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19 Marzo 2025A Venezia due sono, in particolare, le aree di riuso urbano a tutt’oggi “irrisolte” e su cui si dibatte a vuoto da decenni senza arrivare ad un nulla di fatto: l’area dell’Italgas in Marittima a Santa Marta (ex Campo di Marte) e quella volta ad analogo uso, ora di proprietà privata, a San Francesco della Vigna a Castello. Due porzioni periferiche di città incompiute che, nella trasformazione della Venezia moderna, sono state impiegate quali sedi delle officine del gas.
Dismessa poi la loro funzione di gasometri cittadini, per la loro riconversione, si sono susseguiti nei decenni vari strumenti urbanistici con relative varianti, sono state avanzate diverse ipotesi progettuali provenienti da più parti, son state oggetto di convegni, scritti, dibattiti corredati spesso da critiche e proteste.
Mentre l’area di Dorsoduro, adiacente al quartiere di Santa Marta, è abbandonata da anni in quanto il suo futuro è inevitabilmente legato a doppio filo ai destini delle adiacenti zone portuali, quella di Castello appare inserita nel vivo del tessuto cittadino e gode, al tempo stesso, di un appetibile affaccio direttamente sulla laguna Nord.

Ingresso dell’Area Italgas a Santa Marta lato Rio di Santa Maria Maggiore
Dopo la dismissione, avvenuta per decreto napoleonico nel 1807, della chiesa di Santa Giustina (poi sede storica del Liceo Scientifico Benedetti) e la demolizione nel 1841 del suo campanile, a San Francesco della Vigna nel sestiere di Castello, venne costruita nel 1843 la prima Officina del Gas su un terreno che nel 1839 era già stato concesso per decreto municipale alla Società “De Frigière-Cottin-Mongolfier” dato che aveva assunto, al tempo, l’incarico relativo all’illuminazione a gas di San Marco e del suo circondario.
Con l’avvento dell’illuminazione pubblica stradale estesa a tutto il centro storico, nel 1864, l’area venne successivamente ampliata e nel 1893, includendo parte dello stesso campo di San Francesco della Vigna, vi si costruirono cinque nuovi gasometri con magazzini per il deposito del carbone.
Nel 1922 l’illuminazione pubblica veneziana a gas venne sostituita con quella elettrica e la richiesta di gas in città, di conseguenza, decrebbe. Dei sei gasometri eretti nel tempo a San Francesco, raffrontando i catasti storici, oggi ne rimangono solo due: quello verso il campo risalente al 1882 e quello verso la laguna costruito nel 1926 i cui scheletri metallici li vediamo chiaramente ancora oggi.
Negli anni trenta l’area venne parzialmente ridotta per lo spostamento di parte degli impianti nel nuovo insediamento di Santa Marta lasciando spazio, nel 1931, alla costruzione del vicino Istituto Tecnico Paolo Sarpi.
Nel 1960 l’area di risulta lungo la laguna, ricavata dalla demolizione di uno dei magazzini e dall’abbattimento parziale del muro confinante, fu utilizzata per la costruzione di due edifici di residenza economica popolare dell’allora INA-CASA.
Lo storia urbanistica di questa parte di città è complessa e merita di soffermarsi su alcuni snodi fondamentali per comprendere la vicenda che ancora oggi caratterizza i destini irrisolti di questo insediamento post- industriale.
Il Piano Particolareggiato del 1974 prevedeva già una duplice destinazione d’uso dell’area allora proprietà della Veneziana Gas: la porzione pari a circa il 60% dell’estensione, posta più a ridosso del campo di san Francesco della Vigna, veniva destinata a impianti sportivi, mentre il restante 40% fronte laguna a servizi idrici e simili. Queste indicazioni di piano intendevano rispondere non solo alle esigenze della stessa Veneziana Gas, ma anche alle istanze sociali richieste dal Comune di Venezia prevedendo una palestra ad uso del quartiere e delle vicine scuole superiori.
Dismessi definitivamente gli impianti negli anni ottanta, l’area dell’ex Veneziana Gas di San Francesco, con la variante al Piano Regolatore Generale (P.R.G.) per la Città Antica 1988-1999, venne interamente destinata a standard urbanistici volti a servizi pubblici. L’area era molto appetibile e presentava un potenziale di sviluppo notevole per creare un accesso alternativo a Venezia. Infatti collegandola direttamente con un sistema di servizi acquei all’aeroporto di Tessera e al litorale del Cavallino sarebbe divenuta un terminal acqueo, una nuova porta d’ingresso in città, decongestionando così il caotico Piazzale Roma.
