Costume e ipocrisia: peripatetiche ed affini
14 Giugno 2019Europee 2019: la mossa danese
14 Giugno 2019Ho già provato ad indagare sulle età dell’Europa nell’ultimo articolo pubblicato su questa Rivista, poco prima dell’appuntamento elettorale con il quale i cittadini europei hanno rinnovato il Parlamento Europeo, esprimendo un voto che complessivamente riconosce all’Europa ancora lunga vita.
Esistono, tuttavia, altre due età la cui analisi favorisce il tentativo di comprensione del presente che stiamo vivendo.
Si tratta dell’età del welfare (dal 1945 al 1989) e dell’età dell’incertezza che dal 1989 giunge fino ad oggi.
Dopo il nazionalismo e il totalitarismo, welfare e incertezza caratterizzano, infatti, ciò che l’Europa è oggi.
Riflettendo sulla prima delle due età, è interessante ricordare come nel febbraio del 1947, il Segretario di Stato George Marshal ragionava sul fatto che, pur avendo saputo come finire la guerra, c’erano molte più incognite su come gestire la pace.
Lo stesso Marshal, dichiarava che se fino a quel momento si era cercato di risolvere i problemi Paese per Paese, senza aver fatto troppi progressi, meglio sarebbe stato cercare di risolvere la crisi post bellica attraverso una visione d’insieme dell’Europa.
E’ stato così possibile, grazie a questa lungimiranza internazionale (di cui poi negli anni Duemila si è perso traccia), avviare l’Europa alla cooperazione.
Dapprima l’Oece (Organizzazione per la cooperazione economica) dove con il coordinamento americano tornavano a confrontarsi Paesi che fino a qualche anno prima si erano fatti la guerra.
Poi, nel 1950, l’Unione Europea dei pagamenti al fine di consentire l’avvio degli scambi multilaterali in Europa, per arrivare poi nel 1951 alla prima cessione di sovranità grazie, come noto, alla nascita della Ceca.
Gli enormi problemi legati allo sviluppo economico e alla sicurezza per la classe politica europea del tempo (Adenauer, Shuman e De Gasperi) non potevano non avere una dimensione europea.
L’orientamento cooperativo volto a favorire gli investimenti necessari per la rinascita dalle rovine lasciate dai lunghi anni di guerra, ha così favorito la nascita e poi il consolidamento di un sistema economico il cui tratto più significativo è stato incentrato sui meccanismi di protezione sociale universale e che, ancora oggi, è uno dei fiori all’occhiello del sistema Comunitario.
Questo sistema prende diversi nomi quali: l’accesso alle cure mediche, l’accesso all’istruzione, la previdenza sociale, le forme di assicurazione sul lavoro, la tutela della maternità e della paternità.
In una parola sola tutto questo è riassumibile con la parola welfare-state, le cui fondamenta oggi sono attaccate dai tratti che caratterizzano l’ultima età che stiamo vivendo: quella dell’incertezza.
Sono molte le cause che hanno determinato questo clima a partire dal 1989.
Tra queste, la fine del mondo bipolare, causa prima da cui poi discendono molte altri elementi dell’odierna incertezza.
L’Europa, oggi, è spiazzata e smarrita sia in politica estera, non ritrovando più nell’atlantismo la finestra da cui guardare il mondo, che nella politica di difesa, dove non è più chiaro cosa rappresenti la Nato.
Lo smarrimento di queste due politiche fondamentali, anche nell’ottica del consolidamento dell’Unione Europea del futuro, ha generato l’impreparazione degli Stati Europei ad affrontare con avvedutezza scenari di guerra e crisi diplomatiche.
In aggiunta a queste lacune e quasi di riflesso (le vicende umane non attendono la lentezza delle scelte politiche), la golden age degli anni successivi alla fine della guerra si è esaurita e nel frattempo si sono aperti altri fronti epocali quali: le migrazioni, il terrorismo e il senso di insicurezza che da esso discende, fino alle rilevanti conseguenze che la crisi economica ha prodotto, soprattutto con riferimento all’aggravarsi delle diseguaglianze economiche anche dentro l’Europa.
Sono queste le ragioni dell’incertezza di oggi.
Prendere coscienza di questi quattro temi: politica estera, difesa comune, migrazioni e politiche economiche capaci di ridurre le diseguaglianze non rinunciando alla crescita, è necessario, ma non sufficiente.
Serve, piuttosto, che l’Europa torni protagonista, avanzando, sin dall’insediamento della nuova Commissione Europea, 4 risposte per i quattro problemi citati, per iniziare così a scrivere un nuovo capitolo della storia europea, così interrompendo al più presto una fase di cui non sentiremo la nostalgia.