La mia città dei prossimi 5 anni.
3 Agosto 2020SHAUL BASSI. La mia città dei prossimi 5 anni
4 Agosto 2020Luminosi Giorni, con spirito di servizio al fine di accrescere la consapevolezza per il prossimo voto alla Amministrative del Comune di Venezia, ospita una serie di interventi di personalità che riteniamo offrano spunti di riflessione per un voto ponderato e consapevole. Gli amici che hanno cortesemente offerto il loro contributo provengono da aree culturali, politiche e ideali le più diverse e offrono visioni talvolta molto confliggenti tra loro. Ma mai banali. Come Redazione ci piace pensare di poter contribuire a un confronto sereno e non fazioso sui temi che riguardano il futuro della nostra città. Alcuni degli autori scenderanno personalmente nell’agone elettorale. A loro, indistintamente, va il nostro in bocca al lupo e a tutti, candidati e no, un sentito grazie per la collaborazione.
La mia visione di Città è molto distante da quella attuale e purtroppo anche da quella che vedo rappresentata nei (peraltro pochi e incidentali) riferimenti programmatici che stanno animando la campagna elettorale dei grandi partiti. Parlerò di Venezia e non di Mestre; non certo per questioni di snobismo, ma perché mi piace parlare di ciò che conosco profondamente e non per sentito dire.
Nel mio immaginario Venezia dovrebbe essere una Città antifragile. Il principio di antifragilità (ben spiegato nel saggio di qualche anno fa dell’economista libanese N.N. Taleb) indica l’attitudine di un sistema a modificarsi e migliorare a fronte di sollecitazioni o fattori di stress. I fatti recenti, di cui ancora stiamo scontando in vario modo le conseguenze, dimostrano che la monocultura turistica ha reso Venezia ed il suo hinterland l’esatto opposto: una realtà economica e sociale fragile ed in balia degli eventi e delle congiunture.
Come fare quindi ad uscire da questa impasse, figlia dei tanto citati “trent’anni rossi” e – a mio avviso – anche della totale continuità strategica con essi degli ultimi cinque “fucsia”? Dobbiamo puntare su lavoro ed innovazione sfruttando la risorsa università. A mio modo di vedere questo aspetto può, a caduta, rivoluzionare totalmente il sistema – città.
Mi spiego meglio: nessuna persona sana di mente può prescindere dal fatto che Venezia abbia una logistica particolare, poco favorevole all’insediamento industriale “classico” ed all’efficienza di processo in genere; lo dimostra il totale svuotamento di qualsiasi attività industriale in senso stretto che la Città ha subito negli anni. Oggi siamo però nel 2020 e da qualche anno a questa parte hanno iniziato a proliferare nel mondo aziende legate ad un diverso paradigma tecnologico, comunemente dette 2.0.
Ora queste attività sono caratterizzate da alcune particolarità: sono sostanzialmente “giovani” sia per organico che per bacino di utenza, non soffrono le rotture di carico (in quanto lavorano tramite tecnologie “soft” e non “hard”), si basano su conoscenza e tecnologia più che su investimenti fissi, spesso sono addirittura avvantaggiate nel prendere sede in località molto diverse dalla grande città industriale, in quanto la loro “cultura aziendale” ha un tipo di socialità diversa da quella della grande azienda.
Io onestamente vedo in Venezia (città tra l’altro recentemente “cablata” in modo importante) il modello ideale per attirare questo tipo di attività. Abbiamo la fortuna di avere delle grandi università il cui prestigio è internazionalmente riconosciuto, che potrebbero farsi incubatori e catalizzatori di attività di questo genere. I finanziamenti, soprattutto a livello europeo, non mancano. Tale modello potrebbe fungere anche da propulsore per il recupero delle tante strutture sfitte o abbandonate – penso anche agli spazi presenti sull’isola di Murano – che potrebbero diventare così aree di “coworking” oppure di formazione.
