Elementare Watson!
31 Maggio 2024RIGENERAZIONE URBANA Area Pili, una vergogna da ri-generare
31 Maggio 2024Aurora Pezzuto, candidata nel Nord Est per la lista Stati Uniti d’Europa, è una giovane liberale che lavora nel business della Data Analysis. Con un atteggiamento proteso verso il futuro, la nostra chiacchierata si svolge con un piglio quasi scientifico, diretta e precisa.
La nostra intervista parte dal reportage di Carole Cadwallad ((qui il suo discorso a TED e qui la relativa traduzione in italiano) sugli effetti negativi che la propaganda ha avuto sugli esiti del referendum della Brexit nel Regno Unito. Lo stesso tipo di propaganda ha descritto, qui in Italia, una Comunità Europea fortemente burocratizzata e capace solo di bloccare risorse per lo sviluppo in nome di un controllo ossessivo dei conti pubblici. Come si riesce a rompere questa narrativa e cosa dovrebbero fare le istituzioni europee per farsi conoscere meglio?
AP: Per cambiare la percezione dell’Unione Europea è fondamentale migliorare la comunicazione e la trasparenza. Le istituzioni europee dovrebbero utilizzare un linguaggio chiaro e accessibile, adoperando i moderni mezzi di comunicazione per diffondere storie di successo e progetti concreti che hanno beneficiato le comunità locali. È altrettanto importante educare i cittadini sui benefici e sul funzionamento dell’UE, coinvolgendoli più attivamente attraverso programmi educativi, workshop e piattaforme di dialogo civico – progetti che solo le ultimissime generazioni, nate dopo di me, hanno iniziato già in parte a fare.
E’ essenziale enfatizzare come i fondi e le politiche europee impattano positivamente le regioni locali. Io quando cerco di dimostrare qualcosa enfatizzo i dati: rispondere in modo proattivo alle critiche con dati verificabili e fatti concreti può aiutare a smentire miti e disinformazioni. Adottando politiche flessibili e adattabili, l’UE può meglio rispondere alle diverse esigenze dei paesi membri, riducendo la percezione di un’istituzione troppo centralizzata.
Trovo, inoltre, che il dibattito sia un ottimo strumento per i cittadini: incoraggiare il dialogo aperto con i critici dell’UE offre la possibilità di affrontare direttamente le preoccupazioni, dimostrando che l’UE è aperta al miglioramento basato su un feedback costruttivo.
È cruciale promuovere un senso di identità europea, celebrando la diversità culturale e i valori comuni come democrazia e libertà.
Infine, è importante riconoscere che, nonostante l’UE possa essere vista come responsabile di vari ostacoli burocratici, spesso i veri colli di bottiglia si creano a livello nazionale. In Italia, per esempio, molte delle difficoltà attribuite all’Europa sono in realtà radicate nelle inefficienze domestiche, che ostacolano l’implementazione efficace delle politiche e dei fondi europei.
R: Torniamo alle ingerenze esterne e al momento critico che L’Europa sta vivendo nello scenario internazionale: la violenza dell’espansionismo Russo che minaccia i nostri confini, il possibile isolamento degli USA nel caso di vittoria repubblicana alle presidenziali e la crescita economica e politica di Cina e India. Si riuscirà a trovare una sintesi tra le esigenze dei vari paesi europei per iniziare una politica estera (e quindi militare ed economica) coesa e unitaria?
AP: È nell’interesse di tutti i cittadini europei preservare le libertà ottenute dalla nascita dell’Unione Europea. La creazione di una politica estera e di difesa autonoma, meno dipendente dagli Stati Uniti, è cruciale in un contesto globale di alleanze mutevoli e priorità variabili. Attualmente, la spesa militare degli Stati membri dell’UE è molto inferiore a quella degli USA, con 700 miliardi di dollari spesi dagli Stati Uniti nel 2021 contro meno della metà da parte dell’UE. Questo sottolinea una forte dipendenza dalle capacità militari americane.
