Delmastro fa rima con disastro
22 Novembre 2024Come costruire la Democrazia Partecipativa
28 Novembre 2024Possiamo usare questo termine senza che qualche ministro di turno dica che il patriarcato è morto? La cultura patriarcale anche nel nostro moderno e avanzato Occidente è viva e vitale. Come recentemente ha detto Elly Schlein, La “legge del padre” anche da noi “non è episodica ma è strutturale!”
Vivo, vitale e fondante la cultura di certi paesi, soprattutto a dominanza musulmana, ma non solo, il patriarcato costituisce il retroterra culturale su cui si fondano delle leggi, basate spesso sulla sharia. In Afghanistan tutte le donne e le ragazze sono costrette a coprirsi quando escono in pubblico indossando il burqa o un velo integrale che copra completamente il corpo e nasconda il viso. Dopo i 12 anni le bambine non possono continuare a studiare, donne e ragazze non possono viaggiare da sole: per affrontare un viaggio che supera i 72 chilometri devono essere sempre accompagnate da un familiare di sesso maschile (il mahram), non possono svolgere una serie di attività lavorative (come insegnanti), non possono accedere a parchi pubblici e divertimento, negli hammam, palestre, parrucchieri e centri estetici. Il governo talebano ha chiuso alle ragazze anche le porte delle università “fino a nuovo ordine”. Non è loro garantito l’accesso a cure mediche a causa delle segregazioni di genere. Non godono di indipendenza economica, né di altro tipo in ambito famigliare, non esistendo leggi che permettono loro di ricorrere al divorzio, all’aborto, è negato il diritto alla proprietà, al consenso a un matrimonio combinato o di avere protezione contro la violenza,. Sono bandite dal mondo dell’istruzione e dal mercato del lavoro.
Il ritorno al potere dei Talebani ha determinato una stretta, sulla base di una rigidissima interpretazione della legge islamica che impedisce alle donne di godere dei loro diritti fondamentali: norme patriarcali e di genere, profondamente radicate nel Paese, soprattutto nelle aree rurali.
Il numero dei matrimoni precoci è esploso anche a causa della crescente povertà che spinge un numero sempre maggiore di famiglie a dare in sposa le proprie figlie ancora bambine. Costrette ad indossare il burqa.
Gli esperti dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani parlano di “apartheid di genere”: estrema disuguaglianza, oppressione, volontà di azzerare di fatto i loro diritti umani e civili. Costrette all’invisibilità e al silenzio. Non è un paese per donne!
In Iran assieme all’obbligo di indossare l’hijab, le donne e le ragazze iraniane devono sottostare a una serie di restrizioni ai loro diritti e alle loro libertà. Possono indossare i jeans (a patto che non siano aderenti) e le gonne (a patto che arrivino alla caviglia), possono truccarsi ma senza eccedere. Le donne non hanno il diritto di cantare (se non sono accompagnate in un duetto da un uomo), non possono ballare e non possono viaggiare all’estero da sole. Anche il diritto all’aborto è fortemente limitato anche se le donne sono istruite, lavorano, molte ricoprono anche incarichi importanti. Ma hanno comunque meno diritti rispetto agli uomini. La loro testimonianza in tribunale non conta come quella degli uomini.
Sebbene la Costituzione iraniana riconosca parità di diritti alle donne, queste vengono tuttora discriminate nelle questioni legate al matrimonio, al divorzio, all’eredità e alle decisioni relative ai figli. In base alla legge sui passaporti, una donna sposata non può ottenere un passaporto o viaggiare fuori dal Paese senza il permesso scritto del marito, che può revocarlo in qualsiasi momento. Si consente alle ragazze di sposarsi all’età di 13 anni e ai ragazzi all’età di 15 anni. E’ evidente il disperato tentativo delle autorità di riaffermare il loro dominio e potere su coloro che si oppongono a decenni di oppressione e disuguaglianza. E sono messe in pratica sanzioni contro le atlete, le artiste e altre figure pubbliche che disubbidiscono alle leggi sul velo: carcere, frustate e multe.
Certamente dinanzi a violazioni così vistose dei diritti e delle libertà delle donne è facile parlare di patriarcato. Chi potrebbe metterlo in dubbio?
Ecco se per patriarcato o società patriarcale intendiamo questo è evidente che il nostro non è patriarcato.
Certo se guardiamo in maniera superficiale le nostre società occidentali sembrerebbe anacronistico parlare di patriarcato. Abbiamo una presidente del consiglio donna, molte ministre, moltissime deputate in parlamento, molte dirigenti d’azienda, persino astronaute. Moltissime donne medico o ingegnere e così via. Niente ci è vietato, libere di affermarci in ogni campo! Inoltre è vero che sul piano giuridico il patriarcato è finito nel 1975 con la legge sul nuovo diritto di famiglia. In ottemperanza al dettato costituzionale secondo il principio dell’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi sul piano giuridico si pose fine alla famiglia patriarcale, si affermò il riconoscimento della parità tra i coniugi; la donna recuperò la sua identità nel nome, non dovendo più assumere il cognome del marito; la collaborazione nel mantenimento e nella gestione della famiglia e la parità nei confronti dei figli, con l’obbligo di entrambi di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli. E sotto il profilo del regime patrimoniale della famiglia fu stabilito che, di regola, tutti i beni acquistati dai coniugi dopo il matrimonio sono in «comunione»; viene abolito l’istituto della dote, beni che la moglie portava al marito come contributo agli oneri del matrimonio. Le leggi sul divorzio e sull’aborto hanno completato il percorso di affermazione della libertà delle donne grazie alle rivendicazioni da parte del femminismo. E ancora nel 1981 fu abolito il delitto d’onore. E gli slogan “IO sono mia”, “Il corpo è mio e lo gestisco io”, le lotte contro i processi che colpevolizzavano le donne nei processi per stupro. Donne, vita e libertà 50 anni fa! Quindi il patriarcato inteso come “l’ordinamento sociale in cui l’autorità e il potere sono tradizionalmente concentrati nelle mani degli individui maschi, il sistema sociale in cui vige il controllo esclusivo dell’autorità domestica, pubblica e politica da parte dei maschi in cui gli uomini detengono una predominanza di potere e privilegi”, spesso a discapito delle donne sembra essere finito negli anni ‘70! Il patriarcato tradizionalmente inteso e vistosamente ancora vitale in certe culture in occidente è stato abbattuto.
