Le carenze di Calenda a Cernobbio
11 Settembre 2023Attente al lupo!
11 Settembre 2023In principio, l’impianto si chiamava Campo di Sant’Elena e veniva già utilizzato nel 1910. Si riscontrò in seguito il bisogno di ampliarlo e renderlo più attraente. Così al termine degli interventi, il 7 settembre del 1913, ci fu l’inaugurazione con tanto di bottiglia di champagne rotta contro uno dei pali di una delle porte. Ines Taddio, figlia di uno dei dirigenti del Venezia Football Club, tentava di rompere «la bottiglia di Sciampagna» contro un palo di una delle due porte del nuovo stadio di Venezia. Inutilmente. La bottiglia resisteva. Qualcuno andò a cercare un martello e lo diede alla signorina che così compì il rito inaugurale ma con tanto fervore che una scheggia di vetro la ferì. «Battesimo di vino generoso e di sangue gentile» annotò il cronista della Gazzetta di Venezia.
Non fu una prima volta felice per il Venezia, che perse 7-0 contro il Genoa. Nel corso dei decenni lo stadio Penzo subì diverse fasi di lavori. Negli anni Trenta, infatti, furono costruite le tribune cosiddette ‘popolari’. A proposito di anni Trenta, è in questa decade che lo stadio assunse la denominazione attuale in omaggio all’aviatore veneziano che morì a 32 anni durante il volo di rientro della spedizione di soccorso portata al dirigibile Italia condotto da Nobile. Penzo era stato il primo ad avvistare la Tenda Rossa sul pack artico.
Nel 1970 una tromba d’aria si abbatté sull’Isola di Sant’Elena, provocando 21 morti con l’affondamento di un battello ACNIL e danneggiando gravemente lo stadio. Dato lo scarso rendimento della formazione veneziana in quegli anni, i danni vennero riparati solo parzialmente, riducendo la capienza a poco più di 5 000 posti totali.
Il Penzo vanta la seconda posizione nella classifica degli stadi più antichi d’Italia, dove al primo posto c’è il Luigi Ferraris di Genova.
Ne sono passati di anni e ne sono passate di gioie e dolori su quelle tribune.
Della sua “inadeguatezza” e della necessità di uno stadio nuovo collocato in Terraferma se n’è parlato fin dagli anni del Sindaco Favaretto Fisca negli anni che andavano dal ’60 al ’70 del secolo scorso. La sua collocazione però si spostava a piacimento neanche si trattasse di un impianto sportivo montato su delle ruote!
L’operazione pareva pronta e confezionata ai tempi della presidenza di Maurizio Zamparini, amato e odiato allo stesso tempo dal variegato fronte della tifoseria veneziana che ha fatto del 1987 (anno della fusione delle due componenti Neroverde e Arancionera) la sua data costitutiva, la pietra miliare di un percorso unitario e identitario faticoso e problematico.
Durante la prima sindacatura di Massimo Cacciari 1993/98 si erano costruite le basi di una società mista pubblico/privata (Marco Polo Spa) che avrebbe dovuto procedere alla realizzazione dello stadio a Tessera.
Amministratore Delegato della società era Enzo Cainero, uomo di Zamparini che lui sfiduciò un minuto dopo che l’Amministrazione Comunale aveva provato ad adottare dei provvedimenti che condizionavano la costruzione del nuovo stadio ad una serie di parametri.
In realtà Zamparini puntava alla realizzazione di un mega centro commerciale superiore ai 2.500mq la cui autorizzazione, di competenza regionale, non gli fu rilasciata.
In tutti gli anni a seguire nessuno ha mai derogato dall’idea dello stadio nuovo (e grande!) e la tifoseria più rumorosa ha continuato indefessamente ad intonare il coro “lo stadio nuovo, vogliamo lo stadio nuovo” e “una provincia intera vuole lo stadio a Tessera”.
Si è arrivati così, passando da un fallimento all’altro della società calcistica – senza che ci fossero le condizioni minime per affrontare un’impresa di quella dimensione – fino ai giorni nostri, al tempo degli “americans”, rappresentati per cinque splendidi anni da quel ciclone che era Joe Tacopina.
Anche lui ci ha provato. Ha girato il mondo in cerca di investitori, di quelli veri, di quelli che i soldi sanno gestirli.
Ed è questo il motivo per cui alla fine anche l’impeto e l’entusiasmo di Tacopina sono andati a scontrarsi con la realtà dei fatti.
Le condizioni dell’economia, quella finanziaria soprattutto, sono radicalmente cambiate e non c’è nessuno al mondo, che non sia solo ed esclusivamente un filantropo, che possa ritenere conveniente un investimento di quella dimensione (180Mln €) collocati in una zona non particolarmente attraente anche se ben infrastrutturata.
Non bastavano il contorno di alberghi e di spazi commerciali (i centri commerciali ormai sono ritenuti un prodotto desueto) pur previsti dai piani urbanistici a rendere appetibile un investimento di quelle dimensioni il cui piano economico non era in condizione di assicurare un ritorno né in termini temporali né in ordine al saggio di profitto che in generale vengono offerti sul mercato finanziario.