Per mitigare questa dipendenza, l’UE ha iniziato a sviluppare iniziative come il Fondo Europeo di Difesa e la Cooperazione Strutturata Permanente (PESCO), per rafforzare la collaborazione difensiva tra i membri. Nonostante questi progressi, è necessario un maggiore impegno finanziario e una migliore integrazione delle capacità militari europee. L’incremento degli investimenti e la condivisione delle tecnologie di difesa sono fondamentali per sviluppare una strategia di difesa comune che garantisca una risposta europea indipendente e efficace.
Rafforzare la difesa europea non è solo una necessità strategica ma anche una responsabilità politica essenziale per mantenere la sovranità e l’integrità dell’Europa in un periodo di incertezze globali. Con un impegno concreto verso una difesa più robusta, l’Europa può aspirare a un ruolo più prominente e indipendente a livello mondiale.
R: Oltre alla politica militare ed estera servirà definire una politica industriale comune per evitare errori come quelli commessi con la Globalizzazione, un processo che ha aiutato a distribuire la ricchezza. In molti paesi la qualità della vita dei cittadini è migliorata ma L’Europa, ed in particolare l’Italia, ha invece subito un contraccolpo negativo spesso legato a diversi quadri normativi e sociali. Come possiamo intervenire nel rispetto della libera concorrenza per evitare di perdere la battaglia economica con paesi che oltre ad avere manodopera ed energia a costi più bassi, riescono ad aggirare le regole sociali e di sicurezza che ci siamo dati in Europa?
AP: La globalizzazione è stata una forza potente che ha sottratto alcune nazioni dalla povertà e migliorato la vita di molti. Tuttavia, come sappiamo, ha rappresentato anche delle sfide significative, soprattutto per le economie avanzate come l’Europa e l’Italia, che devono competere con paesi che hanno costi di manodopera ed energia significativamente più bassi e standard normativi e sociali meno stringenti.
Per rispondere a queste sfide, dobbiamo prima di tutto riaffermare il nostro impegno nei confronti della libera concorrenza. Questo significa ridurre la burocrazia che soffoca le nostre imprese e lavorare per eliminare le regolamentazioni superflue che impediscono alle nostre aziende di competere su un piano di parità con i loro concorrenti internazionali.
Dobbiamo anche riconsiderare le nostre politiche fiscali per incentivare l’innovazione e l’investimento. Non è un segreto che il cuneo fiscale italiano sia tra i più alti in Europa. Riducendo la pressione fiscale sulle imprese, possiamo stimolare la crescita e l’espansione, permettendo alle nostre aziende di essere più agili e competitive sul mercato globale.
Infine, dobbiamo investire in educazione e formazione per garantire che la nostra forza lavoro sia la più qualificata e competitiva del mondo. Con lavoratori ben formati e industrie all’avanguardia, possiamo affrontare le sfide della globalizzazione non solo sopravvivendo, ma prosperando.
In breve, affrontando queste sfide con un rinnovato impegno per la libera concorrenza e un ambiente di business favorevole, possiamo garantire che l’Europa non solo mantenga, ma rafforzi la sua posizione nel mondo economico globale.
R: Tra le politiche comuni non possiamo tralasciare la transizione energetica che sta coinvolgendo anche il settore della mobilità e di conseguenza tutta la filiera di fornitura del settore Automotive. Oltre alla Motor Valley emiliana, sono interessate molte medie e piccole aziende del Nord Est. II cambiamento, qualsiasi direzione prenderà, è ormai inconvertibile. Come potranno le istituzioni europee aiutare imprenditori e lavoratori a gestire e guidare questo cambiamento invece di subirlo?
AP: In un contesto di transizione energetica che coinvolge il settore della mobilità e di conseguenza tutta la filiera automobilistica, le istituzioni europee possono adottare un ruolo di facilitazione che non implichi finanziamenti diretti ai privati, ma piuttosto promuova un ambiente favorevole all’innovazione e alla crescita sostenibile.
Primo, è cruciale promuovere una regolamentazione che favorisca la neutralità tecnologica. L’UE può garantire che le leggi e le normative siano progettate per stimolare l’innovazione aperta, permettendo alle aziende di esplorare liberamente diverse soluzioni energetiche senza pregiudizi o limitazioni specifiche. Ciò include la revisione di eventuali regolamenti eccessivamente restrittivi che potrebbero ostacolare lo sviluppo di nuove tecnologie nel settore automobilistico.