Successivamente in occasione del Giubileo del 2000 la società partecipata Vesta (oggi Veritas) del Comune e dell’allora Provincia di Venezia acquistò l’area direttamente da Italgas, che nel frattempo nel 1996 aveva interamente assorbito la Veneziana Gas. Con l’occasione avrebbe ricevuto finanziamenti statali per la realizzazione del nuovo terminal, che avrebbe collegato lo scalo di Tessera direttamente a Castello, destinandolo all’arrivo dei pellegrini in città. Attracchi e servizi non vennero però mai utilizzati.
La variante al P.R.G. per gli standard urbanistici estesa a tutto il Centro Storico (2000-2002) suddivideva poi l’area ex Gasometri a San Francesco della Vigna, in due parti: una per “aree ed attrezzature urbane e territoriali” destinate ad attrezzature scolastiche al servizio delle scuole superiori della zona con una nuova area di progetto prevista per l’ampliamento dell’istituto Sarpi e per attività sportive con attrezzature scolastiche fisse (palestra ) e una per “aree ed attrezzature di quartiere” destinate ad attrezzature collettive di interesse pubblico comune.
La successiva variante al P.R.G. per l’area degli ex-Gasometri a San Francesco della Vigna 2002-2009, adottata poi dal Comune di Venezia riprendeva l’idea di dividere l’area in due distinti ambiti soggetti ad un’unica progettazione. L’ambito A era previsto per attrezzature scolastiche e sportive per le scuole superiori Benedetti-Sarpi-Barbarigo con destinazione a impianti sportivi dei due capannoni ottocenteschi esistenti congiunti ad uno spazio dove sarebbe sorta una nuova palestra e l’ambito B destinato ad attrezzature e servizi di interesse comune integrati alla città prevedendo il riuso del gasometro sul fronte lagunare, del capannone novecentesco esistente e la costruzione di un nuovo edificio dalla volumetria massima di 3.250 mc.. Si prevedeva poi un allungamento delle Fondamente Nuove ricostruendo l’antico ponte demolito che collegava l’area alla Fondamenta di S. Giustina. Contemplava anche il ripristino ad uso pubblico della parte del campo San Francesco che era stata sottratta a fine ottocento per creare le Officine del Gas, che avevano inglobato nel loro spazio anche un’antica vera da pozzo. A fronte di 17.765mc derivanti dalla demolizione di vecchi edifici si prevedevano 14.311 mc. di nuova costruzione riducendo così la volumetria complessiva.
Nel 2001, dal canto suo, l’allora Provincia di Venezia approvava un progetto preliminare per un nuovo centro sportivo da realizzarsi nell’area motivando l’urgenza di adeguare le attrezzature scolastiche delle predette scuole superiori (che ricadevano allora sotto la sua gestione oggi della Città Metropolitana) inserendo tale operazione nel Programma Provinciale di spesa per le Opere Pubbliche relative al triennio 2002-2004.
Sorse però chiaramente alla ribalta un altro problema: la bonifica. L’allora assessore provinciale all’Ambiente in preparazione proprio della bonifica stessa dell’area di San Francesco elaborava il Piano di Caratterizzazione del Suolo e circoscriveva le zone critiche dell’area per il rischio di rilascio di catrami inquinanti verso la prima falda e la laguna. Già allora si segnalava che, per tali motivi, si sarebbe trattato “di interventi complessi”.
La Giunta Regionale approvando poi la variante con ritardo facendo propri i pareri della Soprintendenza e Commissione di Salvaguardia, prescriveva di conservare e riusare anche il secondo gasometro (esisteva anche un originale progetto preliminare per farne una biblioteca) e di eliminare la possibilità di edificare la nuova volumetria prevista fronte laguna di 3.250mc.
E fin qui, nonostante le complicanze emerse della bonifica, la storia del riuso di questa zona, seppur articolata in successive varianti, appare complessivamente abbastanza in linea nelle destinazioni d’uso stabilite. Le strutture sportive ad uso scolastico apparivano ormai un punto fermo nella progettazione dell’area.
Nel 2008 il Governo Berlusconi, però, con le disposizioni urgenti per lo sviluppo economico in materia di finanzia pubblica, facilitando le procedure che prevedevano la vendita dei beni pubblici regionali, provinciali e comunali, cambiava le carte in tavola. La Regione del Veneto poi articolava e definiva le procedure attuative di questa legge nazionale a scala locale.
Ecco che nel 2012, dopo altri due anni, il Comune di Venezia con due distinte delibere di Giunta approvava nel maggio e giugno 2012 la ricognizione degli immobili “di proprietà comunale non strumentali all’esercizio delle funzioni istituzionali del Comune” da vendersi e nell’elenco veniva inserita anche l’area ex Gasometri di San Francesco della Vigna a Castello. Con tre successive delibere si approvava nello stesso anno anche il “Piano delle alienazioni e valorizzazioni” che aveva valore di Variante allo strumento urbanistico e si inseriva per la prima volta la destinazione d’uso “residenziale”.
