
A proposito di voto utile/2
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12 Settembre 2022La scuola è uno dei temi maggiormente di allarme in questo Paese e quindi dovrebbe essere (e purtroppo non è, soprattutto ora che la crisi energetica catalizza l’attenzione) uno degli argomenti principe della campagna elettorale.
Avevo già affrontato il tema in questo articolo https://www.luminosigiorni.it/2021/10/cosa-ci-dicono-i-risultati-invalsi/ in cui, riassumo, evidenziavo che 1) i risultati INVALSI mostrano livelli di preparazione degli studenti italiani drammaticamente deficitari 2) la ripartizione geografica dei risultati mostra che la situazione è spaventosa in particolare al sud 3) la provenienza sociale influisce moltissimo e che, se la differenza di prestazioni parametrata al livello di istruzione della famiglia di provenienza è ancora fisiologica alla scuola elementare, già alle medie inferiori si impenna, mostrando così quanto sia bloccato il cosiddetto ascensore sociale.
Per capire di più delle cause di questo disastro, invito i gentili lettori a consultare il libro “Il danno scolastico” di Luca Ricolfi e Paola Mastrocola, dal sottotitolo tristemente esplicativo La scuola progressista come macchina della disuguaglianza, che fornisce una diretta testimonianza dello stato della nostra istruzione. Gli autori segnalano un progressivo e sempre più netto calo di preparazione, a tutti i livelli del corso scolastico, frutto di una sistematica volontà del legislatore di rendere la scuola sempre più “facile” e meno selettiva. Gli autori individuano come momento focale del disastro (gli autori la chiamano la “soluzione finale”) la riforma Berlinguer e il famigerato diritto al successo formativo. In base al quale – copio direttamente dal testo “si poneva una pietra tombale su un’idea che era stata centrale (omissis) che lo studio fosse un dovere e la conquista del titolo non fosse un diritto, bensì la giusta ricompensa del dovere compiuto”. In pratica, l’intento, precisamente “politico”, della riforma Berlinguer è stato quello di abbassare l’asticella delle aspettative perché tutti, appunto avessero diritto al successo scolastico. Una visione mai più messa in discussione né dalla visione “di sinistra” (e che, scherziamo, la scuola deve essere inclusiva) né tanto meno dai governi di centro destra che si sono poi succeduti che anzi, ci hanno messo del loro, con le competenze al posto delle conoscenze, con le tre i, con la riduzione dell’orario scolastico e altre amenità. Oggi il disastro è compiuto: se paragoniamo il livello di complessità dei programmi, delle aspettative dei professori e dello sforzo richiesto agli alunni di oggi rispetto a quelli di chi ha fatto le superiori negli anni ’90 (per tacere ovviamente di chi ha l’età di chi scrive, che può essere considerato preistorico), il confronto è impietoso. Non è, si badi bene, la solita sindrome how green was my valley: si constata semplicemente che vi è una grande percentuale di studenti che non sono in grado di articolare un discorso compiuto per pochi minuti, che maneggiano con difficoltà la sintassi, con un vocabolario miserrimo (a mia moglie, insegnante, sono capitati studenti che non conoscono parole come cespuglio o pioniere …) sovente financo incapaci di cogliere il senso di una domanda. Alla furia devastatrice della politica si è aggiunto il generoso contributo di alcuni professori; non tutti certo, ma ne basta uno per classe, magari nelle materie di indirizzo, per condizionare negativamente tutto l’ambiente. Professori che non spiegano, che non preparano, e soprattutto che partono da… 8. Avete capito bene: un alunno che non sa una beata cippa prende 8, chi sa solo qualcosa va sul 9 o 10. Un po’ per menefreghismo, un po’ per inettitudine, un po’ per non avere problemi coi genitori (sui quali per brevità non mi soffermo ma ci sarebbe da fare un articolo solo per questi) un po’ perché ideologicamente votati a una scuola in cui TUTTI devono avere successo e dove la parola “merito” suona troppo selettiva e poco accogliente. E soprattutto classista.
Questa situazione ha due enormi ripercussioni negative.