Tacopina esce di scena, perché i suoi soci capitanati dall’attuale Presidente Duncan Niederauer, ritengono che avesse amministrato in maniera non troppo oculata le risorse che gli erano state messe a disposizione, pur avendo ottenuto uno straordinario successo sportivo: la squadra è passata in 2 anni dalla Serie D alla Serie B.
E la nuova proprietà cambia radicalmente la strategia e la prospettiva sullo stadio.
Investe con maggior convinzione e con un nuovo approccio sul marchio “Venezia”. Ritiene che anche lo stadio di Sant’Elena sia parte di quel brand e procede a dismettere formalmente ogni interesse sull’area di Tessera.
Ammoderna le strutture, le aree di accoglienza, tutto il look e rende il Penzo un gioiellino che si fa amare fin da subito anche dai più reticenti.
Sarà che la Serie A con le partite di cartello ha fatto sparire ogni lamentela per la supposta “scomodità”, sarà che aver migliorato i collegamenti da e per la Terraferma ha reso meno pesante la “trasferta” casalinga, sarà che il popolo ArancioNeroVerde ha riscoperto il piacere dell’avvicinarsi allo stadio con quelle passeggiate che aiutano a mettersi in sintonia con le bellezze della città, e con i bacari che la pullulano, ma effettivamente oggi il tanto bistrattato “PL Penzo” non è più “schifato” come nel recente passato. Sono rimasti solo i più animosi e i più pigri a sparlarne.
Ma qui entra in campo il Sindaco Brugnaro che, messo da parte il proposito di realizzare il Palasport in area Pili, troppo irto di ostacoli e di potenziali conflitti di interesse, vira su Tessera, soluzione ampiamente ignorata e trascurata fino ad allora, inventandosi il Bosco dello Sport con piantumazione su larga scala, il nuovo Palasport con aggiunta di Nuovo Stadio: i più maligni dicono che sia tanto per non sembrare un’operazione troppo smaccata quella di finanziare coi soldi pubblici solo il Palasport per la sua squadra di basket.
Non ci sarebbe molto da obiettare – si riprenderebbe infatti il vecchio percorso disegnato dal PAT (riveduto e corretto) approvato dall’allora CentroSinistra di governo – se alla fine tutta l’operazione non venisse congegnata esclusivamente con il 100% di denari pubblici, quelli presi dagli avanzi di Bilancio, quelli da mutui pluriennali, quelli “regalati” da un Governo alleato e allineato, per una somma che nel totale si colloca attorno ai 310Milioni di Euro.
Sono bazzecole a sentire gli esponenti della maggioranza, sono “dovuti” a sentire i fanatici dello stadio a tutti i costi.
Dall’opposizione si ribatte: sono un problema e sono un’enormità in situazioni in cui la finanza pubblica non brilla di certo, in cui non ci sarebbe da scialare e soprattutto in cui non esiste più che impianti sportivi per lo sport professionistico siano finanziati coi soldi pubblici.
In effetti basterebbe guardare come fanno in tutto il resto di Europa per dover arrossire dalla vergogna. L’ultima impresa finanziata coi soldi pubblici sono stati gli stadi per i Mondiali ’90!
Si può aggiungere che una situazione in cui il Comune di Venezia avrebbe ben altre emergenze da coprire e per le quali si continuano invece a reclamare ulteriori finanziamenti pubblici bisognerebbe agire in altro modo, o si è passibili di benaltrismo?
La Società Venezia FC non si è mai sdraiata su questa soluzione, sta però alla finestra con una generosa apertura di credito nei confronti dell’Amministrazione C.le, in attesa degli sviluppi.
E’ un peccato perché con la trentesima parte di quel mega investimento si sarebbe potuta ampliare la capienza portandola dagli attuali 11.503 posti ai 16.500 (più o meno gli stessi previsti a Tessera!), ma soprattutto dotare sia la Curva Morosini che i Distinti Solesin delle necessarie coperture e in aggiunta regalare ai tifosi per tutto il prossimo decennio il trasporto gratuito sui mezzi da e per la Terraferma, con l’aggiunta di una convenzione per i parcheggi a prezzo agevolato al Tronchetto.
Allora sì che quello che per molti anni è stato ritenuto un residuato architettonico privo di qualità e inadeguato ai tempi si sarebbe potuto trasformare in una vera chicca nel panorama dei più begli stadi del Mondo al cui confronto, al posto della enorme dimensione (Wembley, Maracanà, Bernabeu, Olimpiastadion, Bombonera etc) potrebbe valorizzare ancor più la sua unicità.
Che, come tutti sanno, è quella di essere uno stadio costruito sull’acqua che offre un’esperienza unica a chi ci si approccia. Che offre uno scenario incomparabile fra mare e lo sfondo delle Alpi e che qualche volta vede il pallone finire in Laguna.
In attesa del Bosco, lunga vita al Pierluigi Penzo.