Sull’astensionismo
2 Marzo 2023PER COSTRUIRE UN’ALTERNATIVA CONCRETA AL DECENNIO BRUGNARO
7 Marzo 2023Dalla marcia “Riprendiamoci la Città” di Mestre sono emerse molte proposte concrete sulla necessità di una prevenzione efficace e sull’importanza della riqualificazione urbana.
E, va detto chiaramente, la manifestazione certifica il fallimento di questa Amministrazione proprio su un tema portante della sua campagna elettorale (e appaiono un po’ patetici i tentativi di appropriarsene ex post fatti da Brugnaro il giorno dopo). E appalesa che le politiche di repressione e di pubblica sicurezza da sole non bastano.
Parlare dunque di prevenzione porta al tema delle Politiche Sociali che del resto sono da sempre un settore fondamentale per qualsiasi Comune. Aspetto su cui l’attuale Amministrazione ha mostrato un’attenzione insufficiente.
Su questo punto puntualmente (vedasi il Consigliere comunale Martini sulla Nuova Venezia del 26 febbraio) è scattata l’accusa di voler smantellare i servizi per il cosiddetto servizio di “riduzione del danno” esternalizzando l’attività. Martini obbedisce evidentemente al riflesso pavloviano di certa sinistra ideologica per cui il bene comune debba essere gestito necessariamente dal pubblico, ma spiace dirlo, in questo caso ha torto marcio: è esattamente il contrario. Lo dico con la cognizione di causa di chi ha studiato e lavora proprio nell’organizzazione delle strutture sanitarie.
Nel nostro Comune ci vuole maggiore coinvolgimento attivo della progettazione del Privato Sociale, allineandosi alla prassi nel nostro Paese in cui l’80% delle attività di cosiddetta “riduzione del danno” è in carico al Terzo Settore. Senza il quale la riduzione del danno in Italia non esisterebbe.
Il comune di Venezia è l’unico comune italiano che si fa carico in toto di questo servizio e ha gestito in questi anni con difficoltà la presa in carico di emergenze sociali quali la tossicodipendenza e la gestione dei senza fissa dimora, pur investendo ingenti quantità di denaro.
Per esempio, il servizio cosiddetto “stop and go” e il servizio di camper che perlustra i luoghi di consumo abituale costano complessivamente all’amministrazione comunale 500 mila euro annui, a cui si devono aggiungere i costi strumentali (riscaldamento, pulizia, benzina).
Un costo enorme inevitabile perché comporta tenere svegli/in servizio 5 operatori in orario notturno (anche festivi e feriali). Ma soprattutto è strutturalmente un servizio che non può funzionare. Perché un lavoro altamente usurante e un dipendente comunale dopo due anni dall’assunzione ha diritto a chiedere il trasferimento ad altre mansioni.
Testimonianze dirette mi raccontano di difficoltà oggettive nel lavorare in un team stabile, di conflitti interni e tuttavia di persone esperte nella gestione tanto da essere portate ad esempio e fare scuola nelle altre Regioni.
In queste condizioni è inevitabile un elevato turnover e da qui la difficoltà oggettiva di mantenere il servizio.
In sintesi, se assistiamo a un costante decadimento delle prestazioni sociali questo è dovuto al fatto che pecchiamo di presunzione quando sosteniamo che il bene comune deve essere pubblico.
La progettazione di politiche sociali attive sul territorio che siano realmente efficaci è moderne non può esulare dall’esternalizzazione e dal coinvolgimento nella loro progettazione di chi quelle politiche la fa per vocazione, come appunto il privato sociale. Esattamente, ripeto, il contrario di quanto sostiene Martini.
Si deve invece aprire al Terzo Settore in maniera decisa e strategica attuando una chiamata pubblica alle varie cooperative sociali private per proporre progetti in riposta alle emergenze. Nobilitando e coinvolgendo il privato sociale utilizzandolo non solo come forza lavoro ma come soggetto titolato ed esperto a fornire e costruire percorsi idonei per la presa incarico di queste emergenze (come avviene già nel comune di Padova).
Quante azioni mirate ed efficaci potrebbero essere adottate se solo si avesse la capacità di ascoltare, se si aprisse la porta alla coprogettazione e ci si affidasse all’esperienza e alla competenza di quelle sfere associative che nella nostra città operano in modo autonomo e che nascono con finalità prosociali. Persone che hanno scelto di fare quel lavoro e che potrebbero lavorare in sinergia tra reparti, ora strutturati come compartimenti stagni.
È la strada che consentirebbe una gestione più moderna e sensata, più capillare e meno costosa dei servizi di welfare comunale. Facendo leva peraltro sulla possibilità di mettere in competizione le proposte e i servizi delle diverse cooperative sociali che operano nel settore.
Questo è fare politica per il bene comune. Ragionare sui temi, trovare le soluzioni più idonee ed efficienti e non inseguire falsi miti e ideologie. Con buona pace di Martini.