Liberal Forum
21 Dicembre 2022Primarie, come?
24 Dicembre 2022L’arte dello sdoganamento è una pratica sempre più diffusa nella politica italiana. Una tendenza che definirei sinistra se non fosse che a realizzarla è quasi sempre la destra. È il riconoscimento del diritto di cittadinanza a idee, posizioni politiche, gruppi tradizionalmente esclusi dall’alveo istituzionale per una loro evidente incompatibilità con i principi costituzionali. Una ratifica del loro essere idonei a farne parte, insomma.
Lo sdoganamento, termine ormai ampiamente usato, in politica, altro non è che il passaggio franco da una zona dubbia e controversa a un’altra, quella sacra e inviolabile della cosa pubblica. Occhio e croce, ne possiamo individuare, in qualche modo, anche l’atto di nascita. Tanti di noi ricordano, infatti, l’ingresso nel governo, grazie a Silvio Berlusconi, di Alleanza Nazionale, erede diretta del MSI, partito di stampo neofascista. E chi allora era troppo piccolo o non era ancora nato, se interessato alla nostra storia recente, lo ha appreso studiando l’era berlusconiana, dai suoi esordi ai giorni nostri. Da allora a oggi è stato un crescendo, fino ad arrivare al 25 settembre, giorno di massimo tripudio per i nostalgici del ventennio, in cui si è reso possibile un governo di estrema destra. Infelice sdoganamento se rapportato alle glorie della Resistenza e al lavoro dei nostri padri costituenti. Uno sdoganamento che ha toccato il suo punto più basso nel passaggio del testimone, alla presidenza del Senato, dalla senatrice Segre, simbolo fulgido di onestà, lucidità intellettuale e moralità, a Larussa, epigono littorio tra i più agguerriti della falange di FDI.
Ma lo sdoganamento non si pratica solo sul piano delle istituzioni. Sono queste ultime, anzi, a produrre uno sdoganamento nei costumi, nel modo di pensare, nella pelle e nella mentalità degli italiani. La qual cosa, in una sorta di circolo vizioso, irrobustisce punti di vista e genera scelte elettorali che mai prima si sarebbero concepite.
Facciamo alcuni esempi.
Quanto hanno inciso i messaggi martellanti della destra nella crescita esponenziale di una mentalità razzista, in un popolo, il nostro, da sempre tollerante, ecumenico, esterofilo e con una storia alle spalle di emigrazione dura e sofferta? Certo, se prima forse serpeggiava in alcuni un sentimento di diffidenza verso l’altro che si traduceva nel classico “non sono razzista ma…”, oggi si è molto più disinvolti nel dichiararsi razzisti e nel vomitare odio verso chi non ha gli strumenti per difendersi.
E ancora: se un altissimo esponente delle istituzioni definisce “schifezze umane” la comunità lgbtiq+, sdoganando in tal modo rifiuto e invito all’emarginazione, se un tal esempio proviene dalla quarta carica dello Stato, non potremo che aspettarci discriminazione, scherno e, nel peggiore dei casi, bruta violenza nei confronti di minoranze che rivendicano una legittimità di spazi e di dignità.
Se un governo di destra sancisce l’innalzamento del tetto al contante, attua generosi condoni fiscali, appiattisce le tasse, depotenzia lo strumento del pos nei pagamenti, dando del “rompipalle” a chi invece ricorre alla carta di credito per eseguire anche le spese più ordinarie; se c’è un governo che sdogana l’evasione e, con questa, purtroppo, il riciclaggio di denaro non proprio pulito, allora non si tratterà più di un pittoresco fatto di costume, ma saremo in tanti a perdere. Saranno perdenti tutti quelli che, ligi, pagano le multe al primo avviso, quelli che ottemperano con puntualità, fino all’ultimo centesimo, a una tassazione pesante, quei lavoratori dipendenti che danno allo Stato, ogni mese, il 45% del loro stipendio, convinti (pensa un po’ che scemi!) del fatto che le tasse contribuiscono ad avere scuole che funzionano, ospedali efficienti, strade sicure. Mentre vinceranno i furbi, i disonesti, i ladri, i vecchi e i nuovi ricchi che vivono sulle spalle di tanta gente onesta.
Qualcuno ricorda quando Berlusconi suggerì, con candida supponenza, a una maestra precaria, che lamentava lo scarso potere d’acquisto del suo incerto salario, di sposare al più presto un uomo ricco che avrebbe risolto i suoi problemi, aggiungendo che, data la sua avvenenza, gli avrebbe dato volentieri come marito anche suo figlio? E mentre si lanciava in queste imbarazzanti esternazioni, se la rideva, forte dei suoi privilegi, insieme ai suoi cortigiani? Ecco, se tale distacco dalla vita reale e tanta irrisione ci sembravano allora delle gaffe di un magnate che non ha la percezione di come gira il mondo, oggi tale disprezzo verso gli ultimi, poveri ma “occupabili” è stato ampiamente sdoganato. Con buona pace della povera gente che ha abboccato alle lusinghe elettorali di questa classe dirigente, consegnandole il Paese.