Un insediamento di questo genere porterebbe poi un’iniezione di novità e dinamismo anche nei business già presenti in Città: mi riferisco ad esempio all’artigianato tipico, che va dal vetro di Murano (mai capace di creare un vero network riconosciuto internazionalmente), al merletto, ma anche alla cantieristica ed alla lavorazione del legno e dei tessuti. Tutte attività che possono beneficiare della cosiddetta “coda lunga”, ovvero la dinamica di vendita che ha fatto la fortuna di Amazon, e che quindi trovando il giusto partner con competenze tecnologiche e di marketing, potrebbero tornare a nuova vita.
Mi sembra palese che una rinascita economica in questa chiave della città porterebbe come conseguenza quasi fisiologica un incremento di domanda residenziale che, a questo punto dovrebbe essere semplicemente assecondata dall’Amministrazione e non “trainata” tramite canoni calmierati e progetti ad hoc. Una modalità per governare i rapporti con i privati e far percepire il vantaggio dell’affittanza residenziale – da riversare in sconti sui canoni – potrebbe arrivare da una defiscalizzazione spinta (e non di facciata) per chi attiva contratti di questo tipo, attingendo ai fondi derivanti dal “Contributo di sbarco”; strumento che però andrebbe a mio avviso riformato in una chiave più simile al progetto “Pass4Venice” di Andrea Casadei.
Ecco quindi che il controllo dei flussi turistici si inserirebbe in modo armonico nel tema della residenza; ripopolando la città con il lavoro e favorendo le locazioni abitative, non saranno necessarie misure drastiche e poco realizzabili di “blocco turistico”.
Ultimo punto, trasporti, ambiente e logistica. Parallelamente alla rigenerazione economica e sociale, bisognerebbe dare a Venezia un sistema di trasporti degno del ventesimo secolo.
In questi anni si è fatto pochissimo, dato che la attuale flotta navale (sia nel pubblico che nel privato) è datata e riflette paradigmi tecnologici (ad esempio i motori) ormai arcaici e velocità di percorrenza non dissimili a quelle di 30 – 40 anni fa. È quindi necessario investire in ricerca per progettare nuovi mezzi, capaci di tenere velocità più elevate senza creare moto ondoso e con tecnologie motoristiche più moderne. Anche in questo caso, i finanziamenti sulle tecnologie poco inquinanti abbondano sia a livello nazionale che europeo.
La logistica non è però solo interna; anche gli accessi alla Città dall’esterno vanno migliorati. Sulla direttrice aeroportuale, vale quanto detto sopra per i mezzi di navigazione. Per chi invece arriva in auto sarebbe ora che l’Amministrazione Comunale si decidesse ad aprire un tavolo condiviso con gestori della sosta e Polizia Municipale per gestire gli arrivi in modo ordinato. Non è accettabile che una città il cui accesso è unico (quindi ampiamente controllabile) vada in collasso ogni qualvolta arriva qualche auto in più, creando problemi ai residenti Veneziani e Lidensi, che si trovano imbottigliati in code senza fine.
Qui non è questione di secondo o terzo ponte, come propone qualche assessore burlone; le soluzioni possono essere già implementate, grazie alla messa a sistema di competenze e organizzazione. Non lontano da noi – a Trieste – il progetto “Civitas Portis” sta andando proprio in questa direzione. E Trieste presenta una logistica di accesso decisamente più complessa.
E le navi? Avendo letto con interesse il saggio del Prof. D’Alpaos “SOS Laguna” e condividendone gli spunti sul tema, ritengo che la soluzione migliore sia quella indicata dallo studioso, cioè un hub esterno e collegato con la laguna tramite mezzi più piccoli e, anche qui, ecosostenibili.
chi è Jacopo Luxardi: trentaduenne veneziano di nascita e residenza. Dopo la laurea triennale in Economia Aziendale a Cà Foscari e la magistrale in Management alla Bocconi, collabora con importanti aziende multinazionali tra Milano ed il Veneto. Attualmente è Operations Manager Italia per il Gruppo Interparking e rappresenta l’Italia nella commissione per la Strategia e le Politiche della European Parking Association.