
COSTUME E MALCOSTUME Una disavventura ospedaliera nella “eccellenza lombarda”
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RIGENERAZIONE URBANA Portineria di Quartiere – Crocevia Piave.
9 Novembre 2022La tornata di articoli di questa Newsletter contiene una ricca serie di riflessioni e di commenti sull’esito delle elezioni politiche celebrate il 25 settembre scorso. E soprattutto sulle prospettive future, un guardar lontano simboleggiato dall’immagine che cifra questa rubrica speciale di Luminosi Giorni. Il guardar vicino riguarda invece le conseguenze immediate, la composizione del Parlamento con il peso dei diversi schieramenti e il governo, che al momento è già pienamente nelle sue funzioni. Le riflessioni della pagina sono variegate, in più di un caso hanno su singoli punti valutazioni divergenti e uno degli elementi comuni a tutti è il riconoscimento della vittoria del centro destra, riconoscimento sin troppo facile, anche se dovuto.
Va preso perciò atto, senza isterismi e fobie inutili, che questo governo ci aspetta per i prossimi cinque anni e cerchiamo di ragionare su come, in un quadro che va oltre il perimetro nazionale e in un momento cruciale della storia europea, si debbano pretendere da questo azioni concrete nel perimetro di una politica fondata sul trinomio democrazia, libertà, giustizia.
Perché chi ha vinto deve comunque muoversi nel quadro costituzionale italiano, che su democrazia, libertà e giustizia è fondato, in più facendo i conti con i vincoli e gli indirizzi politici europei che su quegli stessi valori si basano. E lo stesso Governo deve rapportarsi in Italia con centinaia di enti locali, alcuni di grandi e influenti città, governati da maggioranze diverse dal centro destra.
Sarebbe perciò miope, per le forze di opposizione, ingessarsi nel presente e nel futuro immediato in un mero ruolo propagandistico e ostruzionistico, secondo una prassi ormai logora e inservibile. Anche perché l’ostruire e il far propaganda in questi casi si accompagnano con la inconfessata speranza che per la maggioranza e per il governo, e quindi di conseguenza per l’Italia, le cose vadano male. E che vadano male in questo momento di crisi acuta, non ce lo possiamo permettere, men che meno di sperarlo.
Per le forze politiche oggi all’opposizione andrebbe perciò trovata una modalità per essere presenti e coinvolte nelle grandi scelte economiche e di politica internazionale, riservandosi di alzare la voce in altri ambiti, che potrebbero riguardare per esempio i diritti; tenendo tuttavia presente che su questo tema generale, nonostante la carenza su alcuni punti specifici – penso allo ius soli e allo ius scholae [– l’Italia si trova oggi in una condizione irreversibile di sostanziali libertà civili in tutti gli ambiti.
Un altro rilievo comune alle riflessioni della pagina di Luminosi Giorni è il dato della condizione di minorità della maggioranza uscita dalle urne, quasi una contraddizione in termini. Perché sappiamo bene che è una maggioranza che ha preso meno del 50% dei voti validi e, considerando la vasta astensione, è stata di fatto votata da un quarto degli aventi diritto.
E chi non governa può dunque sentirsi legittimato a pretendere una politica di opposizione coinvolta nelle scelte operative, rimanendo vigile su tutto il resto.
Dentro alla maggioranza reale che non ha votato per le forze di governo, oltre 35 milioni di elettori italiani, c’è di tutto. Astensionisti sistematici, astensionisti momentanei che hanno rifiutato il partito votato prima senza rivotarne altri, oppositori del governo precedente e/o affossatori dello stesso – quindi distanti da quella sensibilità liberal democratica che il governo Draghi esprimeva – infine sostenitori coerenti fino all’ultimo del governo precedente, e propugnatori di valori come democrazia, libertà e giustizia – ancora Draghi – in un quadro europeo e occidentale.
Mi vorrei concentrare su questi ultimi, in pratica la galassia che fa riferimento al Terzo Polo e il Partito Democratico, entrambe formazioni a cui questa testata non solo è vicina, ma vorrebbe esserne anche una voce influente per un progetto comune. Progetto comune per ora molto lontano, come si evince anche dagli interventi pubblicati nella pagina di Luminosi Giorni da parte di autori e collaboratori che, mi pare, si richiamino convintamente a un pensiero che possiamo definire di socialiberalismo democratico e quindi si richiamino più o meno direttamente alle succitate formazioni politiche. Sui contenuti di fondo e sulle relative azioni politiche per realizzarli gli interventi mi paiono sostanzialmente d’accordo. Ma non sulla scelta di campo e sulle alleanze. Qui c’è e c’è stata divisione e si parlano lingue molto diverse, non solo sulle scelte fatte, ma pure sulle scelte da compiere.
