prestigio. In altre parole, non ci saranno ricadute negative e non uno dei nostri diritti sarà messo in pericolo.
Cambierà, invece, la composizione dell’organo di autogoverno, che sarà sdoppiato, eliminando una volta per tutte le contaminazioni, a volte fonte di scandali. Non ci sarà più la possibilità di accordi incrociati tra giudici e pubblici ministeri per l’attribuzione di incarichi: ciascuno amministrerà i suoi e attribuirà gli incarichi agli appartenenti alla propria categoria, senza condizionare gli altri o esserne condizionato.
Uno degli scopi della riforma, infatti, è proprio questo: interrompere definitivamente quei collegamenti che nuocciono alla credibilità del sistema giustizia; ridimensionare lo strapotere trasversale delle correnti nella gestione delle cariche elettive e degli incarichi direttivi. Sotto questo profilo, però, dissento dal progetto di riforma. Non mi piace il sorteggio: le correnti, per quanto abbiano dato una pessima prova di sé, sono espressione di vitalità culturale. Comunque, non possiamo cancellare la democrazia rappresentativa a causa del cattivo uso che qualcuno ne ha fatto. La nostra democrazia è più forte, e più solida, degli abusi degli uomini, quale che sia la loro funzione.