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15 Ottobre 2022Alle ultime elezioni il M5S ha conseguito un recupero elettorale, risultando il primo partito in tre regioni del Sud, e consolidando il suo radicamento.
Uno dei fattori del suo successo elettorale è stata la difesa del Reddito di cittadinanza. E’ accertata una correlazione tra percezione del Rdc e voto al M5S. Si veda “Da Napoli a Palermo, ecco come il reddito di cittadinanza spinge i voti al M5s”, di Giorgio Pogliotti, IlSole24Ore 27.9.2022: i percettori del reddito al Sud superano gli 1,7ml su poco meno di 2,5ml in tutta Italia. A Napoli, prima città per numero di percettori del RdC; a Palermo, dove il M5S è il primo partito, in una Sicilia che è la seconda regione per numero di percettori del Rdc; ed in Puglia, che è la terza regione per numero di percettori, dove il M5S è il primo partito.
I difensori del Rdc fanno notare che la causa primaria del voto a Conte risiederebbe nelle condizioni di disagio economico, più diffuso al Sud, e questo costituirebbe il nesso causale. Senza dubbio una correlazione è diversa da un nesso causale. Le due motivazioni, voto espresso dal disagio economico e voto espresso a favore del provvedimento si confondono, sono sovrapponibili.
Ma, più specificatamente, “La correlazione tra tasso di percezione del reddito di cittadinanza e voto al M5S è presente non soltanto al Sud, dove il partito di Conte va meglio, ma anche al Nord e nella Zona Rossa. Sembra quindi che, al netto dell’area del Paese, laddove ci sia stata una maggiore richiesta di reddito di cittadinanza il voto al M5S sia stato più alto”; così conclude l’analisi del CISE, Centro Italiano Studi Elettorali, del 27.9.22, “Tiene la correlazione Reddito di Cittadinanza-voto al M5S”.
Resta il fatto che Conte ha puntato con successo su tale istituto, e la vocazione assistenzialista si conferma come un tratto attuale dell’identità del M5S.
Il Rdc può essere visto come indispensabile strumento di sostegno al reddito oppure, diversamente, come istituto disincentivante la ricerca di lavoro. Vista la diffusa indigenza di tante famiglie, e gli innumerevoli casi di indebito percepimento, si può affermare che rientri in ambedue le casistiche. Un istituto inoltre intrecciato con il recente fenomeno delle “grandi dimissioni”, cioè le diffuse dimissioni volontarie dal lavoro.
Senza entrare nel merito del Rdc, si dovrebbe convenire che qualsiasi istituto simile, di cui anche altri partiti vedono la necessità, deve essere sostenuto da programmi di sviluppo economico e di impulso all’attività produttiva. Senza lo sviluppo produttivo è difficile, se non impossibile, mantenere un welfare efficace. Comunque, che il Rdc sia mantenuto, o sia modificato, la sua utilità e la sua efficacia non possono fare a meno di un rigoroso sistema di controlli.
Parte della sinistra, prima e dopo le elezioni, si è schierata per una alleanza organica con il M5S.
Il M5S è un movimento nato con marcate caratteristiche populiste. La connotazione populista di un movimento si basa essenzialmente sulla contrapposizione tra il popolo, supposto virtuoso, e le élites, supposte corrotte e asservite a vari poteri, come afferma Cas Mudde, politologo olandese studioso di questi movimenti.
Una contrapposizione fallace – se mai ci fosse stato bisogno di verificarlo – per l’esistenza di diffusi comportamenti truffaldini in seno al popolo, (percepimento immeritato del Rdc, richiesta di bonus non spettanti, abusivismo edilizio, evasione fiscale, truffe di varia natura ai danni dello Stato, etc.). Obbiettivamente, il passaggio da movimento a partito di governo – o la compresenza di tratti di partito e tratti di movimento – ha diminuito la carica anti-élites che aveva contribuito al suo iniziale successo. Ma permane in larga parte dei suoi sostenitori la carica antipolitica, il carattere di fondo.
Un altro aspetto discutibile del M5S è la opaca democrazia interna: il ricorso alla base – una base indefinita – e le norme di consultazione interna, basate su un rimando circolare tra i diversi organismi interni (Assemblea, Garante, Consiglio nazionale, Comitato di garanzia), per cui le decisioni cruciali finiscono poi per essere prese dal Garante massimo, il guru primordiale.
Ed un altro aspetto ancora, questo davvero inquietante, è il mito dell’ ”uno vale uno”, ovvero la negazione del valore della conoscenza. Nella civiltà occidentale già gli antichi greci tenevano ben distinta la doxa, l’opinione propria di qualsiasi cittadino, dalla epistème, il sapere acquisito di chi possiede cultura e esperienza. Il mito dell’ “uno vale uno”, un mito fondante del M5S, annulla questa distinzione, tra l’altro messa in pericolo dai flussi massicci di opinioni che circolano quotidianamente sui social. Un mito gravido di conseguenze negative: la conoscenza ed il valore dell’esperienza sono basilari per la crescita civile e per il buon funzionamento della democrazia, come ben rilevato anche da vari commentatori della sinistra, da un po’ di tempo piuttosto silenti.
E’ vero che le alleanze servono a far numero per governare, ma hanno grande importanza anche le Weltanschauung, le visioni del mondo, e i programmi politici che a queste visioni si ispirano. Fattori che dovrebbero essere tenuti presenti.