
FUTURO POST ELEZIONI Il vessillo di Conte
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16 Ottobre 2022La conquista, da parte di una donna, di un’istituzione importante come la Presidenza del Consiglio è un fatto significativo. Lo è soprattutto in un paese come il nostro, dove i criteri di selezione della classe dominante sono ancora attraversati da un maschilismo ammuffito e anche un po’ imbarazzante. Da una parte, infatti, rimane indiscusso il diritto degli uomini ad acquisire presidenze e ministeri di spessore, dall’altra, le donne, che possono ambire, al massimo, a un ministero leggero, vengono reclutate con criteri alquanto discutibili. In questo, Berlusconi ha fatto scuola, pescando negli show e negli studi di Mediaset ministre e parlamentari. L’avvenenza più che la preparazione politica non è stata tuttavia una prerogativa di reclutamento della sola Forza Italia e ha risparmiato ben pochi partiti. È stato, questo, un fenomeno che si è diffuso molto nell’ultimo trentennio e, tranne qualche eccezione, ancorché rilevante, non si sono affermate figure femminili di spessore. E laddove si sono affermate o continuano ad affermarsi – penso a Ely Schlein, per esempio – hanno potuto aspirare, tutt’al più, al ruolo di vice.
La centralità nella politica è stata sempre maschio. Ora non più. Almeno a destra. Abbiamo infatti una presidente del consiglio in pectore. E a tutto merito della Meloni occorre dire che ha sfatato tanti luoghi comuni che proliferano intorno alle donne. Non è stata reclutata nel grande fratello di turno, né ha mai posato nuda per un calendario. Non è figlia d’arte (e per arte intendo genealogie politiche), non sembra rispondere ai requisiti della maggiorata in carriera né ha avuto mentori particolarmente influenti che ne abbiano favorito l’ascesa: introdotta al governo da Fini come ministro della gioventù, ne ha preso subito le distanze dopo la folgorazione di quest’ultimo sulla via di Fiuggi. Insomma, è una self-made woman, determinata, ambiziosa e lungimirante, che ha creato un partito, collezionando parlamentari in fuga da destre malconce e mettendo in atto delle strategie vincenti.
Una vittoria per noi donne? Sì, in linea di principio, se si vuole riconoscere il valore del merito personale. Innegabile in questo caso. No, se si considerano i valori morali, di uguaglianza, di inclusione, di rispetto e costituzionali portati avanti da Giorgia Meloni, e in particolare dalla destra che lei rappresenta.
Mi si obietterà adducendo, come sintomo di maturazione, la nuova veste di statista pragmatico-illuminata che concorda con Draghi le misure da adottare e recupera, al culmine di una campagna elettorale urlata, alcune misure di giustizia sociale. Penso piuttosto che si tratti di una tattica volta a costruire un’immagine rassicurante nei confronti delle istituzioni con cui l‘Italia deve fare i conti. È cambiata anche la voce. Dal gracchio stridulo e antisistema che ha stregato la platea di Vox, si è passati nel volgere di uno stretto lasso di tempo, al silenzio post elettorale e ai toni pacati di adesso. Pacati non solo nei decibel, nei timbri e nella sonorità, ma soprattutto nei contenuti, che dicono prudenza e continuità con quel governo di cui è stata l’unica oppositrice di rilievo.
Tanta astuzia, tanta spregiudicatezza, tanto calcolo fanno il paio con il linguaggio populista delle destre, con una dottrina nazionalistica tutta protesa a difendere la stirpe, con un’idea di distribuzione delle ricchezze tesa solo a tutelare le élite, con un cattolicesimo di facciata che, pur di accontentare una fetta portante dell’elettorato, è disposta a calpestare il diritto sacrosanto della salute delle donne o a bollare come innaturale il diritto di una coppia omosessuale a mettere su famiglia. Ed è proprio questo il rischio che si corre con un governo di estrema destra, indipendentemente da chi ne è a capo: scontentare, con l’allineamento al governo precedente, un elettorato assetato di discontinuità con un passato recente, ma riacquistarne la fiducia, facendo piazza pulita di diritti e di conquiste di civiltà. Da una donna al potere mi aspetterei una politica di accoglienza e di attenzione alle frange più deboli ma, se, come è prevedibile, non si vorrà deludere un’importante fetta di nazione (per usare un lemma a lei caro) che ha premiato col suo voto un partito conservatore, c’è da aspettarsi uno spaventoso ritorno al passato. Quello remoto, per intenderci.