Secondo, le istituzioni possono lavorare per ridurre la burocrazia che spesso rallenta il progresso. Semplificare le procedure per le approvazioni di nuovi prodotti e tecnologie può accelerare il ritmo dell’innovazione e ridurre i costi operativi per le imprese.
Terzo, supportare la formazione e l’aggiornamento delle competenze nel settore può essere una priorità, facendo leva su collaborazioni con istituti tecnici, università e centri di formazione per garantire che i lavoratori siano pronti a gestire le nuove tecnologie e i processi produttivi che la transizione energetica richiede.
Infine, promuovere il dialogo e la collaborazione tra i vari stakeholder del settore, inclusi imprenditori, ricercatori, e rappresentanti dei lavoratori, può aiutare a garantire che il passaggio a nuove forme di mobilità sia gestito in modo equo e efficace, senza imporre direttamente soluzioni dall’alto.
In sostanza, il ruolo delle istituzioni europee dovrebbe essere quello di facilitare un ambiente in cui le imprese possano innovare e adattarsi alla transizione energetica con il minimo di ostacoli, lasciando al mercato la libertà di esplorare e capitalizzare su diverse opzioni tecnologiche.
R: Chiudiamo dando un occhio anche a quanto succede nelle nostre cittadine dove i piccoli negozi, detti di vicinato o di periferia, chiudono sopraffatti dalla concorrenza dei grandi supermercati e dal commercio on-line. La chiusura di questi negozi tende a ridurre i quartieri, soprattutto quelli periferici, a dei dormitori, spesso meno sicuri e meno vivibili. Come si può conciliare la salvaguardia delle nostre città e del tessuto sociale con la difese del consumatore garantita dalla libera concorrenza?
AP: La crescita della grande distribuzione e del commercio online ha indubbiamente trasformato il panorama del retail, portando benefici significativi in termini di convenienza e prezzi per i consumatori. Tuttavia, la chiusura dei piccoli negozi di vicinato ha anche effetti collaterali sul tessuto sociale e sulla vivibilità delle città, che meritano attenzione.
In primo luogo, è essenziale riconoscere che il mercato cambia in risposta alle preferenze dei consumatori. Le politiche che cercano di impedire questo cambiamento naturale possono risultare controproducenti, proteggendo strutture inefficienti a scapito dei benefici più ampi per i consumatori e l’economia nel suo insieme. Nonostante ciò, esistono strategie per mitigare gli effetti negativi senza compromettere i principi di libera concorrenza.
Una possibile soluzione potrebbe essere l’implementazione di politiche urbane che incentivino l’uso misto degli spazi urbani, dove residenze, negozi, e servizi coesistono. Questo può aiutare a mantenere viva l’attività economica nelle aree urbane, senza necessariamente limitare la concorrenza. Inoltre, potrebbero essere esplorate politiche fiscali che favoriscano l’imprenditorialità locale senza distorcere il mercato, come alleggerimenti fiscali temporanei per start-up che si insediano in aree urbane sotto-servite.
Importante è anche considerare il ruolo della tecnologia e dell’innovazione nel permettere ai piccoli negozi di competere meglio nel nuovo ambiente di mercato. Formazione e supporto nell’adozione di tecnologie digitali possono permettere ai piccoli imprenditori di espandere la loro portata di mercato e migliorare l’efficienza operativa.
Infine, un dialogo costruttivo tra le amministrazioni locali, i cittadini e i commercianti può favorire l’adozione di strategie di sviluppo urbano che valorizzino il ruolo sociale e economico dei piccoli negozi, arricchendo così la qualità della vita urbana senza sacrificare i benefici della libera concorrenza. Questo richiede una visione olistica che consideri tanto le esigenze economiche quanto quelle sociali, mirando a un equilibrio che promuova sia la vitalità economica sia la coesione comunitaria.
Ci lasciamo, sapendo che queste poche settimane di campagna elettorale saranno molto faticose. Il tempo è poco e la circoscrizione è molto ampia, serve potersi muovere dal Friuli alla Romagna, non dimenticando l’Alto Adige e il Trentino. Una sfida importante per chi, come Aurora, è alla sua prima campagna elettorale.
Buon voto a tutti.