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29 Ottobre 2024Un nuovo mostro si aggira per l’Europa e ha molto a che vedere con il suo complicato sistema di voto.
Cercherò, in proposito, di evidenziare: come si vota oggi in una delle principali Istituzioni legislative della UE (il consiglio dell’UE), perché sarebbe importante estendere il voto a maggioranza, la caratteristica del voto all’unanimità, le alternative a questa modalità di voto, perché e come superare la paralisi.
Come si vota oggi
Vale la pena ricordare che il Consiglio dell’UE (nelle sue dieci composizioni per materia) vota a maggioranza semplice, con il voto favorevole di 14 Stati membri su 27, a maggioranza qualificata, con il voto favorevole del 55 per cento degli Stati membri (che rappresentino almeno il 65 per cento della popolazione dell’Ue), o all’unanimità. Tra le materie per cui serve l’unanimità ci sono: la politica estera e di sicurezza comune, la concessione di nuovi diritti ai cittadini europei, le questioni finanziarie e fiscali, la giustizia e gli affari interni.
Perché estendere il voto a maggioranza
I molti avvenimenti di questi ultimi anni (crisi economica, pandemia, estensione dei conflitti armati) richiederebbero interventi molto più decisi che l’unanimità non consente in almeno due aree: quella economico-fiscale e la politica estera per realizzare la c.d. “autonomia strategica della UE”.
Per raggiungere questa autonomia servono da una parte decisioni che rafforzino il mercato interno (sul piano delle telecomunicazioni, delle fonti energetiche e dei mercati finanziari) non pesando sul debito dei singoli Stati e dall’altra una più efficace assunzione di responsabilità sul piano delle azioni internazionali.
La caratteristica del voto all’unanimità
Il modo di votare nelle Istituzioni europee è legato a molti aspetti della storia stessa dell’Unione che vanno dalla ricerca del consenso sulle proposte tramite il compromesso (che origina dal noto “compromesso di Lussemburgo” del 1966 dopo la “crisi della sedia vuota” aperta da De Gaulle) fino alla tutela delle posizioni dei singoli Stati.
In questo senso ad esempio si colloca l’opposizione al voto a maggioranza capace potenzialmente di rafforzare o indebolire la sovranità di ciascun membro a seconda dell’esito di un voto.
Oggi, tuttavia, il risultato finale è che l’unanimità, annientando qualsiasi spirito negoziale, agevola il mantenimento della specifica posizione di ciascun Stato e la conseguente paralisi del sistema.
Le alternative a questa modalità di voto
Cooperazione rafforzata ad esempio in ambito militare (articoli 20 TUE e 326-334 TFUE), astensione costruttiva (art. 31 TUE), deroga speciale, clausola passerella in politica estera, rientrano tra le possibilità offerte per superare l’unanimità seppur con il paradosso, però, che per introdurre una clausola passerella serve proprio l’unanimità in sede di Consiglio Europeo (l’istituzione composta dai capi di Stato o di governo).
Perché e come superare la paralisi
A breve ai 27 stati membri potrebbero aggiungersene sei, a quel punto ecco perché non sarà più possibile proseguire con l’attuale sistema di voto e sarà, invece, necessario ripensare all’intera architettura istituzionale, ipotizzando alternative.
Le ipotesi non mancano, dalla genesi di un nuovo trattato, alla ratifica di un accordo intergovernativo con i Paesi che intendono progredire nel processo di coesione come già avvenuto con il MES per superare l’allora veto britannico; si tratta di soluzioni che, ancorché potenzialmente divisive, sono, in ogni caso, migliori dell’attuale e prolungata paralisi.
Del resto, come ha ricordato il Presidente Mattarella nel discorso pronunciato a Maastricht nel 2022, citando il libro dello storico olandese Johan Huizinga, incarcerato dai tedeschi nel 1942 “Nelle ombre del domani”: “Non mai l’uomo fu così disposto a operare, a osare e a sacrificare di continuo il proprio coraggio, la propria esistenza a un bene comune. Egli non ha perduto la speranza”.