E qui avviene un ulteriore cambio di passo. Il 31 dicembre 2013 la società Veritas (ex- Vesta la partecipata che inizialmente avrebbe anche dovuto accollarsi la bonifica) vendeva l’area degli ex Gasometri di Castello alla Società “Immobiliare Del Corso Srl” , la quale il 18.6.2014 presentava un Progetto Unitario area “ex Gasometri San Francesco della Vigna” che prevedeva il riuso dell’area con l’edificazione di un nuovo insediamento privato per una superficie di pavimento totale di 10.650mq di cui 9500mq destinati ad uso residenziale, 1.150mq ad usi “complementari” di cui 740mq commerciali. Un vero e proprio sostanziale cambiamento rispetto alle indicazioni urbanistiche e ipotesi progettuali precedenti.
Nel mentre, dal 22 luglio 2014, il Comune di Venezia veniva commissariato per le note vicende del Mose e la Convenzione Urbanistica con la Società Immobiliare Del Corso s.r.l. per il Progetto Unitario con destinazione d’uso residenziale e commerciale veniva approvata esclusivamente con delibera dell’allora Commissario Straordinario il 31.10.2014 e successivamente dalla Provincia di Venezia. La società si impegnava a edificare anche una “struttura sportiva multifunzionale coperta da realizzarsi nell’area del cortile dell’Istituto P. Sarpi”, quindi di fatto fuori dell’area ex Italgas, per un valore di E. 750.000.
Al di là della correttezza procedurale della delicata vicenda approvata repentinamente in fase commissariale, il futuro dell’area subiva in pratica una virata totale circa l’iniziale destinazione d’uso ora divenuta per residenze di lusso e commerciale. Questo generò numerose proteste da parte della popolazione. Risultò anche nuovamente evidente che il problema che sottendeva da anni il riuso dell’area era anche la bonifica. Si trattava di un sito parecchio inquinato e quindi occorreva comprendere il tipo di obblighi di bonifica che vincolava il suo riuso e soprattutto quali erano i soggetti obbligati ad accollarsela.
Nel mentre ottenute le approvazioni la società Del Corso, probabilmente perché si sussurrava non navigasse in ottime acque, oltre alla bonifica da affrontare, nel 2019 vendeva poi l’area alla Società MTK dell’imprenditore austriaco Ivan Holler già noto per l’edificazione dei grandi complessi alberghieri in via Ca’ Marcello a ridosso della stazione ferroviaria di Mestre.
Il Comune di Venezia nel 2018 con apposita deliberazione di Giunta aveva nel frattempo inserito la Riqualificazione dell’area degli ex-Gasometri di S. Francesco tra le proposte di interesse prioritario tra le Proposte pertinenti al Piano degli Interventi da attuare preventivamente con specifici Accordi. Nel 2017 era stata anche chiesta dall’immobiliare Dal Corso all’amministrazione veneziana una variante per il cambio di destinazione d’uso da residenziale a “ricettivo” (cioè alberghiero).
La MTK proponeva un progetto che, a differenza dell’uso residenziale proposto con il Progetto Unitario, ultimata l’opera di bonifica con l’intento di recuperare il più possibile i fabbricati esistenti e demolendo quelli di minor pregio e significato, destinava l’area principalmente ad attività di tipo turistico-ricettivo, cioè, in pratica, un nuovo albergo a 4 stelle di 238 camere. Si precisava furbescamente nel progetto che tale struttura “è stata pensata come una vera e propria start up di istruzione pratica all’ospitalità a servizio del vicino Istituto Alberghiero Barbarigo” dove gli studenti “esercitino e perfezionano le competenze”.
Per far digerire l’idea dell’ennesimo albergo in laguna il progetto era poi corredato da una serie di altri “buoni propositi” a fondo sociale: opere di urbanizzazione “a vantaggio della collettività” quali riuso del campo di San Francesco, viabilità, verde pubblico, la realizzazione del nuovo ponte di collegamento sul Rio di Santa Giustina, la riqualificazione della vicina darsena, la costruzione di una nuova struttura polifunzionale da destinare a usi scolastici e extrascolastici da dare in “cessione” alla città metropolitana.
Per questa nuova struttura sportiva si proponevano tre soluzioni alternative: realizzare una piccola palestra nel cortile del vicino complesso scolastico ora Sarpi-Algarotti-Benedetti (ma oltre a privare i ragazzi del cortile per la ricreazione sarebbe risultata troppo ridotta) oppure sistemare l’impianto sportivo nei due depositi di catrame del Campazzo delle Galeazze nell’estremità nord occidentale dell’Arsenale recuperandone gli edifici.
