
ATTENDIAMO ANCORA LA BAD GODESBERG DEL PARTITO DEMOCRATICO
30 Maggio 2024
Un’Aurora liberale ed europea
31 Maggio 2024Ho conosciuto Graham Watson all’inizio di questa campagna elettorale, grazie a sua moglie Rita Giannini, liberale fiorentina e socia, come me, del Liberal Forum.
Watson è un nome noto tra i liberali europei, non solo perché è stato presidente dell’ALDE dal 2011 al 2015, ma anche per la sua lunga esperienza come europarlamentare. Nel Regno Unito, Watson ha sostenuto in prima persona la battaglia politica contro la Brexit, cercando di evitare quella scissione, che poi si è rivelata un fallimento.
Durante il nostro incontro, ho ricordato con lui il reportage di Carole Cadwalladr – giornalista dell’“Observer” -, che ha messo in luce l’incidenza di Facebook sull’esito del referendum sulla Brexit. La giornalista gallese, tornata al suo paese natale, rimase sorpresa nel vedere come i suoi connazionali avessero una visione distorta del rapporto tra Comunità Europea e Regno Unito, non riconoscendo le molte trasformazioni positive avvenute in Galles, proprio grazie agli investimenti Europei.
Parte di quel reportage è poi diventata la base di un famoso discorso tenuto in uno dei tanti eventi TED (qui il video e qui la traduzione in italiano).
Anche qui in Italia un certo tipo di propaganda – più diffusa di quanto si pensi -, si è prodigata a descrivere la Comunità Europea come un “elefante burocratico”, capace solo di bloccare le risorse per lo sviluppo.
Lega e Destra “sovranista”, in particolare, si sono rese promotrici da sempre, di questa ideologia reazionaria, cercando di venderla come una “verità assoluta”: vi ricordate, ad esempio, il motivo per cui nel 1994 i cittadini italiani hanno dovuto cambiare le targhe automobilistiche? Ci raccontarono che dovevamo adeguarci a quanto stabilito, all’epoca, dalla Comunità Europea; quando, in verità, il provvedimento fu imposto perché il vecchio sistema italiano di immatricolazione non era idoneo a registrare il crescente numero di veicoli in circolazione.
Ci sono idee chiare anche su chi abbia supportato questo tipo di propaganda e Watson, in proposito, conferma che: “i fondi russi dietro Farage, Le Pen e probabilmente anche Salvini non sono l’unica ingerenza nella nostra politica. Ci sono stati anche – almeno in Gran Bretagna -, fondi privati degli hedge funds dalla East Coast americana”.
Come un vaso di coccio tra le grandi potenze economiche e militari, l’Europa sta vivendo un momento critico: da un lato la sua integrità geografica è minacciata dalle bellicose mire espansionistiche della Russia; dall’altro, la probabile elezione di Trump potrebbe ulteriormente isolare gli Stati Uniti, riducendo il potere della Nato. Nel frattempo, si incrementa sempre più lo sviluppo, non solo economico, di Cina e India.
Al riguardo, il candidato di “Stati Uniti d’Europa” è stato lapidario: “I nemici della UE hanno usato le nuove tecnologie, come quella sviluppata da Cambridge Analytica – che tanta influenza ebbe sull’esito del referendum sulla Brexit -, molto probabilmente per influenzare anche le elezioni nazionali svolte in Svezia e nei Paesi Bassi”. Si tratta, infatti, di tecnologie facilmente utilizzabili e a basso costo, che possono influire in maniera decisiva e su larga scala, anche in ambito elettorale e di propaganda politica.
E’, quindi, imperativo reagire subito, cambiando prospettiva sulla Comunità Europea; sottolineando, ad esempio, come solo l’Unione ci abbia permesso di superare la pandemia e la crisi economica che ne è conseguita.
D’altra parte, il PNRR non è l’unica risorsa con cui l’Europa aiuta ed ha aiutato economicamente i membri della Comunità; lo sanno bene le piccole e medie aziende che hanno saputo, in questi anni, proporre piani di sviluppo in tanti settori industriali ed agricoli.
Serve, dunque, trovare una sintesi tra le esigenze dei vari paesi europei, per dare vita “non solo ad una vera politica estera, ma anche ad una politica della difesa e ad altre politiche comuni che siano all’altezza delle aspettative dei nostri concittadini”.
