Parliamo di Patriarcato?
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28 Novembre 2024Un convegno tenutosi a Bologna a inizio ottobre ha acceso i riflettori su un tema cruciale e quanto mai attuale: la costruzione di una democrazia partecipativa. Promosso da diverse associazioni cittadine, l’evento ha esplorato criticità e prospettive per un modello democratico più inclusivo, in grado di coinvolgere realmente i cittadini nelle scelte politiche
Il punto di partenza del convegno è stato amaro. Associazioni come l’Associazione Luca Coscioni, Legambiente, Rete Emergenza Climatica Ambientale e il Comitato Contro Ogni Autonomia Differenziata hanno raccolto migliaia di firme per leggi di iniziativa popolare, ma nessuna di queste è stata discussa dal Consiglio Regionale. Un segnale preoccupante, che rivela quanto sia difficile far sentire la voce della società civile.
ALcune differenze ideologiche hanno reso il progetto inizialmente controverso. Tuttavia, di fronte a un sistema che fatica a recepire le istanze dei cittadini, la questione non può essere ridotta a una semplice contrapposizione politica.
Anche una regione come l’Emilia-Romagna, tradizionalmente progressista, non riesce a dare spazio alle istanze della società civile, appare evidente quanto sia fragile il nostro sistema democratico. Le difficoltà che noi cittadini abbiamo nel partecipare alla vita politica del paese non possono essere relegate alle differenze ideologiche o al posizionamento negli scranni parlamentari.
I numeri parlano chiaro. Alle ultime elezioni regionali svoltesi in Emilia-Romagna, meno della metà degli aventi diritto – poco più del 46% – ha votato. Un dato che riflette la crescente sfiducia verso un sistema politico percepito come distante e inefficace.
Questa disaffezione non è soltanto italiana: il fenomeno è globale, alimentato da cambiamenti sociali ed economici sempre più rapidi, che rendono i programmi politici spesso obsoleti nel giro di pochi anni.
Serve dunque rivedere alcuni meccanismi della nostra democrazia per facilitare la partecipazione dei cittadini, magari anche con proposte innovative.
La prima parte del convegno è stata dedicata ad un’analisi dello stato della democrazia rappresentativa.
Lorenzo Mineo – coordinatore delle attività europee di Eumans, associazione paneuropea che ha come scopo l’organizzazione della partecipazione politica – ha illustrato le molteplici attività che l’associazione di cui fa parte sta portando avanti a livello transnazionale con lo scopo di aumentare la partecipazione dei cittadini. Ha citato tra le altre le European Citizens’ Initiatives: uno strumento, poco noto, messo a disposizione della Comunità Europea che permette ai cittadini di presentare proposte di legge a livello europeo. Interessante anche l’accenno al possibile sviluppo di una app che, gestita dall’Intelligenza artificiale, guidi il cittadino nella raccolta firme e lo tenga aggiornato sulle iniziative in corso
Anche Riccardo Magi – segretario di +Europa – ha evidenziato il ruolo della tecnologia. La piattaforma pubblica per la raccolta firme online, di cui è stato promotore, ha già dimostrato come le firme digitali possano facilitare la partecipazione, pur senza sostituire il contatto diretto con i cittadini.
L’on. Magi ha sottolineato che nessuno ha la pretesa di mettere in discussione o sostituire il tradizionale metodo di raccolta firme tramite i banchetti e il contatto personale diretto. La discussione ed il confronto sono necessarie in ogni democrazia, ma la possibilità di firmare le proposte in un secondo momento permette a ciascun cittadino di informarsi meglio e di ponderare più a fondo la scelta. Al contrario di quanto evidenziato da parte del mondo accademico e politico, la firma digitale permette un approccio maggiormente consapevole.