La prima. Una istruzione di scarsa qualità è un danno in primis per i ragazzi e le ragazze che provengono da famiglie meno strutturate culturalmente e meno socialmente inserite. Sia perché non possono fruire della funzione di supplenza da parte dell’ambiente circostante (per quanto limitata) sia perché l’istruzione di base è lo strumento per raggiungere titoli di studio competitivi che possono portare a posti di lavoro qualificati (con tutti i limiti del sistema del mondo del lavoro, ovviamente, ma non voglio andare fuori tema). E, infine, perché non hanno mamma e papà che li “infilano” da qualche parte, non possono fruire di quel networking familiare che in qualche modo li protegge. Precisamente questo si intende per ascensore sociale bloccato: chi parte svantaggiato è privato dell’unico strumento di promozione e di progresso nella scala sociale che si cristallizza sempre più tra chi sta sopra e chi sta sotto. Insomma, la scuola ha perso la sua natura di servizio pubblico universale che è (o dovrebbe essere) uno dei motivi fondanti la sua esistenza. Un po’ come il servizio sanitario nazionale: una delle conquiste sociali del nostro Paese è che chiunque può essere curato, operato gratis o previo pagamento di un ticket, anche se il costo per la collettività è di migliaia di euro. Questa è uguaglianza e pari diritti (fermo restando gli enormi problemi della nostra Sanità, ovviamente, ma parlo in linea di principio). Forzando (ma non poi tanto) il parallelismo, è come se il SSN fosse tale per cui quando ci facciamo gli esami del sangue, anziché fornire il referto con i famigerati asterischi che ci evidenziano i dati sbagliati, producesse in automatico referti che ci rassicurino con una “pagella” sempre intonsa, dove gli intervalli di accettabilità dei vari indicatori sono allargati a dismisura per fare rientrare il nostro colesterolo (o quant’altro) sballato. Quei certificati sarebbero carta straccia. Ebbene, oggi, molti diplomi certificano esattamente una preparazione, una conoscenza e una competenza che NON corrisponde affatto alla realtà. Sono falsi in atto pubblco. Sono, appunto, carta straccia.
La seconda. Un Paese che produce grandi percentuali di cittadini che non sanno argomentare, che non maneggiano connessioni logiche in un discorso, che non conoscono parole e quindi non sono in grado di “pensare” i concetti sottesi a quelle parole, che non hanno la capacità di ragionare in termini di ordini di grandezza o di percentuale, che non esercitano la deduzione e l’induzione che non sanno dov’è l’Azerbaijan o chi era Carlo V (e sì, anche un po’ del vituperato nozionismo..) è un Paese privo di spirito critico. Un Paese in cui è sempre più difficile parlare in termini di principi astratti, incapace di visione prospettica, di scegliere anche meramente solo in termini utilitaristici il suo futuro. Carne da macello per demagoghi e leaderini. Un Paese senza anticorpi, un Paese di sudditi e consumatori ottusi.
Questo tema per le forze politiche (tutte: prevengo la facile obiezioni che ve ne sono alcune cui fa comodo il “popolo bue”.. alla lunga anche il demagogo più trucido si imbatte in quello più trucido ancora) dovrebbe essere in cima ai pensieri di chi aspira a guidare il Paese. Dovrebbe.. proviamo a vedere le proposte delle principali forze politiche.
Partito Democratico
Il programma presenta una premessa ineccepibile: Vogliamo investire nella scuola e nell’istruzione universitaria e professionale, strumenti di emancipazione e riscatto delle persone e ossigeno per l’intera società. Perfetto. Meno perfetto è come viene declinata, ovvero solo in funzione di denari. In particolare:
- Allineare gli stipendi dei professori alla media europea
- Gratuità varie per asili nido, testi scolastici (in funzione dell’ISEE)
- Fondi per gite scolastiche, tempo libero e acquisti di attrezzature sportive e strumenti musicali
Insomma, in breve, il problema sono le gite scolastiche e gli strumenti musicali oltre che la solita promessa (da marinaio) sugli stipendi degli insegnanti. La qualità e i contenuti dell’insegnamento, le modalità di valutazione dell’operato dei docenti, i risultati INVALSI non sono un problema. Evidentemente gli strumenti di emancipazione e riscatto delle persone sono le gite scolastiche e non quello che si studia e come si studia.