Ma possiamo dire che i principi di prevaricazione maschile con i quali conviviamo da millenni e che spesso sono talmente radicati da apparirci scontati e giusti, siano svanite con semplici leggi? Purtroppo sono ancora nel DNA di molti maschi ancora ben saldi, il Super io spesso non è in grado di controllare socialmente i rapporti uomo donna in termini di reale parità e l’immaginario collettivo ancora vive di stereotipi e di discriminazioni!
Proviamo a voltarci indietro e vediamo che la nostra storia gestita esclusivamente da maschi è contrassegnata da violenza e sopraffazione. La storia è fatta di avvenimenti ed eventi, figli del patriarcato e della cultura misogina e maschilista: guerra, sopraffazione, oppressione, schiavitù, sfruttamento, disumanizzazione del prossimo, colonizzazioni, espropriazioni e appropriazioni indebite, negazione di diritti, guerre, etc, tutti aspetti terrificanti della natura umana che sono palesemente dirette conseguenze di un mondo costruito dal potere e dal dominio maschile.
Violenza è maschio, sopraffazione è maschio, oppressione è maschio.
Ed ecco che valori ancestrali come la logica del dominio e del predominio, del controllo, del possesso o della sottomissione al volere maschile non sono mai morti del tutto. Contraltare di queste logiche è ancora la fragilità e la scarsa indipendenza delle donne soprattutto dal punto di vista economico per cui spesso o non lavorano o fanno lavori poco qualificati o sottopagati e con diseguale retribuzione rispetto ai maschi, con evidenti differenze di condizioni, di ruoli e di trattamento tra uomini e donne. O sono costrette ai lavori di cura dei figli o dei genitori anziani. La mancata indipendenza economica limita la libertà di scelta delle donne. Ancora oggi, molto banalmente, nel retropensiero di molti maschi, troppi, si cela l’idea che non occorre che la donna vada a lavorare perché è il maschio che porta i soldi a casa e così non sfugge al controllo. Si nasconde l’assunto che la volontà della donna va addomesticata, va domata, piegata al volere maschile, che la sua libertà deve essere sottoposta al controllo e al vaglio del marito/fidanzato/compagno tramite vigilanza sul cellulare o delle uscite o delle amicizie. E che dire delle battute sessiste apparentemente innocue a cui la “sottocultura” berlusconiana ci ha abituati che nascondono un approccio predatorio? O diventiamo prede indifese e vulnerabili alla mercè dell’amico di turno, magari incontrato occasionalmente. E si palesa una logica del possesso e della gelosia morbosa, ancora abbastanza diffusa, che viene scambiata per amore! “Ti amo dunque sei mia, ti possiedo, sei un oggetto nelle mie mani, sei una mia creatura, non puoi sfuggire al mio controllo”! E le molestie del collega, del capo, del datore di lavoro sono merce di scambio, “ti do il lavoro se “me la dai”! E ancora lo stupro è la spia che loro possono fare di te quello che vogliono, sei una docile cosa nelle loro mani, soprattutto quando sei inerme perché hai bevuto o perché ti hanno drogato. Bambola gonfiabile di cui possono appropriarsi. Un’idea di passivizzazione della donna a cui bisogna negare ruoli, scelte, decisioni autonome. E’ quindi evidente un’asimmetria di potere, di forze, di libertà, di autonomia che è figlia di una gestione verticale delle relazioni, espressione, quindi, di una cultura patriarcale, non orizzontale e discriminatoria. E se le donne si sottraggono sempre più a queste aberranti logiche di dominio e controllo sociale ecco che scatta la violenza per soggiogarle al loro potere e se sono ancora recalcitranti basta eliminarle, “se non sarai mia non sarai di nessun altro”!
E’ patriarcato? Direi proprio di sì, e chi lo nega o è in mala fede o ha ancora, appunto, una mentalità patriarcale ed è vittima ancora di pregiudizi sessisti o di valori stantii che stentano a scomparire!
Si insegna sempre alle bambine e alle ragazze di stare attente, a non mettersi troppo in mostra, di non vestirsi in modo troppo provocante etc, limitando la loro libertà ma forse non altrettanto si fa con i maschi a cui dovrebbe imporsi un imperativo categorico, insegnando loro il rispetto della volontà e della libertà della donna.
“Se io non voglio, tu non puoi, anzi non devi”!