Abbiamo chiuso il primo panel con l’intervento video di Gaetano Azzariti – professore ordinario di Diritto Costituzionale alla Sapienza – che ha affrontato il tema della crisi dei partiti e, di conseguenza, del Parlamento. Sottolineando come sia necessario compensare questa crisi con una maggiore partecipazione dei cittadini, pensandola non in contrapposizione all’attività politica ma come possibilità di renderla più efficace ed efficiente
Tra le proposte emerse, quella di eliminare o rivedere il quorum nei referendum, considerato un ostacolo alla partecipazione consapevole. La necessità di raggiungere un quorum fissato a priori è una spinta alla non partecipazione: chi è contrario al quesito referendario ha due possibilità di opporsi: spiegare le ragioni del no oppure invitare gli elettori a non andare a votare sperando che non sia raggiunto la fatidica soglia.
Non avere un quorum o averlo mobile (che si adatta di volta in volta alla partecipazione effettiva alle ultime elezioni politiche) potrebbe invece essere una spinta ad informarsi e ad una partecipazione consapevole.
Nel pomeriggio l’attenzione si è spostata verso le esperienze locali. Rodolfo Lewanski – professore associato all’Alma Mater di Bologna e titolare del corso di Democrazia Partecipativa – e Pasquale Pagano – riferimento per Extinction Rebellion, associazione co-organizzatrice – hanno raccontato la Assemblea Cittadina promossa dal Comune di Bologna per definire il percorso verso le zero emissioni entro il 2030. Un progetto ambizioso che ha coinvolto un centinaio di cittadini estratti a sorte ed invitati a partecipare volontariamente ad una serie di incontri con esperti e stakeholders per deliberare oltre a 100 raccomandazioni all’Amministrazione.
Nonostante alcune criticità – come il poco tempo a disposizione e la scarsa partecipazione degli stakeholders – l’iniziativa è stata un esempio di democrazia diretta da valorizzare.
Lo strumento delle Assemblee Cittadine, con la dovuta preparazione e legittimizzazione, ha la potenzialità di riproporre un collegamento diretto tra la cittadinanza e le scelte che la coinvolgono. Si realizza così una versione estesa e moderna del concetto ateniese di democrazia, tanto caro anche a molti populisti e sovranisti.
Infine Maria Longo – rappresentante del Comitato Contro ogni Autonomia Differenzaita -e Corrado Oddi – del coordinamento regionale di RECA – hanno presentato, in due fasi, una proposta per rendere più efficaci strumenti che abbiamo già a disposizione
Abbiamo già visto che il mancato ascolto delle proposte di legge di iniziativa popolare è stato il motivo fondante del convegno, la dott.ssa Longo ha sottolineato che serve “costringere” il consiglio regionale a discuterle e commentarle, imponendo un limite preciso entro il quale queste proposte siano calendarizzate e, soprattutto, creando una conseguenza nel caso di mancato rispetto di queste tempistiche. Se l’assemblea regionale non discute la legge, il comitato promotore può decidere di richiedere che la proposta sia oggetto di un referendum propositivo in modo da aggirare l’immobilismo dei piccoli parlamenti regionali e lasciar decidere ai cittadini l’esito della proposta.
Su questa possibilità si inserisce l’intervento di Corrado Oddi, che ha sottolineato come la Regione attualmente non ammette il referendum propositivo. E’ quindi necessario rivedere questo aspetto, normando la possibilità di gestire tramite un referendum l’avanzare di una proposta legislativa.
Il convegno si è chiuso con una nota di delusione: solo un candidato alla presidenza regionale ha partecipato allo spazio riservato al confronto finale, limitandosi però a un discorso promozionale. Un’ulteriore dimostrazione della distanza tra la politica “ufficiale” e quella partecipativa che le associazioni promotrici cercano di costruire.
Il messaggio finale, tuttavia, è chiaro: per superare la crisi della democrazia rappresentativa è necessaria una partecipazione più consapevole e diffusa. Informazione e formazione degli elettori sono la chiave per ricostruire il senso di responsabilità collettiva, fondamento di una democrazia autentica e vitale.