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6 Gennaio 2024Gentrification, un fenomeno diffuso nei processi di rigenerazione urbana. Cosa si intende per gentrification, e quali le cause e le conseguenze di questo fenomeno? La quantità di saggi sul tema è notevole; limitiamoci a qualche riflessione, propedeutica ad approfondimenti che il complesso fenomeno comporta.
Per gentrification si intende un processo di riqualificazione estetica e funzionale (nuova veste e nuove o confortevoli destinazioni degli immobili) di un quartiere o di un distretto cittadino; si concretizza in una ristrutturazione di abitazioni vetuste o di bassa qualità abitativa.
Il termine deriva dalla parola inglese gentry, che si riferisce ai ceti composti da proprietari terrieri non appartenenti all’aristocrazia tradizionale, cioè a quei ceti sociali contigui all’aristocrazia. Un termine introdotto nel 1964 dall’urbanista Ruth Glass negli studi sulle città inglesi, condotti in un’ottica di conflitto di classe sociale.
Storicamente, in Inghilterra ed altrove, con lo sviluppo della produzione industriale, piccole e medie unità di produzione collocate in area urbana, nelle cui vicinanze si trovavano le abitazioni degli operai, si insediavano in periferia; di conseguenza anche i dipendenti si spostavano, talvolta in agglomerati abitativi appositamente destinati ad accoglierli. A questi spostamenti seguiva il processo di gentrification, cioè di recupero delle abitazioni rimaste libere che, in un’ambito internazionale, si è svolto con processi molto diversi: o attraverso l’intervento di recupero da parte delle amministrazioni pubbliche, anche con finalità di risanamento urbano; oppure attraverso l’intervento di capitale privato per un’opera di restauro edilizio e di ritorno finanziario. Soprattutto negli USA la riqualificazione urbana si è svolta con modalità coercitive da parte di grandi compagnie finanziarie o edili che hanno acquistato i terreni per nuove edificazioni, determinando l’ espulsione dei meno abbienti e di attrazione di residenti con maggiori possibilità economiche .
In altri casi le ristrutturazioni degli edifici rimasti liberi sono state precedute dall’insediamento di nuovi abitanti, avanguardie artistiche e culturali o cittadini della classe media con particolari preferenze verso il centro-città per la prossimità a monumenti, cinema, teatri e centri culturali; questi gruppi di abitanti hanno contribuito al ripopolamento del quartiere. Talvolta questi “pionieri”, causa le successive trasformazioni del quartiere, compresa la perdita di certe caratteristiche o modalità di vita “all’avanguardia”, lo hanno poi abbandonato trasferendosi altrove: un tipo di mobilità che in Italia ha avuto minore frequenza rispetto ad altre città dell’Europa e degli USA. (Per un excursus sulle tematiche del rinnovamento urbano si veda il saggio di Francesco Memo, “I grandi progetti di rinnovo urbano: genesi e impatti”, in Quaderni di sociologia, 52 /2010.)
Il termine gentrification rimanda ad un aumento di valore estetico e/o funzionale degli immobili, abitazioni o esercizi commerciali in un quartiere o in una data zona cittadina; è un cambiamento tendente ad un accrescimento di pregio.
Non è appropriato il post di Tomaso Montanari con annessa foto (1.12.2019): “Ecco cos’è la gentrificazione a Firenze : in questa edicola fino a poco fa compravo i giornali. Ora vende merda di plastica per turisti inconsapevoli. Niente più giornali: niente più cittadini. Non c’è più l’edicola. E non c’è più la città”. Non si può che essere d’accordo su tale raffigurazione estetico-funzionale, ossia sull’esposizione di “merda” e sulla deleteria cessazione dell’attività di vendita di giornali: ma questa rappresentazione non corrisponde propriamente alla gentrification, bensì ad uno svilimento dell’attività commerciale, data la sua caduta di pregio.
Gli studi sulla gentrification si differenziano a seconda del rilievo dato all’offerta, cioè all’intervento di capitale, o del rilievo dato alla domanda residenziale, cioè al miglioramento delle condizioni abitative. (Per una sintesi sugli studi sulla gentrification si rimanda al saggio di Luca Gaeta, PoliMi, La letteratura sulla gentrification: stato dell’arte e prospettive di ricerca, XXVII Conferenza Italiana di Scienze Regionali.)
Ritornando all’evoluzione storica, in anni più recenti il passaggio dalla produzione manifatturiera alla attività di servizi ha contribuito alla comparsa nel perimetro cittadino di agenzie di servizi, di sedi finanziarie, di aziende di tecnologia. Lo sviluppo della produzione legata ai servizi ha stimolato l’attività edile nelle città, per nuovi insediamenti o edifici trasformati e adattati alle nuove attività, con caratteristiche estetiche di rappresentanza. Quindi, quartieri o zone del quartiere che sono diventate o diventano attrattive sia per le nuove aziende e le agenzie, sia per abitanti con maggiori possibilità economiche.
