Urge una cultura generativa!
9 Maggio 2023La giustizia, nonostante
10 Maggio 2023Partiamo da qui. “La più grande conquista del Novecento: la coscienza che le comunità umane possono esistere e convivere solo con la libertà individuale e collettiva, con la piena libertà delle idee e la libertà di intraprendere. Con la libertà intrecciata alla giustizia sociale e all’irrinunciabile tensione all’uguaglianza degli individui, che oggi vuol dire garanzia delle stesse opportunità per ognuno.
Un partito aperto che si propone, perché vuole e ne ha bisogno, di affascinare quei milioni di italiani che credono nei valori dell’innovazione, del talento, del merito, delle pari opportunità
Unire le culture e le forze riformiste del nostro Paese. Superare la parzialità e l’insufficienza di ognuna di esse, di ognuno di noi. Dar vita a una forza plurale attraverso non il semplice accostamento, ma una creazione nuova. Far nascere, finalmente la grande forza riformista che l’Italia non ha mai avuto.”
Questi sono alcuni dei primi passaggi del discorso di Walter Veltroni al Lingotto del 2007.
Questo invece è uno stralcio dell’intervista del Corriere della Sera a Carlo Cottarelli che ha deciso di dimettersi dal PD e di rinunciare al seggio parlamentare.
Ultimo in ordine di tempo dopo altri quattro addii di personalità di spessore.
«Il messaggio che adesso arriva dal Pd è più coerente con quello che dovrebbe avere un partito di sinistra. È importante che il messaggio di un partito sia chiaro»
Lei non ha digerito lo spostamento del partito lontano dall’area liberal democratica. Qual è però il tema fondamentale?
«Il ruolo del merito nella società e il peso che debba avere l’uguaglianza delle opportunità rispetto all’uguaglianza redistributiva. Entrambi sono importanti ma è il peso relativo che conta. Quando ho deciso di partecipare alla campagna elettorale del Pd sono andato a leggere il documento dei valori, l’ultimo che c’era, quello del 2008: merito e opportunità erano scritti con chiarezza. Nel documento del 2023 il merito era sparito, anche un po’ criticato. Ma non solo da lì».
Poi arriva Miche Serra, una persona di grande sensibilità, di grande talento critico, quello che si può definire un intellettuale organico del PD che in una delle sue ultime “Amaca” espone la sua tesi:
“Il Pd perde parlamentari e sale nei sondaggi. Perché questo accada lo ha spiegato bene uno dei fuorusciti, Carlo Cottarelli, che è stato corretto nella forma e lucido nella sostanza: ha dato atto a Schlein di fare la cosa giusta (ovvero ricollocare il Pd un poco più a sinistra) e ha rivendicato per se stesso, che è un liberale di centro, il diritto di andarsene.
Secondo questa lettura (che condivido) Schlein ha fatto la cosa giusta per due ragioni: la prima è cercare di dare una fisionomia politica a un partito che non l’aveva più – se mai l’abbia avuta. La seconda è considerare l’enorme serbatoio elettorale degli astenuti di sinistra e di parte degli elettori grillini largamente più interessante, e più rilevante, di quella rispettabile ma ridotta area centrista che dà corpo al Terzo Polo. Riassumendo: si parla molto del “malessere” dei centristi che avevano trovato casa nel Pd, e ora si sentono a disagio. Si parla poco o niente del malessere, almeno ventennale, degli italiani di sinistra (sono molti milioni) che si sono ritrovati senza casa non essendo estremisti né nostalgici: semplicemente essendo democratici e di sinistra.”
Ed è un capovolgimento di 180° rispetto ai principi ispiratori del PD veltroniano, che però non risulta sia mai stato ufficialmente rivisto né tantomeno rinnegato.
E che in ogni caso dopo le prime settimane, in cui l’esposizione mediatica della neosegretaria Elly Schlein è andata di pari passo con il recupero nei sondaggi, pare non avere più tutta quella spinta che il buon Serra gli attribuisce, quasi fosse una conseguenza non solo ineludibile ma necessitata.
Il più classico dei wishful thinking.
In una società la cui composizione sociale, la cui identità culturale si può rappresentare con il più classico degli specchi rotti (cit. E. Scalfari) avere come faro del proprio agire politico il campo chiuso e autoreferenziale della “Sinistra” è il più classico degli istinti di autoconservazione che ti veste della maglia dei tuoi colori ma non ti porterà mai a vincere la partita in campo aperto. Al massimo ti accontenti di giocare nella tua comfort zone e poi finisci per prendere il gol (in contropiede).
Cali il sipario!
In verità nel mio recente articolo https://www.luminosigiorni.it/2023/03/signori-si-alzi-il-sipario/ sostenevo la tesi esattamente opposta sulla dinamica teatrale.
E il ragionamento si basava sul grande spazio che la polarizzazione sempre più netta, dopo le ultime elezioni del settembre 2022, degli schieramenti Destra-Centrodestra e Sinistra-Centrosinistra stava andando a definire.
Uno spazio che avrebbe dovuto far leva da una parte sull’astensionismo, consapevole di questa dicotomia improduttiva, dopo trent’anni di battaglie a delegittimare l’avversario, dopo trent’anni di declino economico, dopo trent’anni di indebolimento sociale e culturale (ahi la scuola!) e dall’altro offrire la sponda a tutti coloro i quali, minimamente informati e politicamente impegnati, volessero investire in un disegno realmente riformatore.
Ebbene questo spazio, che in molti avevano intravisto nel progetto politico di un partito nuovo e unitario che per una frazione di tempo si è persino chiamato Terzo Polo – non piaceva a nessuno, ma in assenza di un battesimo davanti ai sacerdoti della politica andava bene anche quello – questo spazio è miseramente franato in un avvitamento di incomprensioni, di sospetti, di atteggiamenti infantili, di rimproveri e di rivendicazioni prive di reale sostanza.
Tutte chiacchiere e distintivo.
Perché di ragioni politiche vere e sostanziali per un distinguo, per una rottura non ce n’erano proprio. I valori, gli obiettivi, le idee, i progetti, i programmi coincidevano oltre ogni ragionevole dubbio.
Solo che con quel finale irresponsabile si è creata una frattura che sarà difficile sanare, e si è buttata a mare una credibilità che già di suo poggiava sulle gambe malferme di uno scarso gradimento dei due dioscuri.
Anche se alla fine le singole persone, prese una ad una dimostrano di crederci ancora ed esprimono la volontà di trovare una strada percorribile che porti all’obiettivo finale.
Poi ci sono tutti quelli che non sono nessuno, ma sono elettori, che adesso stanno seduti sulla riva ad aspettare che passi il prossimo traghetto che li porti a destinazione.
E che continuano a parlarsi tra loro, in cerca di consolidare quel terreno di un sentire comune che li aveva animati fino a qualche settimana fa.
E non sarebbe davvero difficile rifarsi alle parole di Veltroni – perché sono in larghissima parte condivise anche nelle posizioni del fu-Terzo Polo – per ritrovare la speranza e catturare l’attenzione dei più sensibili allo spirito del Lingotto e portarli con te.
Ma se si continua a mantenere le distanze e a fare ammuina senza mai compiere i passi necessari a fissare i paletti di una collaborazione a 360° (il goniometro la fa da padrona in questi momenti politici!) il rischio è quello di perdere questi e quelli.
Vedete voi.