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Càpita spesso anche a Venezia che si dicano dei “no” come quello detto dai M5S alle Olimpiadi. Non vogliamo i giochi olimpici perché diventerebbero l’affare per i corrotti e le mafia, hanno spiegato, stringi stringi. E bene ha fatto Renzi a rinbeccare una Sindaca che ha detto “no” ad un’opportunità importante, e solo per paura del malaffare. “Le grandi sfide vanno colte – ha detto il premier – e se sai governarle le tieni sgombre da intrallazzi e scandali”.
Succede spesso anche a Venezia che i “no” siano ideologici, o addirittura vigliacchi, e quindi molto simili al “no” detto dalla Raggi alle Olimpiadi. Secondo moltissimi non si doveva fare il Mose, secondi altri non si dovrebbe fare l’M9, e sono stati in tanti a stracciarsi le vesti di fronte al progetto della “Torre” di Pierre Cardin, per citare un po’ di idee “grandi” contestate per scelta ideologica, o per desiderio di verginità, o “per non creare occasioni al malaffare e al malcostume”.
Più in piccolo, non si sarebbe dovuta fare la nuova Caserma Manin, fino all’ultimo osteggiata da molti e a molti invisa, e non si doveva restaurare il Fondaco dei Tedeschi, che pure adesso pare bello a tutti.
La storia dei “no” veneziani – che negli anni Ottanta già metteva in fila il “no” all’Expo, il “no” alla sublagunare e il “no” ai Pink Floyd – è lunga e ricca. Meriterebbe un saggio analitico, o almeno un bel ragionamento fatto a posteriori.
Tra le domande da fare, scrivendo la storia di questi “no”, c’è anche quella da cui siamo partiti. E cioè: Il “no” che diciamo a questa o a quell’opera è un “no” motivato, o lo diciamo solo perché non siamo capaci e abbiamo paura che l’impresa ci sfugga di mano?
Certo: ci sono “grandi opere” nelle quali il malaffare ha ben messo le sue mani, e ha anche rimestato a lungo, come nel caso del Mose. Ma chiediamoci anche se certi “no” puristi, detti dagli amministratori magari di fronte a grandi opere già avviate, difendono davvero dalle degenerazioni o invece al malaffare lasciano aperte porte e portoni.
Le opere grandi e significative vanno fatte e vanno fatte bene, dice Renzi: dire “no”, come hanno fatto a Roma, è segno di incapacità; e dire “no” anche mentre sorgono, stando a guardare perché tanto si è contrari, sperando che si “sporchino” perché così potremo dire che avevamo ragione… ecco, questo è invece un atteggiamento e un vizio molto veneziano, altrettanto deprecabile. Che non dovrebbe essere permesso ai pubblici amministratori.