RIFORMA DELLA SCUOLA. UN UTILE CONTROCANTO Caro genitore…
7 Luglio 2015LA SCUOLA VISTA DA FUORI. Valutazione degli insegnanti. Vexata quaestio
7 Luglio 2015Alla fine di quest’anno scolastico (unico insegnante nella mia scuola) mi sono fatto fare la pagella dagli alunni delle mie classi. Sì, in forma rigorosamente anonima, si capisce, ciascuno studente ha potuto esprimere una valutazione (da “gravemente insufficiente” fino a “ottimo”) sul mio operato di docente nel corso dell’anno, a proposito di una decina di aspetti (“Chiarezza delle spiegazioni”, “Disponibilità a fornire chiarimenti”, “Puntualità nella consegna delle verifiche corrette” e simili).
Non nascondo la soddisfazione di aver ottenuto risultati molto lusinghieri (media del distinto-ottimo). Ora, la domanda è: può essere questo l’unico modo per valutare il merito e il valore di un insegnante? Certo che no, non può esserlo. Spesso infatti gli alunni non sono in grado (quasi per definizione) di esprimere valutazioni su questi aspetti (ad esempio: “Preparazione dell’insegnante”…).
Inoltre può darsi che essi attribuiscano un pessimo voto ad un insegnante preparatissimo ma noioso (e in questo caso non avrebbero tutti i torti) oppure un voto molto positivo ad un insegnate che non sa nulla, ma fa bene lo showman, li fa divertire, li lascia giocare e simili.
Pur tuttavia, bisognerà tener conto anche del parere degli utenti, nella valutazione di un insegnante, o no? E tra gli utenti ci sono certo anche i genitori, le famiglie. La verità è che una valutazione equilibrata non può che venire da complesso articolato e ponderato di voci e di punti di vista. Così come complesso e delicato è il mestiere d’insegnare.
Chi altri dunque dovrebbe avere voce in capitolo? I presidi? E perché no? Anche i presidi hanno elementi per valutare l’operato di un insegnante. Purché il loro giudizio sia solo un tassello della valutazione complessiva. Altrimenti (chiunque lo capisce) il loro giudizio potrebbe avere un peso condizionante sull’operato stesso dell’insegnate, sulla famosa “libertà d’insegnamento”…
Una parte della valutazione potrebbe anche provenire da un apposito Comitato formato da alcuni professori anziani della scuola (sebbene l’età, di per sé, non sia necessariamente una garanzia di opinione assennata; potrebbe anche essere solo espressione di posizioni maniacali o, magari, di rimbambimento).
Ma immaginiamo che questo fantomatico Comitato sia formato da membri eletti da un intero Collegio Docenti (e non certo scelti dal Capo d’istituto, se no siamo punto e da capo). In questa ipotesi ci sarebbe qualche maggiore garanzia di obiettività.
E su che cosa potrebbe basarsi il giudizio di tale Comitato? In parte (in parte) potrebbe basarsi su dati oggettivi (numero di verifiche somministrate agli studenti nel corso dell’anno, “assenteismo” sospetto dell’insegnante e simili). E in parte potrebbe essere la valutazione di una lezione-tipo: l’insegnante esaminato sceglie un argomento (o gliene viene assegnato uno dal Comitato con congruo anticipo) e poi tiene su di esso una lezione diciamo di mezzora (che è la durata standard di una spiegazione umanamente sopportabile).
A questo punto il Comitato valuterà non tanto il merito delle cose spiegate dall’esaminando (la conoscenza delle quali si sarebbe tentati di dare per scontata), bensì l’efficacia della lezione, la capacità di coinvolgere l’ipotetico uditorio (bambini o adolescenti, a seconda dei casi), di incuriosirlo, di motivarlo.
E via di questo passo. Altri modi per valutare l’operato di un insegnante potrebbero essere introdotti nel mix (come si dice oggi) della valutazione del merito. Ma la valutazione dovrebbe essere comunque il risultato di un concorso equilibrato e ponderato di “giudici” e giudizi.
Ora, per quanto ciò possa apparire complesso, non è che per questo solo motivo si può sostenere che sia giusto, in linea di principio, non farne niente, che gli insegnanti non debbano essere valutati, che essi siano esentati da qualsivoglia controllo e giudizio nel corso della loro carriera, che una volta “catturata” la loro cattedra, basta, non se ne parla più, ciascuno si chiude nella “scatola” della propria aula, coi propri studenti, e fa quel che gli pare vita natural durante. Anche perché una valutazione del merito potrebbe (e io dico dovrebbe) poi dar luogo anche ad una certa differenziazione sul piano stipendiale e della crescita, negli anni, della retribuzione . E perché no?
Di tutto ciò molti insegnanti non vogliono nemmeno sentir parlare. Eppure lo sanno bene, anche gli insegnanti, che gli alunni vanno premiati, gratificati (sia pure non pecuniariamente) se fanno bene, perché altrimenti, col 6 politico (o il 10 politico) uno finisce per disamorarsi. Chi me lo fa fare di starmi a sbattere, se alla fine il mio merito non viene riconosciuto, se siamo tutti eguali, tutti “promossi”, tutti valutati allo stesso modo?
Perché in definitiva, da che mondo è mondo, se non viene premiato il merito, e l’impegno, e i risultati (e non viene punito il disimpegno, il menefreghismo, il pressappochismo) è gioco forza che, presto o tardi, ci si lasci andare, si viva alla giornata, si vivacchi giusto per restare a galla. E questo vale per tutti. Anche per gli insegnanti