Si sarebbe provveduto anche al restauro da parte dei privati di 50 appartamenti pubblici in zona. Insomma un progetto ben corredato da una serie di fini sociali, ma che suonavano come una sorta di “do ut des”.
Inaspettatamente questo ultimo progetto fu destinato a finire anch’esso nell’oblio a causa della delibera blocca-alberghi che nel mentre era sopraggiunta, una variante al Piano Urbanistico per il centro storico che di fatto bloccava l’apertura di nuove strutture ricettive a Venezia e l’ampliamento di quelle già esistenti (ne sono però esenti: il Tronchetto, dove infatti sarà terminato tra poco un altro complesso alberghiero, la Giudecca e le isole).
Nel merito della vicenda della costruzione della nuova struttura ricettiva a Castello era intervenuta negativamente anche l’Unesco vista la vicinanza che avrebbe avuto l’hotel al sito protetto e al campo dove svetta la chiesa di San Francesco della Vigna gioiello architettonico del Palladio e del Sansovino.

Rio di Santa Giustina dove si prevede di costruire il nuovo ponte di collegamento
Nel mentre si aggiunse anche l’epidemia del Covid che contribuì a stendere un velo sulla questione per l’ennesima ancora una volta irrisolta.
La Regione del Veneto aveva intanto approvato la variante al “Progetto di Bonifica con misure di sicurezza per suoli e falde” dell’area ex-Italgas di San Francesco della Vigna prevedendo che l’intervento di bonifica in questione dovesse essere concluso per il comparto suoli in 8 mesi e per il comparto acque in 5 anni dall’approvazione. Significative risultavano infatti le concentrazioni di contaminati organici e inorganici presenti sia nel terreno che nelle acque di falda.
Il 24 febbraio 2020 iniziò la bonifica dell’area e si procedette anche con iniezioni di cemento e infissione di pali di fondazione all’interno delle strutture del gas per solidificare il terreno in vista delle nuove edificazioni future.

La chiara vicinanza dei gasometri al Campo di San Francesco della Vigna
Oggi la bonifica può dirsi conclusa. L’area è stata ripulita dalle erbacce, rifiuti vari e serbatoi dismessi, edifici degradati e muta testimonianza della storia dell’area restano gli scheletri dei due gasometri metallici visibili a distanza vincolati dalla Soprintendenza quali manufatti di archeologia industriale.
La bonifica ha evidenziato che il terreno era pieno di pece sino a 4-5 metri di profondità. Il piano di bonifica, per un costo totale di 4 milioni di euro, prevedeva di rendere inerti parti di terreno meno inquinato che trattato avrebbe potuto essere usato come sottofondo. E’stato previsto un impianto stabile per l’estrazione e depurazione dell’acqua di falda. L’acqua aspirata verrà depurata e poi ri-immessa nel sottosuolo.
Ora, dal punto di vista del riuso dell’area, che resta sempre di proprietà del gruppo MTK (nel mentre l’imprenditore Holler interessato all’albergo si è sfilato dall’operazione) dopo il diniego ricevuto dal Comune di Venezia all’ipotesi proposta e nonostante la società avesse garantito che eventualmente si sarebbero potuti edificare appartamenti anche se, di fatto, giudicava l’investimento “troppo oneroso”, siamo ad un punto di stallo.
Sembra, infatti, anche tramontato il progetto iniziale di appartamenti di pregio.

Stato attuale dell’area
Al momento non risultano altre ipotesi in esame, ma, secondo fonti vicine al gruppo MTK, pare esista un’ipotesi alternativa ma nulla è stato ufficialmente presentato in quanto la Soprintendenza avrebbe chiesto, nel frattempo, di dimezzare da 12mila a 6 mila mc l’edificabilità dell’area all’interno dei vecchi gasometri.
C’è da chiedersi ora quando quest’annosa e tormentata vicenda della riconversione di questa pregiata area urbana si concluderà definitivamente, riaprendo ad uso pubblico una parte di città recintata da più di un secolo, ma che gode di uno splendido affaccio verso la laguna. Conclusa la bonifica ci si augura un nuovo intervento edilizio che la possa presto ridonare alla città e renderla, al tempo stesso, fruibile dai suoi abitanti, dato che è tra le poche aree ancora libere e edificabili del centro storico.
È un’occasione da non sprecare per cercare di ripopolare Venezia con residenze di buona qualità, moderne e funzionali e non di lusso esclusivo da sfruttare come mero investimento magari da affittare come Bed & Breakfast o per abitarci dieci giorni l’anno.
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