Anche il processo di cartolarizzazione, nelle città che l’hanno attivato, ha avuto una ricaduta sull’assetto immobiliare e sociale delle città interessate: ci si riferisce all’immissione nel mercato di titoli negoziabili derivanti dalla vendita di edifici prima di pubblica proprietà, con caratteristiche di rendimento e di rischio analoghe a quelle dei titoli finanziari, il cui scambio è stato velocizzato dall’internazionalizzazione dei mercati.
La gentrification è un processo con esiti positivi e negativi, da valutare in rapporto alle specifiche città. (Si rimanda all’articolo Che cos’è la gentrificazione, Il Post, 7.8.2016: l’articolo prende in esame in particolare la situazione americana, esplicitando lati negativi e lati positivi).
Esiti positivi quando si considerano l’aumento di pregio delle abitazioni, i miglioramenti estetici e funzionali ed in genere il rinnovamento del quartiere. Oltre a sedi di imprese economicamente rappresentative sorgono spazi di incontro, di spettacolo, di shopping per residenti e turisti, con riflessi positivi sull’economia cittadina grazie all’aumento dei consumi. Le città che incorporano nuovi insediamenti di imprese finanziarie o ad alta tecnologia richiamano flussi finanziari e scambi tecnologici che ne accrescono il prestigio.
Non dimentichiamo che le città, oltre a curare il benessere dei loro cittadini, sono soggette a competizione, a livello nazionale e internazionale, per affermare la loro attrattività: una competizione cui non si può sfuggire in una economia globale, almeno da parte delle città più importanti. (Il rimando è a Saskia Sassen, Le città nell’economia globale, Il Mulino 1997: saggio vertente sulla nuova economia urbana, sulle ricadute , positive e negative, dei processi economici mondiali sulle città ).
Tra gli aspetti negativi della gentrification, la contrazione del mercato abitativo privato a basso costo, con diminuzione delle possibilità di accesso da parte delle fasce di reddito più svantaggiate. (Si rimanda al libro di Giovanni Semi, Gentrification, IlMulino2015, di impronta ideologica e concentrato sugli aspetti negativi). Di solito sono gli affittuari ad essere svantaggiati dall’aumento degli affitti, mentre i proprietari hanno la possibilità di vendere l’abitazione ad un prezzo vantaggioso. La gentrification si interseca con altri processi urbani, tipo la destinazione delle abitazioni a locazioni turistiche, o la vendita da parte di cittadini che si trasferiscono altrove a fronte dell’acquisto delle case da parte di acquirenti benestanti che non le abitano stabilmente, o l’acquisto da parte di immigrati con l’aiuto dei gruppi etnici di appartenenza. Non sempre l’esodo di parte della popolazione è dovuto ai meccanismi di mercato, in quanto lo spostarsi in abitazioni moderne e dotate di confort, in altri quartieri o in periferia, è dovuto alla vetustà delle abitazioni e ai vincoli architettonici che non consentono migliorie, quali per esempio l’installazione di ascensori ed altre attrezzature indispensabili per persone con età avanzata. Questi processi non coincidono con la gentrification, in quanto la compravendita di immobili non necessariamente comporta un miglioramento di pregio, oppure riguarda la singola abitazione, ma non il quartiere o la zona cittadina.
Gli esiti della gentrification non sono univoci. (Si rimanda a Luca Gaeta, La letteratura sulla gentrification: stato dell’arte e prospettive di ricerca ).
Se si persegue una visione localistica, conservativa, centrata sulla protezione di abitanti, o meglio di una parte dei suoi abitanti, si rischia di trascurare eventuali possibilità di sviluppo, che necessitano di fondi finanziari: il benessere dei cittadini richiede flussi economici e sostegno ai consumi, senza i quali una città è destinata alla decadenza.
Il criterio “la città a chi la abita” (il riferimento è a G. Semi, “Città per chi le abita”, rivista Il Mulino, Fascicolo 3, 2017 ) è un criterio accattivante, che rimanda però ad una visione conservativa della città, della sua morfologia sociale. Il ricambio di popolazione interessa le città in misura maggiore rispetto al passato, per lo sviluppo di nuovi settori produttivi, che richiedono nuove maestranze con nuove competenze; anche il mantenimento della tradizionale produzione manifatturiera, con la domanda di manodopera da parte delle imprese, comporta un ricambio demografico, composto anche dagli immigrati, che sta modificando il mercato abitativo e la morfologia sociale delle città e delle loro periferie. Questi cambiamenti rendono arduo coltivare una visione conservativa delle città. Oltre a ciò, le abitazioni vetuste necessitano di ristrutturazione a fini di confort e di sicurezza, in assenza delle quali, con il tempo, un quartiere potrebbe trasformarsi in un quartiere impoverito.
Sarebbe opportuno considerare la gentrification senza prismi ideologici o visioni preconcette, e soprattutto non soffermarsi su una soltanto delle conseguenze, che sia l’esodo di parte della popolazione o l’ arricchimento estetico-funzionale. E’ importante avere una visione progettuale di come vogliamo che sia e come vogliamo che diventi la città che si amministra, considerando che le città, come i suoi abitanti, sono dipendenti dai mutamenti dell’economia, nazionale e internazionale.
Foto: Esiti di gentrification in Berlino Centro, @L.M.