La soluzione di Waston è la visione che caratterizza la Lista degli Stati Uniti d’Europa: “Questo si può fare solo con una Europa federale. Nell’odierna Unione Europea, infatti – in cui per le decisioni importanti serve avere l’unanimità nel Consiglio dei Ministri -, un solo paese (ad esempio, l’Ungheria) può bloccare qualsiasi progresso.”
Questo vale anche per la politica industriale: negli ultimi anni, il processo di crescente globalizzazione ha aiutato la distribuzione della ricchezza in molti paesi, che sono, così, riusciti ad emergere da una situazione di povertà diffusa e hanno visto migliorare la qualità di vita della propria popolazione, penso ad esempio alla Tailandia e al Vietnam se non la stessa Cina.
Per contro, la mancanza di una politica industriale coesa ha, invece, fatto sì che l’Europa, ed in particolare l’Italia, subissero un grave contraccolpo negativo, spesso legato a diverse normative statali e a diverse realtà sociali.
Watson chiarisce, nel suo intervento, che: “una politica industriale è la migliore forma di politica sociale. L’economia italiana è di nuovo in crescita e crea benessere, ma anche la povertà cresce e raggiunge livelli record. Il governo attuale non dimostra abbastanza preoccupazione per le politiche di aiuto ai più poveri”.
Una politica sociale europea può aiutare a non dimenticare le categorie più deboli anche in Italia, evidenziando, ancora una volta, come la società Europea si sia differenziata da quella Statunitense o da quelle Asiatiche, per l’attenzione prestata al welfare e al sostegno dei più poveri.
Così come, una politica industriale europea può aiutare anche a gestire la transizione energetica che sta coinvolgendo fortemente il settore della mobilità e, di conseguenza, tutta la filiera di fornitura del settore Automotive.
Oltre alla Motor Valley emiliana, sono interessate in tal senso, molte medie e piccole aziende del Nord Est e non solo.
I liberali sono già riusciti ad introdurre, nelle normative europee, la neutralità tecnologica, per evitare di spegnere la ricerca nelle diverse soluzioni, che non siano quella elettrica.
Watson sottolinea che: “la neutralità tecnologica è molto importante. Ma ci vuole anche una politica industriale per sostenere la transizione. In USA la Inflation Reduction Act ha portato ad un immenso programma di sussidi per le imprese. Bisogna che il nostro PNRR abbia lo stesso scopo.”
E’ necessario, quindi, che i fondi Europei siano efficacemente legati ad un processo che rinnovi le filiere europee, rendendo il know how delle nostre aziende ancora più innovativo, sia a livello produttivo che di working methods.
“La Banca Europea di Investimenti è abbastanza forte da servire come base. Serve la volontà politica”.
Al termine dell’incontro, ho fatto, con Watson, anche qualche considerazione sulle nostre realtà di provincia, dove molti piccoli negozi di periferia chiudono, sopraffatti dalla concorrenza della grande distribuzione e dei colossi delle vendite on-line. Lo abbiamo visto con le librerie; poi con le edicole e adesso con i negozi di alimentari. Oltre al danno economico, la chiusura di questi negozi “spegne” i quartieri, rendendoli spesso dei dormitori, meno sicuri e meno vivibili.
Watson ha rilevato che: “questo è un problema che tocca ogni paese europeo, direi ogni paese che abbia raggiunto un certo livello di benessere. Non abbiamo ancora trovata una soluzione sostenibile. In Francia gli investimenti a livello locale hanno saputo in parte frenare la tendenza, ma il cambiamento sociale, soprattutto quando è rapido, lascia sempre qualcuno indietro.”
Tuttavia, la libera concorrenza è un principio importante che non va messo in discussione; da sempre porta innovazione e vantaggi non solo per i consumatori ma per tutta l’economia.
Dunque: “È necessario investire in uno studio più approfondito di questo fenomeno, e studiare politiche a livello locale che aiutino a salvaguardare la diversità, che è sempre una ricchezza.”
Dall’incontro, ci siamo lasciati con la consapovelozza che i prossimi giorni saranno molto faticosi: Graham ha poco tempo per convincere gli elettori del Nord Est della bontà di una visione politica che, sebbene sopita, è in realtà nella testa di molti concittadini.
Tuttavia, una certezza ci accomuna: siamo profondamente convinti che, per garantire la competizione economica mondiale e per difendere gli interessi comuni, non serve un’Europa debole; serve un’Europa, forse diversa in alcuni aspetti, ma sicuramente più forte, un’Europa federale.