Coalizione di destra
Dare una valutazione del programma della coalizione di destra è un po’ un esercizio metafisico perché il programma, di fatto, non esiste. Quello che viene spacciato come tale è l’Accordo Quadro di Programma che è una semplice elencazione di punti ma solo “titoli”, meri auspici senza neppure la parvenza del come e del quando. Detto come inciso, se si considera che secondo i sondaggi questa coalizione raccoglie quasi la metà dei consensi, è sconcertante pensare che un italiano su 2 dà il proprio consenso a partiti che nero su bianco non si prendono di fatto alcun impegno. Davvero la vacuità delle enunciazioni è imbarazzante.
Ma torniamo al tema. Sui 15 punti programmatici il 14esimo si intitola “Scuola, università e ricerca”. Come gli altri è una mera elencazione di enunciazioni, la prima delle quali a dir vero promettente: rivedere in senso meritocratico e professionalizzante il percorso scolastico. Peccato che, come nello stile del documento, non se ne sappia di più. Altri punti sono amenità come Maggiore sostegno agli studenti meritevoli e incapienti o Favorire il rientro degli italiani altamente specializzati dall’estero. Come, con quali misure, strumenti, con che indirizzi.. nulla di nulla. Il vuoto cosmico. A margine, non è scritto nell’accordo di programma ma è una boutade di Berlusconi.. ridurre di un anno il corso delle superiori. Vecchio pallino di un po’ di tutti che prima o poi, purtroppo, riusciranno a realizzare. Va notato che l’intendimento ha una sua ratio, ovvero allineare l’età di accesso all’università con il resto d’Europa. Ma dovrebbe essere rivisto in un quadro organico complessivo dall’asilo! Non può essere risolto (e invece state certe che lo faranno così) tagliando semplicemente un anno (da 5 a 4, che sarà mai..).
Azione
Degli altri partiti o coalizioni minori prendo in considerazione solo quello di Azione per il fatto che, da subito, Azione ha posto con convinzione il tema della situazione drammatica dell’insegnamento. La premessa del capitolo del “Patto Repubblicano” proposto da Azione recita: Il contrasto all’analfabetismo funzionale e alla dispersione scolastica è una priorità per una democrazia liberale. In Italia abbiamo tra i tassi più alti d’Europa di dispersione scolastica e NEET (giovani che non studiano, non lavorano e non cercano lavoro) oltre che pessime performance in lettura e in matematica rispetto agli standard internazionali, in particolare al Sud. Quindi, ed è già molto, dimostra la consapevolezza che il problema esiste.
Il programma prosegue con una ricca serie di proposte, tra cui la lotta alla dispersione scolastica, l’individuazione di aree di crisi sociale complessa dove intervenire con task force di insegnanti per recuperare una situazione di abbandono drammatica, l’estensione del tempo scolastico. Manca del tutto una questione chiave: ovvero meccanismi di valutazione oggettiva dell’operato dei professori e della qualità e efficacia dell’insegnamento (cosa certamente non facile). Ma, senza dubbio, il livello e la qualità della proposta di Azione è incomparabilmente superiore a quella dei competitori.
Ma Azione, anzi la lista comune con Italia Viva, ItaliasulSerio, bene che vada (ma proprio benissimo) non andrà oltre il 10% e non sarà certo in grado “di dare le carte” nella prossima legislatura, soprattutto in un tema così “di nicchia” visto l’acclarato disinteresse di tutte le altre forze politiche. Abbiamo dunque una certezza assoluta: la situazione della scuola continuerà a peggiorare senza che alla stragrande maggioranza delle forze politiche questo freghi qualcosa.
Va detto peraltro che anche il celebrato Governo Draghi non è certo brillato quanto ad attenzione al problema. Tanto per capire l’antifona: il Ministro dell’Istruzione Bianchi, quando gli venne chiesto perché agli esami di maturità si assiste a un tripudio di 100 e lode mentre i test INVALSI mostrano tutta un’altra realtà, rispose: “I dati INVALSI sono importanti ma servono per indirizzare la attività di politica, gestione e organizzazione della scuola. Il voto di maturità è un’altra cosa: segna un passaggio di fase che può essere celebrato anche in maniera differente”. Questo non è quel tale che ibis redibis non morieris in bello, no.. a parlare, ripeto, è il Ministro dell’Istruzione.