C’è chi tra i commentatori ritiene che uno schieramento ampio di variegata appartenenza ad un fronte di sinistra-sinistra, per contrapporsi in modo prevalentemente difensivo alla compattezza del centro destra, sia stata e dovrebbe ancora essere la scelta migliore, anche come strategia generale. E c’è chi invece ha ritenuto che fosse più coerente il presentarsi come formazione autonoma, in pratica il Terzo Polo, da mantenere autonoma, quantomeno rispetto agli affossatori di sinistra di Draghi, anche nella legislatura che inizia, fatto salvo le diverse opportunità nelle scadenze elettorali degli enti locali.
Come si vede i contenuti politici sono una cosa e gli schieramenti un’altra cosa.
Mi domando tuttavia, e domando anche agli autori, il senso di continuare a dibattere delle diverse scelte elettorali, peraltro compiute sotto l’urgenza di una campagna elettorale brevissima, con tutti i limiti che ciò comportava. Il futuro, quantomeno sul piano nazionale, non rende necessario alcun obbligo di alleanze, che semmai si possono manifestare spontaneamente e pragmaticamente in occasione di ogni singola legge da votare e di ogni decreto da convertire in legge. Le scelte di schieramento elettorale fatte nel passato recente, giuste o sbagliate che fossero, appartengono ormai alla storia. Tiriamo una riga. Da qui in avanti sarà bene badare invece solo ai contenuti, ai programmi, alla dialettica politica con chi governa e alle scelte di politica estera. E su questi è necessario far emergere un po’ alla volta un fronte politico adulto ispirato al socialiberalismo, dando sostanza a un’identità comune in grado di unificare ciò che trasversalmente è presente in un fronte anche più ampio di quello rappresentato dalle forze politiche che più esplicitamente si richiamano ad esso. Io ricordo sempre al proposito che il consenso sulla figura di Draghi, superava abbondantemente la metà della popolazione adulta e votante. È bene che se lo ricordi soprattutto chi guida il PD. La lealtà verso Draghi e la fermezza nel sostenere l’Ucraina davano a questo partito una linea chiara che tuttavia si è in seguito persa nell’ambiguità rispetto agli interlocutori da favorire, mantenendo un incomprensibile relazione anche con chi nega il sostegno all’Ucraina. E mi auguro che gli inevitabili fischi ricevuti da Letta alla manifestazione cosiddetta per La Pace di Roma segnino un discrimine definitivo e sanciscano un nuovo rapporto con chi quei fischi non li avrebbe mai rivolti.
Questa identità si deve riflettere sull’atteggiamento da tenere nei confronti dell’attuale governo. E bisognerebbe come premessa necessaria mettere in soffitta per sempre l’annosa polemica sul carattere neofascista del partito egemone, Fratelli d’Italia. Per quanto l’ambiguità con questa ingombrante eredità continui a perdurare sottotraccia in quel partito, bisognerebbe sottrarsi una volta per sempre alla logora contrapposizione tra fascismo e antifascismo. Da questo punto di vista bisognerebbe leggersi senza perdersi una riga il libro scritto da Alessandro Campi e Sergio Rizzo “L’ombra lunga del fascismo”, in cui, dopo un excursus molto documentato sui paradossi di tale pluridecennale contrapposizione, gli autori ci suggeriscono l’unico modo per non farsi irretire in questo gioco: storicizzare una volta per tutte il fascismo e i suoi cascami politici. Tolto questo ingombro, l’unico modo per giudicare chi governa è solo il pragmatismo di valutare volta a volta le scelte che vengono fatte. Senza fare sconti se divergono apertamente da una linea che tiene la barra dritta sulle libertà democratiche, ma anche appoggiandole senza complessi quando nella direzione di un bene complessivo. Soprattutto, e mi ripeto, quando in ballo ci sono temi decisivi in campo economico e internazionale.
(mentre sto chiudendo questo testo sento dal TG3 dell’azione di sostanziale respingimento dei profughi della nave norvegese al largo di Catania deciso dal ministro dell’interno. Ecco una scelta pragmaticamente non condivisibile su cui non fare sconti, cercando di ottenere un immediato cambiamento di rotta)



