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17 Dicembre 2023COP28. Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?
20 Dicembre 2023“Le non cose. Come abbiamo smesso di vivere il reale”. Intrigante il titolo di
questo libro di Byung Chul Han. Critico acuto del presente, disseziona la
contemporaneità, ci offre una sferzante riflessione sulla comunicazione e sul
futuro che ci delinea, assolutamente distopico.
L’assunto di fondo è che abbiamo perso il contatto con il reale. Le non-cose
stanno prendendo il sopravvento sul reale. ”Non sono più gli oggetti ad abitare
il mondo bensì le informazioni a predisporre il mondo in cui viviamo. Non
abitiamo più la terra e il cielo bensì Google hearth e il cloud. Il mondo si fa
sempre più inafferrabile e nuvoloso. Niente è più attendibile e vincolante. E
così l’ordine digitale de-realizza il mondo.
In realtà già Zygmunt Bauman ci aveva prefigurato una vita liquida dove alla
solidità aveva contrapposto la liquidità, alla eternità aveva contrapposto la
transitorietà, alla permanenza l’impermanenza. Sosteneva che esiste sì un
cambiamento ma non esiste una destinazione, un punto conclusivo
finalisticamente determinato, facendo tabula rasa della dialettica hegeliana.
Così l’arte, la politica, la cultura, secondo Bauman tutto è sottoposto alla
volatilità, alla mutevolezza, senza finalità, senza punti fermi, senza riferimenti,
senza autorità su cui fondarsi. Persino quell’arte che per secoli ha avuto
carattere di eternità, fruizione permanente e trasmissibilità, nella nostra epoca
quella creazione artistica viene trasformata in happening, in performance,
spesso con oggetti degradabili e deperibili e non va oltre una mostra
temporanea, sottoposta al deterioramento e alla scomparsa, non più fruibile
dai posteri. Non è più una cultura dell’accumulazione ma una cultura del
disimpegno, della discontinuità, dell’oblio. Le ideologie politiche, a loro volta,
sono state spazzate via trionfalmente ma senza essere sostituite né da ideali
né, tanto meno, dalle idee diventate non solo liquide ma direi addirittura
gassose, evaporabili nel breve giro di un presente che passa velocemente e
velocemente viene dimenticato. La vita liquida è quindi una vita precaria
vissuta in condizioni di continua incertezza. Finita la vita delle certezze anche
sul piano delle idee o delle ideologie, tutto diventa scoria del passato,
smaltimento di rifiuti e la modernizzazione non può mai fermarsi, tutto diventa
accelerato, da consumare, da destinare all’evanescenza. E gli oggetti di
consumo hanno una vita limitata alla loro fruizione dopo la quale diventano
inutili fino a quando vengono sostituiti da altri, ancora inutilizzati ma votati
all’utilizzo fino al nuovo smaltimento, sostituendo all’heideggeriano esserci-per-
la-morte, “l’esserci per la discarica”. Tutto è effimero e provvisorio. E lo stato di
precarietà rende tutto il futuro incerto e impedisce quel minimo di fede e di
speranza nel futuro che è necessario per progettare. E così “il consumatore
diventa nemico del cittadino”, assorbendo in sé il cittadino responsabile e
consapevole perché ne determina “l’allontanamento dalla politica e l’aumento
dell’apatia politica”. Nella sua estrneazione dal mondo, come dice la Arendt,
l’individuo moderno rivela se stesso solo nella sua sfera privata, alienandolo da
quella pubblica.
Dagli oggetti di consumo che invecchiano velocemente, sottoposti
all’obsolescenza di Bauman, Byung Chul Han fa un passo oltre e passa all’idea
delle non-cose. Se le cose stabilizzano la vita umana fornendole continuità e
punti di riferimento, oggi il feticismo degli oggetti appartiene al passato,
sostituito dall’informazione. L’ordine digitale “de-fatticizza” l’esistenza umana,
e la cosa che è l’emblema dell’ordine terreno, viene sostituita dall’”infosfera”,
cioè dalla sfera dell’informazione che frammenta la vita. Le informazioni non
sempre illuminano il mondo ma spesso lo oscurano, lo deformano, il caos
informativo all’interno del quale troviamo anche le fake news, azzera le
differenze tra vero e falso ed eliminano qualunque appiglio con la realtà, in
uno spazio iperreale, generando una sorta di smaterializzazione della realtà. E
immagina l’uomo del domani senza mani, in quanto non ha più che farsene in
quanto non maneggia più le cose ma traffica sullo smartphone sfiorando i tasti.
Anche l’idea del possesso viene meno: l’uomo ormai è disinteressato alle cose,
gli basta solo l’accesso. E’ finito il tempo delle cose, sostituito dal capitalismo
delle informazioni. E il senso del tatto nel touch screen elimina la distanza e
rende la percezione che ogni cosa è a portata di mano per cui sentiamo di
avere tutto il mondo in un pugno! Il mondo reale è trasformato nell’immagine
del mondo “de-realizzato”. Non siamo noi ad usare lo smartphone ma
viceversa, il vero agente è lo smartphone con cui intratteniamo un rapporto
simbiotico. Diventa quasi un oggetto transizionale, che fornisce conforto
psicologico che però, lungi dal creare ponti con la realtà, ci separa da essa
trasformandosi in un oggetto narcisistico. Oggi comunichiamo tutti in maniera
così maniacale proprio perché siamo soli e avvertiamo il vuoto derivante dalla
reale assenza dell’Altro. E che dire dell’intelligenza artificiale? Che è senza
cuore, è a-patica, senza pathos, senza passione, solo calcolo. Lo schermo
digitale ci esclude e, ad un tempo, ci protegge dalla realtà e il mondo diventa
irreale, de-realizzato, de-materializzato e disincarnato.
Il mondo delle cose perde la sua rilevanza, riduce la sua dimensione fisica, si
smaterializza. Diventa il mondo delle non-cose.
Ciò che resta è solo un like, l’unica fonte delle nostre emozioni.
Troppo distopica come prospettiva futura? Ma forse ci siamo già dentro, è il
nostro presente!?